Daniele Armani, 17 anni di Trento, è rimasto sepolto per quasi
un'ora. A passo Pordoi un'altra valanga investe quattro turisti
Incubo
slavine: ragazzo in coma
Travolto
col fratello e il parroco di Sopramonte don Zucal: illesi
di Gianfranco Piccoli
TRENTO. E' in coma Daniele Armani, 17 anni di Sopramonte, investito da una
slavina in val di Sole dove faceva scialpinismo assieme al fratello Paolo e a
don Ruggero Zucal. Salvi quattro turisti romani travolti a passo Pordoi.
PELLIZZANO. Era la sua prima escursione scialpinistica.
Quattro ore dopo aver messo gli sci Daniele Armani, 17 anni, di Sopramonte, è
stato travolto da una slavina a poche centinaia di metri dalla vetta del
Vegaia, in val di Sole. Testimoni della tragedia i due compagni di avventura:
il fratello Paolo e don Ruggero Zucal, parroco di Sopramonte. Le condizioni di
Daniele sono disperate nonostante la rapidità dei soccorsi. Nessuno dei tre
membri del gruppo indossava l'arva.
Un sole splendido ieri. Una giornata capace, come poche in un anno, di regalare
sensazioni particolari a chi si è messo gli sci ai piedi per un'escursione in
montagna.
Ieri mattina don Ruggero Zucal, Paolo e Daniele (quest'ultimo studente al liceo
Galilei di Trento) sono partiti per affrontare una classica dello scialpinismo:
il monte Vegaia, la cui vetta sfiora i 2900 metri. Si tratta di un percorso non
particolarmente impegnativo per chi ha alle spalle un po' di esperienza.
Il gruppetto è arrivato fino a Ortisè, in località Le Pozze, dove hanno
lasciato l'auto, a 1500 metri di quota. Qui si sono messi gli sci ai piedi per
la salita. Nessuno di loro, purtroppo, indossava l'arva, l'apparecchio che, in
caso di valanga, emette un segnale facilmente individuabile dai soccorritori.
Non indossarlo nelle escursioni scialpinistiche è considerata una grave
imprudenza da tutti gli esperti di montagna.
Tutto è andato bene nelle prime tre ore di risalita. I tre hanno scelto
l'itinerario tradizionale, che porta sulla cresta. Il dramma intorno alle 14,
quando la piccola carovana di scialpinisti era a quota 2500, a poca distanza
dalla vetta. Una lastra di neve ghiacciata - un accumulo provocato dal vento
dei giorni scorsi - si è staccata all'improvviso, inghiottendo Daniele. Una
slavina non molto grande, con un fronte di venti metri e uno stacco di circa
trenta centimetri. Paolo e don Ruggero non sono stati sfiorati dalla neve. Il
diciasettenne è stato travolto e trasportato a valle per circa sessanta metri,
sino a quando la massa bianca si è fermata.
Passati i primi momenti di smarrimento i due compagni di escursione hanno dato
l'allarme al 118. La centrale operativa di Trentino Emergenza ha subito
allertato il soccorso alpino di Pejo e l'elicottero: a Mattarello era già
pronto un cane da valanga del soccorso alpino. L'elicottero ha portato in quota
il cane, mentre un secondo elicottero ha portato in quota gli altri
soccorritori, i volontari di Pejo, un altro cane da valanga e in seconda
battuta gli uomini del soccorso alpino di Vermiglio e Campiglio.
Nonostante Daniele non avesse l'arva uno dei cani ha individuato nel giro di
pochi minuti il corpo del giovane. Era a metà della valanga, a meno di un metro
sotto la neve. Non appena il cane ha puntato e le sonde hanno confermato la
presenza di Daniele i soccorritori hanno cominciato a scavare. In pochi attimi
il corpo è stato riportato in superficie. Il cuore di Daniele aveva già smesso
di battere: è stato il rianimatore di Trentino Emergenza a strappare il giovane
alla morte. Daniele è stato caricato sull'elicottero e portato all'ospedale
Santa Chiara. Le sue condizioni sono disperate: la pressione della massa nevosa
sul suo corpo, il freddo, la mancanza di aria hanno messo a dura prova il suo
giovane fisico.
Il fratello Paolo e don Ruggero Zucal, entrambi sconvolti, sono stati
accompagnati a valle da Rinaldo Monegatti, comandante del soccorso alpino di
Pejo.
All'ospedale Santa Chiara, all'esterno del reparto di rianimazione, si sono
radunati i genitori di Daniele, i parenti più stretti, gli amici. Si sono
chiusi nella cappella dell'ospedale con don Ruggero Zucal. Pregando e sperando
nel miracolo.
Diciassettenne sepolto dalla valanga
Era in gita col parroco e il
fratello maggiore
Ritrovato dal cane dopo
un’ora di ricerche
di PATRIZIA TODESCO
Era andato insieme al parroco del paese, don Ruggero Zucal e il fratello maggiore Paolo, in montagna per un’escursione con gli sci d’alpinismo.Un trio affiatato, accomunato dalla stessa passione. Quella per lo sport, per l’alta quota, per la neve e le vette. Proprio lungo il costone della montagna, sulla cima Vegaia, in val di Sole, la disgrazia. Daniele Armani, 17 anni di Sopramonte, studente al liceo scientifico Galilei, è stato travolto da una valanga e ora è ricoverato in coma al S. Chiara. Un lastrone enorme lo ha trascinato per quasi duecento metri e poi la neve polverosa lo ha sepolto.È successo alle 14 e prima che il ragazzo venisse trovato e tirato fuori dalla neve sono passati quarantacinque minuti.
Un tempo
lunghissimo per il prete e il fratello che erano lì ad aspettare di veder
spuntare un pezzo di giacca a vento, una mano, uno sci del loro caro. Un tempo
record per i soccorritori saliti in quota con due elicotteri e diverse unità
cinofile. È stato proprio il fiuto di un cane a risolvere la situazione
nonostante il
giovane sciatore non portasse l’Arva. L’allarme alla centrale del 118 era stato
dato verso le 14. La notizia, giunta attraverso il cellulare, era di una
valanga che aveva sepolto una persona. Pochi minuti e l’equipaggio con il
medico rianimatore, il tecnico del soccorso alpino e l’unità cinofila sempre
presente all’aeroporto di Mattarello, si sono alzati in volo con l’elicottero.
Una volta in zona,
sopra località Ortisé, nel comune di Mezzana, la difficoltà è stata individuare
il luogo preciso in cui era caduta la valanga. Il punto era infatti in una zona
d’ombra, non particolarmente visibile e quindi l’elicottero ha impiegato circa
dieci minuti per individuare i due superstiti.
Poi sono iniziate
le ricerche e l’arrivo di altri soccorritori con l’elicottero. Decine uomini del soccorso alpino di Campiglio e
Peio e altre unità cinofile. Sonde e cani hanno lavorato ininterrottamente per
circa trenta minuti nella zona dove il
fratello del ragazzo, Paolo, di 19 anni, studente universitario alla facoltà di
Fisica, aveva visto sparire Daniele.
Ad un certo punto
il cane ha iniziato ad abbaiare e scavare. Il diciassettenne era lì, sotto
mezzo metro di neve fresca. A quel punto la situazione è stata presa in mano
dal medico rianimatore.
Il ragazzo era
vivo, ma le sue condizioni dopo quasi un’ora di permanenza nel ghiaccio erano
disperate. Due i problemi contro cui ha dovuto lottare il medico del 118: una
gravissima ipotermia che aveva portato la temperatura corporea a un livello
molto basso e la carenza di ossigeno per un periodo di tempo così lungo. Dopo
essere stato intubato, Daniele è stato caricato in elicottero e trasferito al
reparto di rianimazione dell’ospedale Santa Chiara.
E qui è stata
tentata l’impresa disperata utilizzando le tecniche di riscaldamento
extracorporeo del sangue. Fuori, ad aspettare il miracolo, c’erano i familiari
del ragazzo e don Zucal in lacrime, che proprio poche settimane fa aveva
risalito la stessa montagna. Vicini a lui, con il cuore, anche tutti gli amici
del Galilei, quelli di Sopramonte e le decine di uomini che oggi si sono
mobilitati per salvarlo. «La macchina dei soccorsi ha funzionato alla
perfezione - spiega Adriano Alimonta, che ha coordinato le ricerche - ma
purtroppo in questo periodo il pericolo di valanghe è piuttosto marcato.
Non si tratta di un
pericolo generalizzato, bensì localizzato in alcuni punti dove il vento di
questi giorni ha creato accumuli e lastroni che sotto il minimo peso cadono a
valle».
«Daniele era
dietro: è rimasto sotto»
Don Ruggero Zucal in
lacrime, abbracciato dai genitori del ragazzo
di LUISA PATRUNO
«Ci trovavamo sulla cresta: io e il fratello eravamo davanti. Daniele era l’ultimo. All’improvviso dietro di noi si è staccata la slavina e lui è rimasto sotto». Don Ruggero Zucal non ha voce né parole per descrivere il dramma vissuto in quei momenti. «Ero venuto su altre due volte prima di Natale con altre persone» dice incredulo. Sono passati pochi minuti da quanto Daniele Armani è stato individuato vivo sotto la neve, soccorso e portato in elicottero all’ospedale S. Chiara. È stata proprio la telefonata dal cellulare del parroco di Sopramonte a consentire il rapido intervento del soccorso alpino. Don Ruggero è distrutto. Si precipita, in auto, all’ospedale di Trento dove arriva dopo circa due ore con Paolo, il fratello maggiore di Daniele, l’altro compagno di escursione.
Nei corridoi del
reparto di rianimazione incontra i genitori di Daniele, che lo abbracciano con
affetto e sembrano quasi essere loro a confortare il parroco.Si rifugiano tutti
insieme nella cappella dell’ospedale per sottrarsi agli occhi di giornalisti e
fotografi. Don Ruggero prega e piange con pudore. Con lui, ci sono Paolo, la
mamma ed altri parenti e amici di Daniele, tutti sono in attesa di un cenno di
speranza dai medici su un miglioramento delle condizioni del ragazzo.
Don Ruggero Zucal,
originario di Romeno, 50 anni l’11
gennaio prossimo, è un grande appassionato di montagna che conosce e frequenta
da sempre.
E in particolare
conosce bene proprio le montagne della val di Sole, dove nei periodi di
vacanza, in inverno e in estate, porta i ragazzi della parrocchia in campeggio,
in una casa di Carciato, alternandosi a gruppi di giovani di altre parrocchie, come
quella dei Solteri, di cui è responsabile don Tarcisio Guarnieri, grande amico
di don Ruggero. Il sacerdote, che è parroco oltre che di Sopramonte anche di Cadine, Vigolo Baselga e Baselga del Bondone
ed è delegato arcivescovile per l’Unione contadini e le associazioni del mondo
contadino, è uno di quei preti che, dote rara, sanno farsi amare dei giovani.
Don Ruggero,
infatti, lontano dalle ingessature curiali, sa essere semplice, concreto, diretto,
sa parlare al cuore delle persone perché sa ascoltare e
comprendere.
Proprio per questo, anche le sue concise ma efficaci messe domenicali sono
sempre molto frequentate e le sue parrocchie vive. E proprio per questo lo
rimpiangono ancora a Zambana, dove è stato parroco per molti anni prima di
essere trasferito a Sopramonte, e molti ex parrocchiani, soprattutto - di nuovo
- i giovani non hanno perso i contatti.
I giovani lo
seguono nella passione per la montagna, ma non solo. Lo seguono anche nelsuo impegno
molto forte perle missioni, in particolare per
quelle brasiliane
dove don Ruggeroè stato parecchie volte adare una mano, spesso accompagnato da
gruppi di giovani volontari.
La sensibilità
particolare di questo sacerdote rende ancora più straziante l’incidente di ieri
pomeriggio di cui è statotestimone impotente e che ha coinvolto proprio uno dei
«suoi» ragazzi.
Gianluca Tognoni di Meteotrentino invita a
fare attenzione nelle conche e sotto le creste
«La causa è nei
cumuli di neve creati dal vento»
Tragica
«Il pericolo
maggiore in queste condizioni è provocato dai cumuli di neve creati dal vento».
GianlucaTognoni di Meteotrentino individua nelle grosse formazioninevose create
dalle forti raffiche di vento la causa delle valanghe di questi giorni: «In
quota è caduta neve, anche se poca. Il vento non le ha dato il tempo di
saldarsi con lo strato sottostante e l’ha ammucchiata in cumuli che cedono
anche sotto pressioni molto leggere. Basta anche il passaggio di un solo
sciatore per far staccare una valanga. Essere travolti è questione di un
attimo. Le valanghe di questo tipo vengono chiamate a lastroni. La causa di
queste valanghe non è, come si potrebbe pensare, nelle temperature alte,
concetto che del resto in alta montagna è piuttosto relativo. Anzi le
temperature miti permetterebbero una migliore saldatura tra la neve caduta da
poco e lo strato precedente a causa di una serie di microscioglimenti.
Per il resto i
consigli sono sempre gli stessi: portarsi dietro la pala, la sonda e dotarsi di
Arva, strumento preziosissimo in caso di valanga».
Gianluca
Tognoni