Il ragazzo di Trento travolto dalla slavina in val di Sole ha dato
flebili segnali di ripresa. E in val Badia un turista si schianta sugli sci
Daniele,
la vita appesa a un filo
L'angoscia
del parroco: don Zucal non ha mai smesso di pregare
TRENTO. Daniele Armani sta lottando contro la morte: il cervello del ragazzo
rimasto sepolto sotto una valanga per 40 minuti ha dato lievi segnali di
ripresa: ma la speranza è legata a un filo. E don Zucal non smette di pregare
nella cappella del Santa Chiara.
TRENTO. Un filo di
speranza. I familiari di Daniele Armani sono aggrappati ad un filo di speranza.
Alle 14 di ieri il cervello del giovane di Sopramonte, ricoverato nel reparto
di rianimazione del S. Chiara, ha dato un lievissimo segnale. Alle 21 c'è
stato un nuovo consulto dei medici per capire se ci sono ancora margini di
recupero per il diciassettenne rimasto 40 minuti sepolto sotto una valanga sul
monte Vegaia.
Don Ruggero Zucal, il parroco che era con lo studente del Galilei quando la
valanga lo ha inghiottito, ha trascorso l'intera giornata di ieri e gran parte
della notte scorsa a pregare nella cappella dell'ospedale S. Chiara. Al suo
fianco, sempre, appoggiato come un figlio al padre, c'era Paolo, il fratello di
Daniele. Sacerdote e fedele uniti dal dolore e dalla speranza.
Paolo è stato testimone della tragedia. Quando ha visto il fratello sparire
nella massa di neve ha iniziato a chiamarlo disperato.
E' stata una giornata lunga ieri nel reparto di rianimazione dell'ospedale
Santa Chiara. Mamma Maria Pia, papà Adriano hanno vegliato il figlio. Con loro
c'è don Valeriano Segata, zio di Daniele e sacerdote della parrocchia di Santa
Maria Maggiore. Sono a casa invece il fratello e la sorella dello studente,
Stefano e Anna, ancora troppo piccoli per comprendere la dimensione del dramma
che ha colpito la famiglia e la comunità di Sopramonte.
All'esterno del reparto di rianimazione, dove le macchine tengono in vita
Daniele, ci sono solo sussurri. Qualche abbraccio tra i parenti, gli amici.
Papà Adriano è fermo a due passi dall'ingresso del reparto dove il figlio è in
bilico tra la vita e la morte.
Nel pomeriggio arrivano i compagni di classe della IV C del Galilei. Sono
ammutoliti. Le vacanze di Natale sono state spezzate all'improvviso dalla
notizia dell'incidente che ha visto vittima il compagno.
L'ospedale, gli sguardi dei parenti di Daniele, li hanno spinti nella realtà
del dramma. Gli occhi sono puntati verso il basso. Poche parole. Due compagne
di Daniele si abbracciano. Non è facile trattenere il pianto. Qualche lacrima
scappa. Il timore di non poter più rivedere il loro compagno di classe è forte.
L'ultima volta si sono incontrati il 21 dicembre, la giornata che ha preceduto
l'inizio delle vacanze di Natale. Quella stessa sera la classe si è riunita per
una pizza al Pedavena, un appuntamento che Daniele aveva mancato perché
impegnato altrove.
Tra i docenti di Daniele ci sono telefonate incrociate. Non possono credere che
la vita di uno dei loro studenti, uno dei più apprezzati, sia appesa ad un filo
tanto sottile che anche un soffio potrebbe spezzare.
A Sopramonte gli amici della famiglia Armani hanno atteso con il fiato sospeso
notizie dall'ospedale Santa Chiara. E' una famiglia molto stimata quella degli
Armani. Adriano, il papà, lavora come panettiere da Ianes, in paese. Sono
legati alla parrocchia, che Paolo e Daniele hanno sempre frequentato
assiduamente. Da qui il legame particolare instaurato con don Ruggero Zucal,
che di Sopramonte è sacerdote.
Nel frattempo sono emersi nuovi particolari nella dinamica dell'incidente. Don
Ruggero, Daniele e Paolo erano impegnati nella discesa dal monte Vegaia (la
vetta è a 2890) e non nella salita come invece era stato riferito in un primo
momento. Proprio poco prima del dramma Daniele aveva chiamato la madre. Le
aveva raccontato la sua gioia per la bella giornata, per l'esperienza che stava
vivendo. A 2500 metri un cumulo di neve, probabilmente frutto del vento, ha
ceduto sotto gli sci di Daniele: la valanga si è staccata e ha inghiottito il
giovane, alla sua prima esperienza scialpinistica.
Quaranta minuti più tardi il suo corpo è stato trovato da un cane da valanga
del soccorso alpino. Il suo cuore è ripartito solo grazie al rianimatore del
118.