Valanghe, inchiesta in Val D'Aosta La procura apre un'indagine sulla slavina che ieri ha provocato la morte di quattro sci-alpinisti. Per il momento il fascicolo è a carico di ignoti. |
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AOSTA - Morti travolti da
valanghe killer. La procura di Aosta ha aperto un'inchiesta sulla
valanga che ieri ha provocato la morte di quattro sci-alpinisti
e il ferimento di altri sei sotto il Mont Fallere. Per il momento il
fascicolo è a carico di ignoti, ma non si esclude che a breve qualche nome
sia iscritto nel registro degli indagati. |
PARLA LA GUIDA CHE ERA CON IL GRUPPO CHE E´ STATO TRAVOLTO
DALLA VALANGA
«Vietare lo sci-alpinismo d´inverno ma quel punto non era pericoloso»
14/1/2003
AOSTA
E´ guida alpina da oltre vent´anni, si chiama Alberto Cheraz, abita in fondo
alla vallata di Ollomont, a Vaud, piccola frazione infilata sotto le prime
balze di roccia che sorreggono pascoli splendidi al confine tra Valle d´Aosta e
Svizzera. E sfasciumi scivolati da un «gigante» di 4314 metri, il Grand Combin.
È il supertestimone della valanga di domenica al Mont Fallère, montagna
piantata tra la valle della Dora, pochi chilometri a ovest di Aosta, e quella
che sale al colle del Gran San Bernardo. Cheraz era la guida del gruppo di
escursionisti valdostani e liguri. Era sulla cima quando una «piattaforma» di
neve, indurita da gelo e vento, è sprofondata sotto il peso di dieci
scialpinisti: 4 sono morti, 6 sono feriti. C´erano anche un´altra guida alpina,
Luigi Vignone, e un´aspirante guida, Sergio Petey. Cheraz è una delle guide più
esperte in attività. Preparato, prudente. Tanto che è uno dei direttori dei
corsi che formano le guide alpine in Valle d´Aosta. Corsi molto selettivi,
scrupolosi. La guida si occupa anche di propedeutica agli alpinisti: parla ai
più giovani di come si fa prevenzione in montagna e di come si assicura se
stessi e gli altri.
Fra le regole antiche dello scialpinismo c´è anche quella della stagione:
primavera, non inverno. Regole sovvertite.
«Vero. Facevo questa discussione qualche giorno fa con un collega. Ci siamo
abituati tutti un po´ male».
Che significa?
«Che sarebbe meglio non fare scialpinismo d´inverno, ma c´è la richiesta della
gente, sempre più pressante, e allora si cercano itinerari sicuri».
Bisogna mettere un freno a questa «moda»?
«Direi di sì».
E si va anche in montagna in gruppi troppo numerosi...
«Non è pericoloso se si tengono le distanze corrette. L´altra settimana ero
sull´Entrelor, in Val di Rhêmes. Accanto a me c´erano altre venti persone».
La presenza di più persone non esclude il pericolo, anzi...
«Infatti, è importante procedere con prudenza, stando a distanza».
Che cosa è accaduto al Fallère?
«Ero in vetta, dove erano già saliti in sei. Stavamo mangiando qualcosa in
attesa che arrivassero gli altri dieci. Non erano distanti da noi quando una
placca a vento ha ceduto facendoli precipitare. Erano quasi in piano, in
leggerissima pendenza, ma erano tutti in quel punto, insieme...».
Non dovevano?
«Per tutta la salita avevamo mantenuto una distanza di sicurezza proprio per
prudenza. Essere tutti insieme in quel momento e in quel punto ha dato troppo
peso alla placca a vento. E´ possibile che si siano rilassati in vista della
cima e si siano raggruppati. Accade spesso che quando si sta per raggiungere la
vetta si perda la concentrazione che si è avuta fino a quel momento. Ancora 50
metri e sarebbero stati accanto a noi».
Non si poteva evitare quel punto così pericoloso?
«Non ci siamo accorti che ci fosse quella placca, era impossibile da
individuare. Non c´era stata alcuna avvisaglia, nessun piccolo cedimento.
Dunque non c´era la necessità di evitarlo».
Non ha avuto la percezione di essere passato su una placca di neve dura,
ventata?
«No, nessuno può dire che in quel punto ci fosse la placca. Certo, col senno di
poi... non passerei più di lì, né farei più quella gita. Con identica
franchezza devo però dire di aver fatto tutto quanto era mio dovere fare».
La nevicata di dieci giorni fa, poi il vento fortissimo, le cornici sulle
creste: non erano segni che avrebbero consigliato una rinuncia?
«Sul Mont Fallère non c´erano cornici. Era relativamente sicuro, come può
essere qualsiasi escursione scialpinistica. Abbiamo analizzato le possibilità
di salita e abbiamo scelto l´itinerario più corretto. Sul pendio non abbiamo
mai incontrato nulla di particolare, era duro e stabile lungo tutto il
percorso. È una montagna che conosco bene, ho fatto quella gita parecchie
volte, si affrontano pendii "dolci". Dove è accaduto l´incidente la
pendenza non superava i dieci, quindici gradi».
Però la valanga si è staccata...
«Non dovrebbero accadere questi incidenti ma accadono da sempre. Come ho già
detto il pericolo della placca era invisibile. Tre giorni prima sono salito
sulla Tête de Filon, ai piedi del Combin, affrontando pendenze molto più
accentuate».
LA TRAGEDIA
Aosta, aperta un´inchiesta
14/1/2003
È stata aperta un´inchiesta, affidata al sostituto procuratore Stefania Cugge,
per accertare eventuali responsabilità nella morte dei quattro sci alpinisti
sotto la valanga di domenica, sul Mont Fallère. Ieri nella caserma della
Guardia di finanza di Entrèves sono state sentite come «persone informate sui
fatti» Marco Zannetti di Genova, uno dei sei feriti, dimesso dall´ospedale, e
l´aspirante guida alpina Sergio Petey, di Valpelline. Petey al momento della
tragedia si trovava in vetta insieme con le guide Alberto Cheraz e Luigi
Vignone, entrambi di Ollomont, la moglie di Vignone e due clienti. Oggi
toccherà a Cheraz, Vignone e a due dei quattro sci alpinisti valdostani ancora
in ospedale. A raccogliere le testimonianze è il responsabile del Soccorso
alpino della Guardia di finanza, Delfino Viglione: ha acquisito i filmati
girati dalla Rai sul luogo dell´incidente e i bollettini dell´Ufficio valanghe.