Valanghe, inchiesta in Val D'Aosta

La procura apre un'indagine sulla slavina che ieri ha provocato la morte di quattro sci-alpinisti. Per il momento il fascicolo è a carico di ignoti.

 

 

AOSTA - Morti travolti da valanghe killer. La procura di Aosta ha aperto un'inchiesta sulla valanga che ieri ha provocato la morte di quattro sci-alpinisti e il ferimento di altri sei sotto il Mont Fallere. Per il momento il fascicolo è a carico di ignoti, ma non si esclude che a breve qualche nome sia iscritto nel registro degli indagati.

Coordinate dal sostituto procuratore Stefania Cugge, le indagini sono affidate agli uomini della Guardia di Finanza che questa mattina, insieme a personale del soccorso alpino valdostano, hanno effettuato un sopralluogo in elicottero nella zona dove si è abbattuta la valanga. Gli inquirenti ora raccoglieranno le testimonianze dei superstiti (tra cui tre guide alpine) per ricostruire la dinamica dell'accaduto e accertare eventuali responsabilità.

Oggetto dell'inchiesta è il mancato rispetto di alcune regole di prudenza nell'affrontare simili escursioni di sci-alpinismo, soprattutto in un periodo in cui la neve non è ancora del tutto assestata (normalmente queste gite vengono effettuate in primavera). Inoltre, nei giorni precedenti nella zona ha soffiato un forte vento da nord-est, che ha formato sotto la cresta una ''placca a vento'' che si è staccata e ha travolto il gruppo di
sci alpinisti. Infine, il gruppo era formato da 16 persone, di cui sei erano gia' in vetta: potrebbe essere stato il peso eccessivo degli escursionisti a far cadere la massa di neve.

Tutti questi punti saranno chiariti nei prossimi giorni. In mattinata il sostituto procuratore ha concesso il nullaosta per lo svolgimento dei funerali la cui data non è ancora stata fissata.

 

PARLA LA GUIDA CHE ERA CON IL GRUPPO CHE E´ STATO TRAVOLTO DALLA VALANGA
«Vietare lo sci-alpinismo d´inverno ma quel punto non era pericoloso»

14/1/2003

AOSTA

E´ guida alpina da oltre vent´anni, si chiama Alberto Cheraz, abita in fondo alla vallata di Ollomont, a Vaud, piccola frazione infilata sotto le prime balze di roccia che sorreggono pascoli splendidi al confine tra Valle d´Aosta e Svizzera. E sfasciumi scivolati da un «gigante» di 4314 metri, il Grand Combin. È il supertestimone della valanga di domenica al Mont Fallère, montagna piantata tra la valle della Dora, pochi chilometri a ovest di Aosta, e quella che sale al colle del Gran San Bernardo. Cheraz era la guida del gruppo di escursionisti valdostani e liguri. Era sulla cima quando una «piattaforma» di neve, indurita da gelo e vento, è sprofondata sotto il peso di dieci scialpinisti: 4 sono morti, 6 sono feriti. C´erano anche un´altra guida alpina, Luigi Vignone, e un´aspirante guida, Sergio Petey. Cheraz è una delle guide più esperte in attività. Preparato, prudente. Tanto che è uno dei direttori dei corsi che formano le guide alpine in Valle d´Aosta. Corsi molto selettivi, scrupolosi. La guida si occupa anche di propedeutica agli alpinisti: parla ai più giovani di come si fa prevenzione in montagna e di come si assicura se stessi e gli altri.


Fra le regole antiche dello scialpinismo c´è anche quella della stagione: primavera, non inverno. Regole sovvertite.

«Vero. Facevo questa discussione qualche giorno fa con un collega. Ci siamo abituati tutti un po´ male».

Che significa?

«Che sarebbe meglio non fare scialpinismo d´inverno, ma c´è la richiesta della gente, sempre più pressante, e allora si cercano itinerari sicuri».

Bisogna mettere un freno a questa «moda»?

«Direi di sì».

E si va anche in montagna in gruppi troppo numerosi...

«Non è pericoloso se si tengono le distanze corrette. L´altra settimana ero sull´Entrelor, in Val di Rhêmes. Accanto a me c´erano altre venti persone».

La presenza di più persone non esclude il pericolo, anzi...

«Infatti, è importante procedere con prudenza, stando a distanza».

Che cosa è accaduto al Fallère?

«Ero in vetta, dove erano già saliti in sei. Stavamo mangiando qualcosa in attesa che arrivassero gli altri dieci. Non erano distanti da noi quando una placca a vento ha ceduto facendoli precipitare. Erano quasi in piano, in leggerissima pendenza, ma erano tutti in quel punto, insieme...».

Non dovevano?

«Per tutta la salita avevamo mantenuto una distanza di sicurezza proprio per prudenza. Essere tutti insieme in quel momento e in quel punto ha dato troppo peso alla placca a vento. E´ possibile che si siano rilassati in vista della cima e si siano raggruppati. Accade spesso che quando si sta per raggiungere la vetta si perda la concentrazione che si è avuta fino a quel momento. Ancora 50 metri e sarebbero stati accanto a noi».

Non si poteva evitare quel punto così pericoloso?

«Non ci siamo accorti che ci fosse quella placca, era impossibile da individuare. Non c´era stata alcuna avvisaglia, nessun piccolo cedimento. Dunque non c´era la necessità di evitarlo».

Non ha avuto la percezione di essere passato su una placca di neve dura, ventata?

«No, nessuno può dire che in quel punto ci fosse la placca. Certo, col senno di poi... non passerei più di lì, né farei più quella gita. Con identica franchezza devo però dire di aver fatto tutto quanto era mio dovere fare».

La nevicata di dieci giorni fa, poi il vento fortissimo, le cornici sulle creste: non erano segni che avrebbero consigliato una rinuncia?

«Sul Mont Fallère non c´erano cornici. Era relativamente sicuro, come può essere qualsiasi escursione scialpinistica. Abbiamo analizzato le possibilità di salita e abbiamo scelto l´itinerario più corretto. Sul pendio non abbiamo mai incontrato nulla di particolare, era duro e stabile lungo tutto il percorso. È una montagna che conosco bene, ho fatto quella gita parecchie volte, si affrontano pendii "dolci". Dove è accaduto l´incidente la pendenza non superava i dieci, quindici gradi».

Però la valanga si è staccata...

«Non dovrebbero accadere questi incidenti ma accadono da sempre. Come ho già detto il pericolo della placca era invisibile. Tre giorni prima sono salito sulla Tête de Filon, ai piedi del Combin, affrontando pendenze molto più accentuate».

 


LA TRAGEDIA
Aosta, aperta un´inchiesta

14/1/2003


È stata aperta un´inchiesta, affidata al sostituto procuratore Stefania Cugge, per accertare eventuali responsabilità nella morte dei quattro sci alpinisti sotto la valanga di domenica, sul Mont Fallère. Ieri nella caserma della Guardia di finanza di Entrèves sono state sentite come «persone informate sui fatti» Marco Zannetti di Genova, uno dei sei feriti, dimesso dall´ospedale, e l´aspirante guida alpina Sergio Petey, di Valpelline. Petey al momento della tragedia si trovava in vetta insieme con le guide Alberto Cheraz e Luigi Vignone, entrambi di Ollomont, la moglie di Vignone e due clienti. Oggi toccherà a Cheraz, Vignone e a due dei quattro sci alpinisti valdostani ancora in ospedale. A raccogliere le testimonianze è il responsabile del Soccorso alpino della Guardia di finanza, Delfino Viglione: ha acquisito i filmati girati dalla Rai sul luogo dell´incidente e i bollettini dell´Ufficio valanghe.