INDAGINI APERTE
PER LA VALANGA
Sondrio Aperte le indagini sulla valanga della Valgerola. Prime battute per l’inchiesta avviata dalla magistratura valtellinese dopo la tragedia che è costata la vita a tre scialpinisti (i due ingegneri Marco Greppi, di Olginate, 41 anni e Alberto Baggioli, 26 anni di Lecco, e Marta Cesari, 23enne, di Cernusco) e che sino ad ora ha portato ad ascoltare una settantina di persone. «Abbiamo messo in ordine gli elementi in nostro possesso per ricostruire la dinamica della valanga e per cercare di risalire alle eventuali responsabilità - spiega il procuratore capo Gianfranco Avella - Vogliamo capire quanti scialpinisti si trovavano in quota». |
Il supertestimone: "Volevo fermarli, hanno
proseguito"
Le accuse sono di strage colposa e valanga colposa
Valanga, inchiesta per strage
Caccia agli sci-alpinisti fuggiti
Un escursionista: "Li ho visti fare cose assurde, ed è venuto giù
tutto"
dal nostro inviato MARCO MENSURATI
|
SONDRIO - Le
accuse, questa volta, sono davvero pesanti: strage colposa e valanga colposa.
Gli inquirenti non hanno esitazioni: "Il comportamento tenuto da quei
quattro - dice il procuratore capo di Sondrio Gianfranco Avella - è stato
quanto meno imprudente ed è ora che sulle montagne si comincino a rispettare le
regole. Non ne possiamo più di tragedie come questa". Accuse pesanti
dunque per la tragedia del Pizzo Olano. Ma purtroppo virtuali, perché, almeno
fino a ieri notte, rivolte contro nessuno: i quattro sciatori che domenica
hanno causato la valanga killer (i primi accertamenti sulle tre vittime parlano
di morte per schiacciamento), sono quattro fantasmi, quattro ombre.
Dopo il dramma, dopo le grida, mentre la grande macchina dei soccorsi si
metteva in moto, loro sono svaniti nel nulla, senza lasciare nessuna traccia
dietro di sé. "Faremo di tutto per trovarli anche se la cosa migliore per
tutti è che si facciano vivi loro", dicono i carabinieri che ieri hanno
messo a verbale le parole di due testimoni che hanno visto da vicino il gruppo
di "pirati della neve" fornendo alcune preziose indicazioni. Si
tratta di due alpinisti che facevano parte di due gruppi diversi. Nel momento
in cui la montagna si è scrollata di dosso la grande massa di neve, erano al di
sopra del punto di rottura. Hanno quindi potuto vedere tutto, nei dettagli.
Le loro parole rappresentano il punto di partenza
dell'inchiesta. "Sul piano c'erano otto persone - dice Stefano D. - due
donne, due uomini, un signore più anziano, sulla sessantina, e tre ragazzi
intorno ai vent'anni. Li ho sentiti parlare. Una delle due donne ha detto che
era stanca e che si fermava. Il signore anziano le ha risposto che lui sarebbe
andato avanti. A quel punto la donna ha detto: "Ma dove vai? È
pericoloso", ma quello che gli ha risposto che non era vero e che ormai
era quasi in cima e non aveva la minima intenzione di fermarsi". L'uomo
sulla sessantina aveva la barba folta, gli occhiali da sole e il berretto e
parlava con un accento diverso da quello che si parla nelle valli di Sondrio,
sembrava un milanese. I tre ragazzi lo hanno seguito. "Ero sopra di loro -
racconta ai carabinieri Fabrizio O., l'altro testimone - li ho visti fare una
manovra assurda: risalire il versante a zigzag, e con gli sci ai piedi.
Praticamente hanno segato in due la montagna. Gli ho gridato che erano
incoscienti, ma quello più anziano ha risposto che lo aveva già fatto il giorno
prima e che non era successo niente. Non sono passati neanche cinque secondi.
Ho visto la neve cedere sotto gli sci di uno di loro, l'ultimo del gruppo.
Questo per un tratto è caduto giù insieme alla valanga. Poi non so come è
riuscito a rimanerne fuori. Mentre la neve ormai aveva preso una velocità
incredibile e stava puntando dritta sul resto del gruppo. Volevo fare qualcosa,
in quel momento. Allora mi sono messo a inseguire la valanga e mi sono accorto
che quell'uomo, quello con la barba, stava sciando nella stessa direzione. Non
era molto sciolto. Anzi: era lento e impacciato. Forse era terrorizzato anche
lui, di sicuro non era un grande sciatore".
Gli elementi forniti dai due testimoni verranno adesso incrociati con quelli
già in possesso dagli investigatori, che subito dopo l'incidente hanno rilevato
tutte le targhe delle macchine nei parcheggi utilizzati di solito dagli
alpinisti della zona e stanno risalendo ai loro proprietari.
(28 gennaio 2003)