Depositata in Tribunale a Sondrio la perizia sulla tragedia di gennaio in Valgerola
Slavina: nessuna colpa
Distacco causato dall’alto, niente imprudenza

Con altissima probabilità la valanga che si è staccata lo scorso 26 gennaio in Valgerola dal Monte Olano è stata causata dal passaggio di due sciatori sondriesi, Bruno e Fausto Fanoni (in particolare da quest’ultimo), ma c’è stato un concorso di responsabilità da parte del gruppo di escursionisti che era più a valle e in particolare della guida alpina Marco Della Santa. Non si ravvisano però comportamenti imprudenti e non si possono dunque individuare profili certi di responsabilità da un punto di vista penale in questa tragedia. E’ questo in sintesi il contenuto della perizia depositata lunedì in tribunale a Sondrio da Yuerg Schweizer e Betty Sovilla, i consulenti tecnici nominati dalla Procura per far luce sulle cause della valanga costata la vita ai lecchesi Marco Greppi e Alberto Baggioli e alla milanese Marta Cesari. Il documento degli esperti dell’Istituto federale per lo studio della neve e delle valanghe di Davos, in Svizzera, è lungo una ventina di pagine e vengono presi in esame i quesiti del pm Luisa Russo. Innanzitutto gli esperti dovevano chiarire se la valanga si era staccata dall’alto per l’attraversamento del pendio da parte di Bruno e Fausto Fanoni o se invece il distacco era avvenuto per l’eccessiva pressione a valle, dovuta al passaggio del gruppo di Marco Della Santa, che schiacciando la neve avrebbe causato il venir meno del “piede” della massa nevosa instabile. Non solo. Al vaglio c’era anche il comportamento di tutti gli scialpinisti coinvolti nella vicenda e la richiesta di valutare se i principi di prudenza fossero stati rispettati. Sulla tragedia, la Procura ha infatti aperto un fascicolo che vede iscritti i nomi di tre indagati per l’ipotesi di reato di valanga colposa e omicidio colposo plurimo: Bruno Fanoni, Fausto Fanoni e Marco Della Santa. L’esito della perizia degli esperti svizzeri alleggerisce la loro posizione e segna un punto a favore della difesa. «E’ prematuro ogni commento. Per ora ho avuto modo di leggere solo le conclusioni della perizia, ma certo è importante che abbiano accertato che non c’è stato un comportamento imprudente da parte dei miei assistiti - spiegava ieri l’avvocato Angelo Schena, che con la collega Maria Rosina difende Bruno e Fausto Fanoni - Nella pratica dello scialpinismo il rischio zero non esiste e gli esperti hanno concluso che il ragazzo e suo padre si sono attenuti alle norme di comportamento previste per chi frequenta la montagna». Chi fa scialpinismo, insomma, sa che il rischio di slavine è presente ed evidentemente quanto è accaduto non era prevedibile dagli scialpinisti che erano a monte. La perizia depositata in tribunale non è comunque l’unico elemento nelle mani della Procura. Gli inquirenti hanno infatti raccolto diverse testimonianze, foto, filmati, e anche un video amatoriale girato da uno scialpinista sul luogo della tragedia proprio al momento del distacco della slavina. Tutto ora è agli atti nel fascicolo del pm Russo, così come la perizia degli svizzeri. L’inchiesta non è dunque conclusa, tanto più che i familiari di una delle vittime - Marco Greppi - avevano nominato a febbraio un consulente di parte che potrebbe anche presentare un’ulteriore perizia. Marzia Colombera