«Condanna sbagliata, noi siamo con Kaserer»
Cai,
Avs e guide alpine: in appello non si è tenuto conto del parere degli esperti
LA VALANGA PROVOCATA
BOLZANO. Assolto in primo grado, condannato in appello. Il caso di Kuno
Kaserer, all'epoca dei fatti aspirante guida alpina di Parcines accusato di
avere provocato il distacco di una slavina in val Senales, continua a fare
parlare di sé. Dopo gli otto mesi di reclusione inflittigli in secondo grado,
intervengono le principali associazioni alpinistiche che ieri hanno espresso la
propria preoccupazione per una sentenza che giudicano negativamente. Cai Alto
Adige, Alpenverein e Associazione guide alpine - firmatarie della nota comune -
si dicono pronte a sostenere la battaglia di Kaserer in corte di Cassazione.
«Penso che i giudici non si intendano molto di
montagna», aveva commentato l'avvocato Alberto Valenti, difensore con Christine
Jöchler di Kaserer.
«Il fondamento della posizione critica delle associazioni alpinistiche - si
legge nella nota congiunta di ieri - sta nel fatto che non è stata in alcun
modo tenuta in considerazione di esperti qualificati». I tre presidenti Luis
Vonmetz (Avs), Franco Capraro (Cai) e Othmar Prinoth (guide alpine) ricordano
che in primo grado furono sentiti i due esperti Karl Gabl e Jörg Schweitzer e
non a caso, secondo loro, Kaserer fu assolto perché i due conclusero
che non poteva prevedere il distacco.
Nessuno era rimasto sotto la valanga, ma Kaserer era finito in carcere con
l'accusa di aver provocato, col proprio passaggio, la valanga senza aver
valutato con diligenza quanto segnalato anche dal
bollettino della Provincia sul pericolo di slavine.
Alpenverein, Cai e guide alpine «sono sorpresi per questa sentenza ed avvertono
che con ciò si è creato un precedente che avrà ampie conseguenze sul libero
accesso alla montagna». Le tre associazioni «non ritengono in
alcun modo giustificata la sentenza ed esprimono unitariamente
solidarietà a Kaserer: con questa sentenza si è creato un precedente che potrà
avere ampie e negative conseguenze sul libero accesso alla montagna, e in
questo senso essa è assolutamente da respingere».
Come problema fondamentale le associazioni alpinistiche evidenziano
come l'interpretazione giuridica non faccia alcuna differenza fra
l'ambiente libero e quello delimitato dalle piste: «Siamo convinte che in
futuro i due concetti alpinistici debbano essere meglio definiti ai fini
giurisdizionali».
Ora, le tre associazioni alpinistiche - rare le prese di posizioni comuni,
segno che la problematica è particolarmente sentita - attenderanno comunque la motivazione della sentenza d'appello e
successivamente «intraprenderanno gli ulteriori passi che riterranno
necessari». Dice il responsabile per l'alpinismo dell'Avs, Hubert Mayrl: «Su
questo tema raccoglieremo dati e fatti e sosterremo al meglio Kaserer
nell'ambito del ricorso in Cassazione».
In realtà, il fronte pronto a battersi contro la colpevolezza dello
sci-alpinista potrebbe allargarsi e comprendere un soggetto particolare: la
Provincia autonoma. Secondo quanto affermano Capraro, Vonmetz
e Prinoth, «le associazioni alpinistiche potranno contare sull'appoggio della
competente Ripartizione Provinciale per il turismo, che a seguito della
sentenza teme massicce ricadute sull'immagine turistica dell'Alto Adige».
Insomma, l'assessore Frick schierato per motivi di marketing.
Una posizione opposta a quella che, va ricordato, era ampiamente condivisa
all'epoca dei fatti, tre anni fa. E che partiva dall'idea di porre un freno
allo stillicidio di allarmi - ma c'erano anche state vittime
- causati da valanghe provocate dal comportamento irresponsabile di
scialpinisti, sciatori fuoripista, snowboardisti etc. Di certo, il caso Kaserer
- primo del genere, in Italia - è destinato a fare giurisprudenza, comunque si
concluda.