Parla lo sciatore bolognese che ha cercato di soccorrere l'escursionista:

-Abbiamo sperato fino all'ultimo che fosse ancora vivo»

«Così è finito in quella maledetta trappola»

 

di Bìagio Marsiglia

 

BOLOGNA — «E’ lì sotto, è lì sot­to... La moglie ripeteva queste paro­le, allora io e il mio amico Raffaele ci siamo messi a cercare, a scavare là dove, un attimo prima, un'immensa nuvola bianca che sembrava fatta di polvere aveva travolto tutto... L'ab­biamo trovato in fretta grazie al rile­vatore  Arva, credevamo fosse anco­ra vivo, lo abbiamo sperato fino all'ultimo...

Fabrizìo Franceschini, 46 anni, bolo­gnese, operaio in una ditta metalmec­canica, la neve e la montagna nel cuore, di raccontare ha poco voglia. E' appena tornato dal Cimone, da quel canalone che ha dato morte e che lui, profondo conoscitore del po­sto, ieri come sempre ha scelto di evi­tare.

«Ho visto quel giova­ne iniziare la disce­sa, era di poco davan­ti a me spostato sulla destra — ricorda — in cima eravamo arri­vali assieme. Lui era con la moglie, io col mio amico di Anco­na. Il Cimone, a Sud Ovest, è solcato al centro da un cana­le profondo, e ieri per il forte vento era stracolmo di neve, era carico cari­co...» E lei lo ha evitato...

«Sì, come sempre. Lo giudico perico­loso, ma con questo, sia chiaro, non voglio dire che quello scialpinista e stato avventato. E' stata sfortuna, quel ragazzo è caduto in una maledet­ta trappola. Abbiamo iniziato la di scesa e a un certo punto ho sentito un fragore sordo, poten­te. Veniva dalla mia destra. Mi sono fer­mato, ho guardato di alto... un inferno bianco, spavento­so».

 

Come ha fatto a trovare subito il corpo sommerso dalla neve?

«Col rilevatore Arva un ricetrasmettitore indispensabile per chi fa fuoripista. Così come la pala e la son­da. Un attimo prima avevo visto due sciatori, ora ne vedevo in piedi solo uno. Una donna. Mi sono avvicinato a chiedere dove fosse l'altro...è sotto', ripeteva lei. E io ho cercato. non sono un eroe, ho fatto solo quel che tutti avrebbero fatto, L'Arva

 

emette segnali, quando scendi lo de­vi posizionare in trasmissione, quan­do ti capita di cercare lo devi posizio­nare in ricezione. Così ho fatto e ho captato il segnale sotto la neve. L'ho trovato in fretta, anche se per non ri­schiare di creare altre valanghe sono entrato nel canalone cento metri più in basso e poi sono risalito».

Ha capito che era morto?

«No. ho pensalo solo a fare di tutto per salvarlo. Ho liberato il suo volto dalla neve per potergli fare arrivare l'aria. Anche la respirazione bocca a bocca, ho tentato... La moglie è stata coraggiosa, ha lavorato con me... Speravo e volevo credere che lui po­tesse aprire gli occhi... E quando ho visto l'elicottero ho creduto davvero che fosse fatta... Invece, adesso sono qui, sconvolto, stanco, a pensare a questa grande tragedia...».

 

Sci-alpinista toscano muore sulla vetta del Cimone

 

Sepolto da un inferno di neve sono gli occhi della moglie

 

Di Ettore Tazzioli

 

Fiumalbo /MO) – L’estremo c’è anche in Appennino, basta andarlo a cercare. Uno scialpinista si è spinto fino ai duemila metri del monte Cimone ed è morto sotto la slavina provocata dal suo passaggio. La tragedia si è svolta sotto gli occhi della moglie “ fermati, lì è pericoloso!” aveva appena urlato al marito. In un attimo il taglio deglis ci ha provocato il distacco di una cornice di neve: come un tapis roulant si è mosso un fronte di venti metri e ha trascinato con sé in uno stretto canalone lo sciatore che è finito sepolto una sessantina di metri più sotto. La vittima non era  un escursionista inesperto: Rossano Vanni, 42 anni, residente ad Asciano di San Giuliano Terme (PI) frequentava abitualmente l’Appennino Tosco-Emiliano e batteva i percorsi escursionistici del crinale. Ieri assieme alla moglie Lucia Bertacca, aveva deciso di spingersi fin sulla vetta del monte Cimone, a 2165 metri.

Mentre sul versante modenese si trova il carosello degli impianti della stazione invernale, la parte scelta dalla coppia di escursionisti è selvaggia e impervia, priva di impianti e collegamenti. Sono saliti con le pelli di foca e, nel primo pomeriggio, è iniziata la non facile discesa a valle. Attrezzati di tutto punto, i coniugi sapevano che il manto nevoso (poco più di un metro) nascondeva insidie. E’ bastato tuttavia avventurarsi sull’orlo del ripidissimo canalone sulla parte sud-ovest del Cimone e in un attimo la tragedia si è consumata. “ Rossano ha tagliato con gli sci verso il canalone – racconta la moglie ancora sotto choc – subito si è staccato un lastrone di neve che lo ha travolto”. Le urla e il rombo della slavina hanno fatto accorre­re altri tre escursionisti. La donna e i tre uomini, Fabri-zio Franceschini di Bologna. Raffaele Galli di Falconara e Roberto Nannini di La Spe­zia sono scesi sul ripido pen­dio per poi risalire il canalo­ne. Mentre partiva l'allarme col cellulare, gli escursioni­sti (tutti attrezzati col cerca-persone, sonda e pala) hanno rintracciato Rossano Vanni. Appena liberata la testa e il busto hanno tentato la respi­razione bocca a bocca. In 15 minuti su di loro volteggiava già l'elicottero del Soccorso Alpino alpino dall'aeroporto Paolucci di Pavullo nel Frignano, che ha calato col verricello medico, infermie­re e un tecnico di salvamen­to. Tutto tempestivo, ma tut­to inutile. L'elicottero ha portato a valle gli escursionisti e poi la salma è stata trasporta­ta al campo base di Pievepe-lago. «Una scelta pericolosa, troppo pericolosa per un'escursione - - ha com­mentato uno dei soccorritori — ma dall'allo dell'elicotte­ro ho visto tracce di sci in luoghi da brivido...».

 

Nelle foto seguenti scattate da un amico si vede molto bene la dinamica dell’incidente, lo sciatore lascia il costolone e si avvicina al bordo del canale, qui il vento aveva creato un lastrone di neve soffice (vento da nord-est) che con il solo peso dello sciatore si è staccato trascinandolo nel canale che in quel tratto è molto ripido e presenta una curva ed una controcurva con rocce ai lati.

Probabilmente gli urti contro queste rocce ne hanno determinato la morte prima del soffocamento, infatti la prontezza dei soccorritori con l’arva è stata ottima ma non è bastata per colpa dei traumi subiti.