«Chi si avventura sa di rischiare
L'arte è riuscire a sopravvivere»
L'INTERVISTA
Reinhold Messner «Il
pericolo c'è»
di Mario Bertoldi
BOLZANO. «Andare in montagna o andare nelle zone selvagge del mondo è
bellissimo ma è un'attività molto rischiosa. L'alpinismo senza rischio non è
più alpinismo. La montagna non pericolosa è una cosa banale,
non è montagna». E' il primo commento di Reinhold
Messner, re degli ottomila, dopo aver appreso delle
tragedie delle ultime ore sulle nostre vette. «La montagna è pericolosa per
definizione - dice - è talmente pericolosa che si può perdere la vita in ogni
momento. Tutti gli alpinisti lo sanno perfettamente».
Secondo lei queste tragedie sono sempre provocate da
qualche errore umano o si può parlare semplicemente di fatalità?
«Non c'è fatalità, c'è sempre l'errore di qualcuno. L'arte dell'alpinismo sta
nell'entrare nel mondo selvaggio e non perdere la vita. Però
per non perdere la vita occorre massima attenzione, metro per metro, giorno per
giorno, ogni errore può essere fatale. La montagna è pericolosa per
definizione. Siccome siamo umani e di tanto in tanto facciamo
degli errori ecco che qualcuno ogni tanto perde la vita, purtroppo»
Dunque secondo lei c'è sempre un errore tra le cause di queste tragedie?
«Sì, perché non è necessario salire in montagna. Lo stesso partire per
la montagna è un errore se poi muori. Però nonostante
questo io dico che lo sci-alpinismo è una bellissima attività, è molto bello
uscire d'inverno con gli sci in un paesaggio incontaminato, pulito...In inverno
le montagne sono più grandi, più vaste e più belle ma sono più pericolose»
Si può dire dunque che il pericolo fa parte del gioco?
«Certamente ma l'arte dell'alpinismo sta nel non cascare. Se non fosse
possibile morire allora non sarebbe neppure necessaria
l'arte dell'alpinismo».
Siamo quasi a concetti filosofici...
«Sì sono concetti molto complessi, apparentemente
quasi contradditori. Una persona che non fa alpinismo, che
non ha mai provato cosa voglia dire, non potrà mai capire sino in fondo che
cosa ci spinge sulle vette delle montagne».
Dunque il rischio è insito nell'alpinismo?
«Certo. Noi andiamo in montagna perché c'è il rischio, però non vogliamo
morire, vogliamo sopravvivere. Però, ripeto, siccome
siamo umani di tanto in tanto facciamo qualche errore che paghiamo anche con la
vita».
Il fascino dunque è nel rischio?
«Noi non andiamo a cercare il rischio, accettiamo il rischio. Se non si vuole
accettare il rischio allora bisogna fare ovunque
piste. Sulla pista non posso morire perchè lì le
valanghe non possono cadere e perchè le piste non verranno mai fatte accanto ad un crepaccio. Però in pista non sarò mai immerso nel mondo selvaggio. Ecco
perchè gli alpinisti scelgono il
fuori pista, sapendo che si rischia».
Ma chi è responsabile se poi accade qualcosa?
«Se decido di immergermi nel mondo selvaggio tutta la responsabilità è mia o
dei miei compagni se siamo in cinque o sei. E
so perfettamente che anche un solo errore potrebbe significare la morte. E' una
situazione molto difficile ma è la situazione che noi cerchiamo. Chi dice un'altra
cosa dice delle cazzate».
Dunque non hanno senso gli appelli che ogni giorno si lanciano per evitare il fuori pista?
«Certamente. Chi non vuole andare in montagna non ci
vada ma chi ci vuole andare deve praticare il fuori pista perché altrimenti non
si può dire di essere andati in montagna. Lo sci da turismo è un'altra cosa.
Chi si avventura nel fuori pista deve essere cosciente
che ogni momento, ogni passo potrebbe essere l'ultimo. L'arte sta nel
sopravvivere. Il grande alpinista è colui che sopravvive.
Non è molto importante raggiungere la cima, è importante uscire, fare
esperienze e ritornare, capendo che noi siamo umani e cioè
limitati».
Una sfida con la natura?
«No, una convivenza sapendo che la natura è, per definizione, pericolosa perchè l'uomo ha in ogni momento la dimostrazione di essere
limitato. Ma capendo la propria limitazione l'uomo diventa un essere che prende
atto che c'è qualcosa sopra di lui, che va al di là della
sua vita. E qui entriamo nella dimensione religiosa
dell'alpinismo».