VALANGA - Sono stati trascinati per oltre 500 metri due escursionisti vicentini travolti nel canalone Vaio Battisti in località San Giovanni, a sud di Recoaro Mille, da una valanga che ha causato la morte di uno di loro, Thomas Peghin, 27 anni di Recoaro (Vicenza). Il sopravvissuto, Moreno Camposilvano, 29 anni, di Valdagno (Vi), è attualmente ricoverato con prognosi di 40 giorni. I due amici attorno alle 5,30 hanno lasciato l'automobile presso il rifugio Gazza. Da qui hanno proseguito per raggiungere Cima Zevola, a 1900 metri d'altezza. Ma alle 10,30 mentre procedevano in prossimità della vetta c'è stato un cedimento del ghiaccio. I due sono stati trascinati a valle. Quando Camposilvano è riuscito a rialzarsi, ha visto il corpo dell'amico che stava ancora rotolando verso valle. Ha quindi dato l'allarme con il cellulare. I vigili del fuoco di Trento hanno inviato un elicottero per il recupero del corpo della vittima.

 

Scivolano per 500 metri. Morto alpinista
Sepolti da una valanga di neve. Il ferito ha chiesto aiuto col cellulare
L’incidente sul vajo Battisti, a cima Zevola

 

 


(m. sc.)
«Era un ragazzo d'oro, umile e cordiale, con una grande passione per la montagna». È questo il ricordo che Thomas Peghin ha lasciato nella mente e nel cuore di amici e parenti. La sua abitazione, a Recoaro in via Griffani, è in queste ore meta di un pellegrinaggio continuo di tante persone, di un paese intero che si unisce al dolore dei famigliari. Quelle mura racchiudono il dramma silenzioso di papà Tommaso e mamma Vanda. Soltanto Azzurra, la sorella minore di Thomas, lo ricorda con qualche parola: «Era un ragazzo semplice, un patito della montagna. A ventisette anni, dopo aver studiato al Cfp di Trissino aveva trovato lavoro come operaio metalmeccanico ad Arzignano, alla Magneti Marelli. Insieme al papà». Col padre, Thomas condivideva anche l'automobile: «Non aveva particolari ambizioni di tipo materiale - racconta Silvano Pretto, cugino di Thomas - a lui interessavano i rapporti con le persone. Non dimenticava mai di andare a trovare ogni giorno la nonna Lidia, che vive da sola in una contrada qui vicina. Da quasi cinque anni era fidanzato con Elisa».
«Da quando l'aveva conosciuta si era un po' slegato dagli amici, ma quando li vedeva era il primo a chiamarli, se stavano dall'altra parte della strada». Un rapporto stretto, quello con la ragazza di Valdagno, tanto che stavano pensando di andare ad abitare insieme.
«Una vita dedicata alla montagna - raccontano gli zii -: amava scalarla, fotografarla e sapeva ricavare grappe dalle erbe che raccoglieva durante le escursioni». Thomas era conosciuto anche nell'ambiente del Cai, perché frequentava la palestra di roccia di Recoaro. «Un ragazzo semplice - secondo don Francesco Piubello, parroco del paese -. Durante l'adolescenza frequentava i gruppi dell'oratorio, senza mai creare problemi a nessuno».

 

Domenica 1 Febbraio 2004

 

 

Erano partiti alle 5.30 da casa lasciando l’auto vicino al rifugio Gazza

 

Traditi da una lastra di ghiaccio che nascondeva vuoto e canalone

 

 

 

 

 


di Giancarlo Brunori


Ha trovato la morte a 50 metri dalla vetta. Una valanga ha spezzato la vita di Thomas Marco Peghin, 26 anni, Recoaro, via Griffani 62, operaio alla Marelli di Arzignano, dopo averlo fatto scivolare per oltre 500 metri. L’amico che era con lui. Moreno Camposilvan, operaio, 28 anni, Recoaro, via Molino di Sotto 2, se l’è miracolosamente cavata ed ora è ricoverato all’ospedale, con traumi in varie parti del corpo.
L’incidente è avvenuto lungo il Vajo Battisti. In prossimità di Cima Zevola, nel territorio di Recoaro. I due giovani sono stati violentemente scaraventati a valle da un’enorme massa di neve e ghiaccio letteralmente sbriciolatasi sotto i loro piedi. A causare la tragedia sono stati, con molta probabilità, la neve ancora fresca ed il peso dei due giovani. Ma non è esclusa la presenza di un’insidiosa lastra di ghiaccio venutasi a creare a causa del forte vento di questi giorni.
A dare l’allarme è stato il ragazzo sopravvissuto alla tragedia. Con il suo telefono cellulare ha chiamato la famiglia e poi l’allarme è stato girato al Suem 118 ed al soccorso alpino. Per recuperarli sono intervenuti sia i soccorritori con un elicottero dei vigili del fuoco di Trento che i carabinieri della stazione di Recoaro Terme, coordinati dal maresciallo Giacomo Buonincontri.
La richiesta di aiuto l’ha lanciata Camposilvan facendo scattare le operazioni di recupero verso le 10.30 circa. Cioè quasi cinque ore dopo la loro partenza da casa alla volta, per un’arrampicata, della zona del rifugio "Gazza" di Recoaro Mille.
Stando ad una prima ricostruzione, poco dopo le 5.30 i due hanno lasciato l’auto nel parcheggio che si trova nelle vicinanze del rifugio e si sono incamminati verso il Vajo Battisti risalendo a piedi il canalone che arriva fino ad un altezza di 1.900 metri, fino a Cima Zevola. All’improvviso, sotto di loro è partita una valanga che li ha bruscamente trascinati a valle senza consentire alcun rallentamento della discesa. Il primo a fermarsi è stato Moreno che, dopo essersi ripreso e rialzato, ha visto l’amico che stava ancora rotolando lungo il canalone. Tutto è avvenuto in pochissimi secondi, in cui l’ansia per le sorti del compagno si è trasformata in paura, quando si è reso conto che Thomas non rispondeva più ai suoi continui richiami. Nonostante le ferite riportate Moreno ha raggiunto l’amico cercando di rianimarlo. Ma per lui, purtroppo, ormai non c’era più nulla da fare. A causa delle gravi lesioni riportate, Thomas è infatti morto praticamente sul colpo. Il referto medico parla di arresto cardiocircolatorio.
Sperando di riuscire ad avvisare i soccorritori in tempo utile, Moreno non si è comunque perso d’animo. Con il cellulare si è messo in contatto con il 118 del Suem di Vicenza, che ha fatto intervenire sul posto ambulanze dall’ospedale "S. Lorenzo" di Valdagno, un elicottero con personale esperto per il recupero in montagna, carabinieri e soprattutto gli uomini del soccorso alpino della stazione di Recoaro-Valdagno, coordinati dal capo stazione, Daniele Nicolini.
Lungo e delicato è stato il lavoro dei soccorritori, che si sono mossi contemporaneamente. In attesa dell’elicottero che è arrivato sul luogo della tragedia in poco meno di 20 minuti, una squadra di otto persone del soccorso alpino si è messa in marcia per raggiungere i due escursionisti. Intanto, dal rifugio "Cesare Battisti" tutte le operazioni venivano seguite anche grazie alla completa visibilità garantita da una giornata dal cielo limpido. Qualche problema si è verificato a causa del vento gelido che spirava ieri mattina in tutta la zona, ma alla fine in breve tempo il pilota dell’elicottero ed i soccorritori a bordo sono riusciti a recuperare tutti e due i giovani.
Thomas Peghin è giunto privo di vita al "S. Lorenzo" mentre Moreno Camposilvan, che è stato per tutto il tempo accanto all’amico, è stato subito sottoposto agli accertamenti del caso. Dopo l’esame radiografico, gli sono stati riscontrati politraumatismi che ne hanno chiesto il ricovero. Ne avrà almeno per 40 giorni. Le sue condizioni non preoccupano i medici. Ad impensierire maggiormente è il suo stato emotivo. I due operai sono conosciuti a Recoaro, per essere ragazzi scrupolosi. Niente bravate o comportamenti strani, ma una sana passione per la montagna e per le escursioni sulla neve. Infatti, come confermato dagli uomini del soccorso alpino, si erano recati lungo il Vajo Battisti con equipaggiamento adeguato e non erano soliti affrontare le escursioni senza preparazione. Thomas, in particolare, aveva frequentato un corso di roccia e abitualmente si allenava in palestra.
Ieri mattina, prima di partire, si erano assicurati di aver portato con loro tutto il necessario per non trovarsi impreparati, di fronte ad ogni evenienza. Ad iniziare dai ramponi e dalla piccozza, per finire al casco protettivo ed anche al cellulare per chiedere aiuto in caso di emergenza. Un aiuto che, alla fine, è servito a salvare almeno uno dei due giovani

 

Domenica 1 Febbraio 2004

 

 

La testimonianza del sopravvissuto Moreno Camposilvan, 28 anni

 

«Eravamo quasi arrivati in vetta Sono vivo solo per un miracolo»

 

 

 

 

 


di Marco Scorzato


«Un miracolo. Sono vivo per miracolo». Moreno Camposilvan è sdraiato su un letto d'ospedale: è ancora in stato confusionale e ha gli occhi lucidi, orientati verso un punto indefinito del soffitto. Ma, tutto sommato, sta bene e parla. Racconta la terribile tragedia che si è portata via il suo amico Thomas Peghin, compagno di tante escursioni, e che gli ha incredibilmente risparmiato un analogo destino.
Camposilvan, che ha ventotto anni e vive a Recoaro, adesso è ricoverato nel reparto di ortopedia dell'ospedale San Lorenzo di Valdagno. Nella disgrazia, se l’è cavata bene: politraumi che rendono un po’ difficile la respirazione e per il momento è costretto a stare sdraiato a letto. «Ma spero di guarire in fretta», si ripete per convincersi. Ha subito anche un forte trauma cranico. «Per fortuna indossavo il casco - racconta Camposilvan -. Ad un certo punto, mentre cadevo, ho sentito un forte colpo in testa. Forse è stato in quel momento che mi sono tagliato all'altezza dell'orecchio. Forse, se non avessi avuto il caschetto non sarei qui».
Anche Thomas indossava il casco, «come faceva sempre, del resto - sottolinea Camposilvan - ma io adesso sono ancora vivo. È un miracolo. Ho ancora davanti a me l'immagine del mio amico morto. È una sensazione terribile». E da quel letto prova a ricostruire quegli attimi terribili.
«Mancavano trenta metri alla vetta quando all'improvviso si è mossa la neve sotto i nostri piedi. È stata una frazione di secondo: io e Thomas abbiamo avuto appena il tempo di gridare, quasi contemporaneamente: "Valanga". Poi abbiamo iniziato a rotolare giù, insieme alla neve. Circa seicento metri di caduta. Non so quanto tempo è passato prima che ci fermassimo, forse 5 minuti».
Il suo racconto si interrompe un attimo. Il tempo di rigettare lo sguardo nel vuoto e cercare le parole per esprimere la tragedia. «Mentre rotoli giù non hai il tempo né la capacità di pensare a tante cose. L'unica mia preoccupazione era di tenere la testa alta, fuori dalla neve. Ogni tanto finivo sotto, ma l'importante era non tenere la bocca aperta per non ingoiare neve e rimanere soffocato. Ci siamo fermati quando il pendio si è fatto meno scosceso. Io mi sono fermato per primo, perché al momento della valanga ero più a valle di Thomas. Qualche secondo dopo la fine del mio volo ho intravisto arrestarsi anche il mio amico. Ma ero frastornato e per alcuni minuti non riuscivo a reagire. Poi ho chiamato il suo nome, senza avere risposta. Ho infine trovato la forza di alzarmi e di andare da lui, ma mi sono subito accorto che non respirava. Allora ho chiamato il 118 e dopo 10 minuti un elicottero era già lì a prenderci».
Moreno Camposilvan è nato a Valdagno, ma da parecchi anni vive a Recoaro, dove aveva conosciuto Thomas. Legati dalla passione per la montagna, da più di otto anni erano soliti partire insieme per salire quei pendii che fanno da cornice alla loro città. I loro scarponi conoscevano bene le insidie di quei monti, d'estate come d'inverno. Anche ieri mattina erano partiti con lo spirito di sempre: prudenza e rispetto per la montagna. «Siamo partiti con la mia auto alle cinque e mezza - racconta Moreno -. Alle sei eravamo già alla Gazza, pronti a metterci in cammino lungo quel canale che né io né Thomas avevamo mai percorso in precedenza. Il vajo Battisti è piuttosto ripido, ma di media difficoltà: ne avevamo fatti certamente di più impegnativi. Eravamo saliti con calma, scattando anche qualche foto, la nostra seconda passione dopo la montagna. Vedevamo a pochi metri la vetta, quando la valanga ci ha portati giù».
Moreno Camposilvan non sa spiegarsi la disgrazia: «Come sempre eravamo ben equipaggiati: ramponi, piccozza, occhiali da neve, casco, giacca a vento e tè caldo nello zaino. Anche stavolta la nostra esperienza ci diceva che le condizioni climatiche erano buone. Faceva freddo, chi avrebbe immaginato che la neve ci sarebbe partiva da sotto i piedi?».
Adesso, in ospedale, vicino a Moreno ci sono i genitori. «Sono qui con me, a darmi forza. Mia sorella invece non l'ho ancora vista, non so se sappia già dell'accaduto».
La famiglia Camposilvan intera sta vivendo momenti di apprensione, come già tre anni fa era successo: durante un'escursione estiva, Moreno si ruppe una gamba, colpito da un masso staccatosi dalla parete. «Già quella volta mi vennero a prendere con l'elicottero e mia mamma mi disse di non andare più in montagna. Ma la passione mi ha riportato su quelle vette ancora tante altre volte. Fino ad oggi. Adesso però, credo che la passione non basterà a farmi rimettere gli scarponi».

 

Domenica 1 Febbraio 2004

 

 

 

 

«Il vento forte crea pericolo in tutta la provincia»

 

 

 

 

 


(l. c.)
«Le condizioni attuali determinano un pericolo generico in tutta la provincia, comprese le Piccole Dolomiti. Ma ciò non significa che non si debba prestare attenzione, quando ci si avventura in montagna. I due giovani rimasti coinvolti nel grave incidente avvenuto lungo il vajo Battisti erano ben equipaggiati, ma anche quando non mancano attrezzatura adeguata ed esperienza, non si può dimenticare che può essere solo l’alpinista che affronta un’escursione a stabilire, di volta in volta e con valutazioni soggettive, la difficoltà del tragitto da affrontare». Daniele Nicolini, capostazione della sezione recoarese del Corpo nazionale soccorso alpino intitolato a Gino Soldà, mette in guardia dai pericoli della montagna.
Un invito alla prudenza condiviso anche dalla prefettura, che ha seguito i soccorsi per verificare che non ci fosse bisogno di mettere in sicurezza l’intera zona.
«L’area è frequentata da numerosi escursionisti - precisa il dottor Minieri - e pertanto abbiamo volutato l’opportunità di adottare misure rigide di sicurezza. In realtà c’è un pericolo generale per chi va in montagna, dettato dal vento molto forte dei giorni scorsi che ha spostato le lastre di ghiaccio e neve dal profilo di sassi e montagna, ma non specifico per la zona della "Gazza"».
Stando al bollettino meteo del centro di Arabba, nelle ultime ore il il rischio valanghe in Veneto era di grado elevato. Ma nella nostra zona, in particolare, l’esperto conferma che non si è in presenza di un rischio-slavine. Ieri mattina, la temperatura a circa 1900 metri, sopra il rifugio della "Gazza", era di almeno 8-9 gradi sotto lo zero. Un dato confermato anche dalla prefettura, che conferma come di valanga non possa essersi trattato.
Questa situazione riguarderebbe anche tutto il vicentino. Tra l’altro, casi analoghi in passato se ne sono verificati in modo sporadico e, comunque, in altri versanti.
La guida alpina Asnicar non ricorda incidenti mortali su quello stesso vajo, ma mette comunque in guardia dalle insidie della montagna ricordando anche come comportarsi durante le escursioni.
«È bene non sottovalutare la possibilità che si verifichino imprevisti - spiega Nicolini -. Nel caso specifico, con molta probabilità si è verificato un fenomeno tipico con queste condizioni meteo. La neve caduta solitamente si compatta all’aumentare della temperatura, ma in questa occasione ciò non si è verificato. Il che non ha consentito ai cristalli nevosi di creare uno strato più consistente, in grado di garantire una buona tenuta. Si può dire che due terzi del vajo erano in buone condizioni. Evidentemente l’ultima parte ha ceduto sotto il peso degli escursionisti, che comunque camminavano sprofondando quasi con tutte le gambe. Quando si affronta la montagna, soprattutto in inverno, è bene dotarsi di attrezzatura adeguata all’impegno che si va ad affrontare. Servono scarpe ed indumenti utili a proteggere il corpo e, nel caso di neve e ghiaccio, ramponi, racchette, caschetto protettivo. In caso di emergenza si rivelano utili un telefono cellulare, un fischietto oppure una torcia».