Il pianeta bianco secondo Tone Valeruz
«Lo sci pericoloso? Perché vissuto nell´ottica della velocità
La Marmolada resti unica, niente impianti sul ghiacciaio»

Di SILVANO PLONER
«Ho messo gli sci ai piedi la prima volta quando avevo dieci anni. Nei boschi di Alba di Canazei, ore e ore di discese e risalite a piedi. Un paio di assi in legno fatte in casa erano il mezzo per quel divertimento quotidiano. Di allora, in cui gli unici due impianti esistenti in Val di Fassa erano le seggiovie, che da Canazei salivano a Pecol e poi da lì al Belvedere, ricordo solamente l´incredibile freddo patito sciando in pantaloni corti e calze di lana».
Per Tone Valeruz è cominciata così. Dai prati e dai boschi di casa sono nate le sue discese estreme, un po´ come per quei bambini che prendendo a calci un pallone di stracci nelle favelas sognano un futuro da fenomeni. Il pensiero di Tone bambino non era però quello di crescere fenomeno, ma di una vita tesa alla scoperta e intrisa di doti naturali per stare con gli sci ai piedi: «Quei due pezzi di legno col passare del tempo diventarono un prolungamento naturale degli scarponi che usavo per andare in montagna, così si spiega il mio sci estremo».
Nella moderna industria dello sci c´è ancora spazio per imprese come le tue?
«Lo sci estremo sta morendo, o certamente non ha preso la piega che speravo prendesse. Adesso per andare fuori pista si vedono sci con le punte riverse e molto larghi per galleggiare meglio. D´altronde la moda è imitare quelli che scendono dalle rocce facendo le capriole e si andrà sempre più in questa direzione».
Com´è cambiato il «mondo sci» nella tua esperienza ultraquarantennale?
«Fino a qualche anno fa sciare a sci uniti era il massimo del risultato estetico, e ribadisco estetico, perché non era sicuramente il più funzionale. Oggi la superconduzione ne costituisce l´omologo, anche un bambino di cinque anni può farla, tutti i maestri di sci possono farla, ma quanti di noi possono sciare fuori pista con le mani in tasca come si fa una curva sugli spigoli? Pochi assai. Oggi milioni di persone si sentono dei campioni grazie ai nuovi materiali».
Che tecnica insegna ai suoi allievi il maestro di sci Tone Valeruz?
«Quella che mi viene chiesta, anche la superconduzione, ricordando sempre ai clienti di non illudersi, perché stanno facendo qualcosa di banalissimo, che non richiede alcuna perizia. Esistono atteggiamenti mentali da allucinazione. Si costruiscono tante storie attorno alla didattica e poi manca completamente la pratica. Paradossalmente la tecnica sta diventando un bellissimo palazzo di cristallo che nasconde abissali fragilità. Tutto si spiega col fatto che il prodotto sci oggi deve essere alla portata di tutti».
Una situazione che crea pericoli causati da sovraffollamento sulle piste?
«Non direi, lo sci è pericoloso perché vissuto nell´ottica del dover fare mille piste in un giorno e della velocità. La velocità, come nella vita anche sugli sci, è diventato il mezzo per prevalere sugli altri e dimostrare la propria forza e questa è la realtà. Sciare bene piano, oggi, significa non saper sciare, fa più tendenza non riuscire a chiudere una curva ma venire giù a mille all´ora. Qui nascono i pericoli. Sono necessarie più educazione ed informazione».
È il caso di fare un passo indietro per «tornare alle manovie»?
«È un discorso assurdo, come si può tornare indietro, quando ottocentomila persone a settimana decidono di sciare sulle Alpi? Vorrebbe dire rivedere la nostra gente che l´inverno emigra per trovare un lavoro. Non sta in piedi, piuttosto alla lunga bisognerà andare verso la politica dei numeri chiusi per fare turismo di qualità, dato che neanche un terzo degli sciatori al mondo conoscono ancora le Dolomiti. Impianti, innevamento, piste, creano un indotto che va bene a tanti e ben vengano nuovi impianti se corroborati dalla creazione di infrastrutture che permettano al turista di vivere comunque a pieno il contatto con il paesaggio».
Sei stato in Val Jumela?
«Sì, l´impatto ambientale delle seggiovie è nullo e credo che quegli impianti non andavano costruiti solo per chi ha interesse che le cose al mondo non vadano fatte. I Verdi non sanno quanti soldi le società spendono per salvaguardare l´ambiente su cui operano».
La Marmolada a che futuro va incontro?
«Deve rimanere qualcosa di unico e tutti gli impianti al di sopra del ghiacciaio vanno tolti. L´interesse di sviluppo è riservato solo a quattro persone che non c´entrano nulla con l´industria turistica delle Dolomiti». Quanto ha ancora di romantico lo sci?
«Nulla, ma perché volete raccontarmi che il romanticismo sopravvive al supermercato o tra i fidanzati? È la vita, non prendiamoci in giro».