13 luglio
2007 - 14.41
Valanga sulla Jungfrau: dopo
il dramma, le critiche
Il giorno dopo la valanga che ha ucciso
sei soldati nell'Oberland bernese, l'esercito è sotto
il fuoco della critica. La giustizia militare ha avviato un'inchiesta per
chiarire le circostanze della tragedia.
Chi conosce
bene la montagna si è interrogato sul perché di un'esercitazione militare ad
alta quota, considerato l'elevato rischio di valanghe. Per il momento,
sull'operato dell'esercito non pesa tuttavia alcuna colpevolezza concreta.
L'incidente
si è prodotto giovedì mattina a 3'800 metri di altitudine, quando una lastra di
neve fresca si è staccata dal versante sud della Jungfrau - la vetta che
sovrasta la nota località turistica di Interlaken -
trascinando a valle sei soldati romandi della scuola reclute di specialisti di
montagna di Andermatt (canton
Uri).
Otto loro
compagni hanno assistito al dramma - tra i peggiori avvenuti sulle Alpi
svizzere - ma fortunatamente sono stati recuperati incolumi e trasportati verso
la cellula di crisi.
Per capire
cosa sia esattamente successo al gruppo di soldati, che al momento
dell'esercitazione era accompagnato da esperte guide civili alle dipendenze
dell'esercito, la giustizia militare ha aperto un'inchiesta in collaborazione
con la polizia bernese, l'Istituto federale per lo studio della neve e delle
valanghe di Davos (SNV) e l'istituto di medicina
legale dell'Università di Berna, ha reso noto il capo dell'informazione della
Giustizia militare Martin Immenhauser.
Risultati dell'indagine a ottobre
Per ora, non
sussistono elementi concreti che evidenziano uno sbaglio nell'apprezzamento della
situazione da parte dei responsabili dell'esercito.
Secondo
Thomas Stucki dell'SNV, «non si può ancora dire se
siano state le cordate di soldati a provocare lo slittamento della lastra di
neve al di sopra del ghiacciaio del Rottal, oppure se
la massa si sia spostata da sola».
A dipendenza
dello svolgimento delle indagini, non si esclude l'apertura di una procedura
per omicidio colposo. «I risultati saranno probabilmente resi noti in ottobre»,
ha comunicato Immenhauser.
Nell'attesa,
alcuni esperti alpinisti hanno già espresso alcuni dubbi sulla necessità di
intraprendere un simile esercizio. Sebbene le condizioni meteorologiche fossero
favorevoli, quelle della neve erano al contrario tutt'altro che ideali.
Il pericolo della neve fresca
In seguito
alle abbondanti nevicate dei giorni precedenti (40-60 cm di neve fresca),
Thomas Stucki aveva parlato di un «elevato» rischio
di valanghe, benchè l'istituto grigionese
non pubblichi alcun bollettino in merito durante la stagione estiva.
Oltre a ciò,
ha commentato Hans Möhl, responsabile della capanna
del Rottal del Club alpino svizzero, la zona è già
stata teatro di parecchi incidenti. Solo l'anno scorso vi hanno trovato la
morte tre alpinisti.
«In base
alla mia esperienza - ha affermato l'esperta guida alpina Urs
Wellauer alla Berner Zeitung - posso solo dire che nel punto dell'incidente ho
fatto più volte dietrofront: perché mancava neve, oppure perché ce n'era
troppa».
Wellauer ha poi rammentato un detto che circola tra gli amanti
della montagna: «Il primo giorno di bel tempo dopo una nevicata è il più
pericoloso». «Con il passare dei giorni il sole stabilizza la neve - ha
precisato Stucki - ma a corto termine provoca
l'effetto contrario».
I soldati
periti nella tragedia - cinque reclute ed un sergente di età compresa tra i 20
e i 23 anni - erano «formati ed equipaggiati per un tale esercizio in alta
montagna», ha segnalato il Dipartimento federale della difesa. Ciò nonostante,
a Urs Wellauer sfuggono
alcuni particolari: «Se il gruppo ha iniziato l'esercitazione al mattino
presto, com'è possibile che alle 10 stavano ancora risalendo il versante?
Teoricamente, a quell'ora avrebbero già dovuto intraprendere la discesa».
Soldati pronti a tutto
Per il
comandante delle truppe specializzate di montagna, Andreas
Bardill, l'esercizio effetuato
in un ambiente ostile ad alta quota era giustificato. «I nostri soldati devono
potersi spostare sulle Alpi in qualsiasi situazione pericolosa», ha dichiarato.
Questi
specialisti non devono comunque «in nessun caso» oltrepassare i loro limiti.
«Valutiamo i pericoli ed i rischi allo stesso modo degli alpinisti amatoriali.
Le nostre regole non differiscono da quelle del Club alpino svizzero», ha
sottolineato al quotidiano bernese Der Bund.
Senza voler
minimizzare l'accaduto, l'alto ufficiale ha ricordato che «sono già capitati
altri avvenimenti simili», rammentando che durante la Prima guerra mondiale,
sotto la neve sono rimaste intrappolate intere compagnie.