NEI COMUNI FRANCESI DI VICDESSOS ED AUZAT

RICORDATO IL DRAMMA DELL’IZOURT

64 ANNI FA MORIRONO 28 EMIGRANTI  ITALIANI E 2 FRANCESI

a cura di Alberto Coppe e Sereno Mondin

Il 24 marzo 1939 una grande catastrofe colpisce 28 famiglie di emigranti italiani e 2 francesi. Siamo sui Pirenei, nel cantone francese dell’Ariège, nella vallata tra i paesi di Vicdessos e Auzat, al confine con il piccolo stato d’Andorra. Qui la società elettrica francese fece costruire una grande diga, la diga dell’Izourt a quota 1.645 metri, per sbarrare il percorso all’impetuoso Rau d’Artiès, la cui sorgente sgorga a 2.419 proprio sotto il Pic de Tristagne che misura 2.878 m.slm.

LA DIGA

La maestosa diga dà origine ad un lago artificiale che contiene 7,25 milioni di metri cubi d’acqua. Poco più sotto a 1.176 metri di altezza le acque, incanalate a monte in grandi tubature che in vari tratti corrono in gallerie scavate nella montagna, entrano forzatamente nella grande centrale idroelettrica di Pradières, che fornisce energia elettrica a tutta la provincia dell’Ariège fino alla città di Tolosa.

I LAVORI

Agli operai francesi ed italiani il compito di costruire la diga, la grande centrale idroelettrica, la lunga rete di tubazioni che in molti tratti corre in apposite gallerie scavate nella roccia. Le tubazioni riforniscono d’acqua le centrali idroelettriche di Pradières, Auzat e Tarascon. I lavori durarono all’incirca 3 anni, tra il 1938 ed il 1940. I cantieri di lavoro rappresentavano una fonte economica e di sussistenza per molte famiglie. Nei cinque cantieri di costruiti tra quota 1.600 m. slm dell’invaso d’Izourt e gli 800 m. slm di Auzat, lavoravano 349 operai: di questi 180 erano francesi, 107 italiani, 39 spagnoli, 18 di Andorra, 2 polacchi, uno svizzero ed uno slavo. Erano gli anni dell’emigrazione e per diverse famiglie italiane far fare la valigia agli uomini significava guadagno e sussistenza.

Da Quero partirono alla volta di Vicdessos ed Auzat alcuni capofamiglia di Schievenin; tra i primi a raggiungere la provincia dell’Ariège ci furono Tranquillo Specia operaio specializzato nella costruzione della teleferica, Attilio Specia operaio muratore e Primo Mondin operaio manovratore in galleria. Dopo la seconda guerra mondiale raggiunsero i cantieri francesi dell’Ariège anche altri nostri paesani come Alberto Schievenin, Fausto Specia, Antonio Specia ed altri residenti nella valle di Schievenin.

IL PRELUDIO ALLA TRAGEDIA

Il 23 marzo 1939, ad alta quota nevicava già da un paio di giorni,i lavori di costruzione della diga furono sospesi perché una tempesta di neve si abbatté sulla zona costringendo gli operai a rifugiarsi nelle baracche costruite poco distanti dalla diga. Per tutta la giornata la tormenta di neve non lasciò scampo agli operai che dovettero rimanere rifugiati nelle baracche; non si poteva scendere a valle. Per tutta la notte la bufera di neve e vento si abbatté con violenza sulla zona.

DUE METRI DI NEVE

Il mattino seguente l’altezza della neve era di oltre 2 metri, le porte della baracche non si potevano nemmeno aprire, gli operai erano imprigionati al loro interno.

A valle, nella piccola borgata di Pradières, costituita in gran parte da baracche costruite in pietra dove erano ospitati gli operai intenti alla costruzione della centrale idroelettrica, venne lanciato l’allarme alle autorità di Auzat e Vicdessos.

LA SLAVINA SOMMERGE ALCUNE BARACCHE

Alle 6 del mattino del 24 marzo 1939 la bufera si intensificò, le raffiche di vento erano violente. Poco più tardi una slavina si staccò dalle propaggini della montagna e si abbatté sulle baracche degli operai, travolgendone alcune. Le baracche A, B e C furono sommerse da oltre 10 metri di neve, la baracca F fu colpita su di un fianco. Per gli operai che in esse erano rifugiati non vi fu scampo.

I SOCCORSI

I primi soccorsi furono portati dagli operai appartenentiizourt4.jpg (36318 byte) alle altre baracche risparmiate dalla catastrofe. Con la neve fin sotto alle ascelle e con un vento fortissimo si buttarono letteralmente alla ricerca dei compagni sommersi. Alcuni furono ritrovati, e scamparono alla morte. Intanto dal fondovalle i primi soccorsi stavano arrivando, ma nonizourt3.jpg (86514 byte) era facile raggiungere le baracche della diga, c’era troppa neve ed il vento non cessava ancora. Verso mezzogiorno la forza della bufera cessò.

Nel pomeriggio del 24 marzo una trentina di soccorritori arrivarono in vetta ed iniziarono con ogni mezzo a disposizione a scavare nella neve per cercare di ritrovare gli operai sommersi dalla slavina. Si scavò per tutta la notte. All’alba del 25 aprile arrivarono in vetta i rinforzi costituiti anche da un intero reggimento degli Alpini francesi. A Pradières si costituì un piccolo ospedaletto con personale medico ed infermieristico arrivato a quota 1200 metri. Più in alto, vicino alla diga, in una baracca risparmiata dalla slavina si costruì un posto avanzato di infermeria.

LE VITTIME

Le prime vittime iniziarono ad essere trovate già nellizourt1.jpg (98526 byte)a mattinata del 24 marzo, in breve tempo i morti salirono a 20. Cinque persone estratte da sotto la neve ancora vive, ma in gravissime condizioni di salute, furono trasportate all’ospedaletto di Pradières. Poi altri morti uscirono da sotto la neve. Furono trovati ancora distesi nei letti delle baracche, dove la morte li aveva colpiti.

izourt2.jpg (43667 byte)Le vittime della catastrofe furono 28 italiani e 2 francesi; provenivano dai comuni di S. Biagio di Callalta, Vigo di Cadore, Santa Giustina, Quero, Trecesimo, Pedemonte, Aviano, Sedico, Cassacco, San Pietro Monterosso.Tra tutti questi morti troviamo anche il nostro paesano Mondin Primo che fu estratto ancora vivo da sotto la neve, ma morì alcuni giorni dopo all’ospedaletto di Pradières. Tutte le vittime furono sepolte nel cimitero di Vicdessos, dopo una solenne cerimonia funebre celebrata alla presenza delle autorità locali. Poi il silenzio…dettato soprattutto dal terribile periodo della seconda guerra mondiale.

Poi ancora silenzio… quasi come quei morti fossero stati dimenticati…

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UN’ASSOCIAZIONE PER RICORDARE

Ma grazie all’interessamento dell’Alliance Franco-Italienne e dell’associazione “Ricordate” di Vicdessos ed Auzat, nelle giornate del 23 e 24 marzo 2003 è stato dato degno riconoscimento agli operai morti sul lavoro nell’immane tragedia dell’Izourt. L’organizzazione francese ha chiamato nella valle dell’Ariège i famigliari delle vittime e gli amministratori dei rispettivi comuni e delle province di provenienza.

LA NOSTRA PARTECIPAZIONE

La risposta italiana è stata ammirevole. A Vicdessos della nostra realtà bellunese erano presenti il presidente della provincia Oscar De Bona, il sindaco di Santa Giustina Ennio Vigne accompagnato dal suo assessore, l’assessore del comune di Sedico Enrico De Salvador; il comune di Quero è stato rappresentato dall’assessore Alberto Coppe e dal consigliere Sereno Mondin.

Assieme a noi era presente anche la figlia dello scomparso Primo Mondin: la signora Daniela Romilda, sorella di Lino Mondin, deceduto da qualche mese dopo essere stato ospite della locale Casa di Riposo e conosciuto a Santa Maria per l’attività di pastore, svolta per tanti anni.

L’ospitalità degli amici francesi è stata eccezionale, i Sindaci dei comuni di Auzat e Vicdessos, i rappresentanti dell’associazione “Ricordate” e tutti i cittadini ci hanno accolto con il cuore, aprendoci le porte di casa e accompagnandoci in alta montagna sui luoghi del disastro.

VISITA AI LUOGHI

Abbiamo potuto vedere la diga di Izourt, e lì vicino le baracche scampate al disastro ed i resti di quelle che 64 anni fa furono sommerse dalla slavina. Una piccola croce in cemento ricorda lassù, a 1.645 metri di altezza, le vittime sul lavoro. Successivamente abbiamo partecipato ad una toccante cerimonia presso la centrale idroelettrica di Pradières.

LA COMMEMORAZIONE

Il giorno successivo sono stati ricordati tutti questi nostri emigranti morti sul lavoro con una solenne Santa Messa celebrata dal Vescovo dell’Ariège, successivamente al piccolo cimitero di Vicdessos è stata inaugurata una grande lapide marmorea che raccoglie i nomi dei 30 operai morti nella catastrofe dell’Izourt e che riposano da 64 anni in terra francese.

I NOSTRI EMIGRANTI

Tra i presenti alla cerimonia anche alcuni nostri concittadini che da tanti anni risiedono nei comuni francesi di Vicdessos, Azuat e Tarascon: Giovanni e Teresa Specia figli di Attilio Specia provenienti da Schievenin e Teresina Mondin.

Giovanni, a Vicdessos, è stata la nostra preziosa guida, parla ancora bene il dialetto bellunese e da queste pagine manda a tutti i queresi, in particolar modo ai residenti del Borgo Specia di Schievenin, i suoi saluti.

Concludendo posso dire che quella francese è stata una bellissima esperienza, trovarci lontano da casa tra mura amiche, ricordando coloro che hanno lavorato all’estero, sacrificando anche la loro vita: un dovere al quale non potevamo sottrarci.