Nanga Parbat: valanga sopra Unterkircher

 

ISLAMABAD, Pakistan -- Una terribile valanga di ghiaccio in piena parete. Questo lo spettacolo a cui hanno assistito Karl Unterkircher, Walter Nones e Simon Kehrer ai piedi del versante Rakhiot del Nanga Parbat, dove tra pochi giorni hanno intenzione di aprire una nuova via. "La valanga proviene dal mostruoso seracco sommitale" spiega Unterkircher, che ha inviato il video del tremendo spettacolo.


"Avevo già avuto modo di vivere in prima persona all’interno di quella massa bianca contenente miliardi di particelle di neve e ghiaccio che ti copre in pochi secondi di un paio di centimetri, portate da una raffica di vento fortissima - racconta Unterkircher -. Sembra di essere nelle nebbie della Pianura Padana d’inverno, mentre si scatena un temporale da fronte freddo. Solo dopo qualche minuto la nebbia si schiarisce e si dissolve nel nulla come se non fosse successo niente, lasciandoci addosso una spolverata bianca e fredda".

 

"Quella valanga proviene dalla cima - continua l'alpinista -. E' caduta per oltre tremila metri di parete: davvero impressionante. Proviene dal seracco sommitale, che viene spinto costantemente dal ghiacciaio che lassù si estende per due chilometri. Per questo non smetterà mai di scaricare".

 

"La via che vogliamo aprire - spiega ancora Unterkircher - sale più a destra rispetto a dove è caduta la valanga. Dovrebbe essere più sicura, più al riparo dal crollo del seracco. Ma comunque, un fattore rischio esiste".

 

Gli alpinisti attaccheranno la parete Rakhiot tra alcuni giorni. Per ora, si dedicano all'acclimatamento. Nei giorni scorsi hanno salito il South Chongra Peak, 6447 metri, e sono scesi dalla vetta con gli sci esattamente come vogliono fare dal Nanga Parbat. Poi hanno approfittato di qualche giorno di brutto tempo per riposare al campo base. "Siamo sempre solo noi tre - scherza Unterkircher -. Vengono a trovarci soltanto 3 cavalli. Poi ci sono mucche e capre, ma nessun'altra anima viva... non so dove sia, e se esista, un pastore!"

 

Ma la pausa non è durata a lungo. Il gruppo, infatti, è già pronto per una nuova salita.

 

"Domani prevedono bel tempo - racconta Unterkircher - e abbiamo in programma di partire per la nostra seconda salita di acclimatamento. Tenteremo il Chongra Peak, una cima di 6.800 metri qui vicino. Stavolta però non porteremo gli sci, perchè si tratta di una parete molto più ripida. Staremo via circa tre giorni".

 

 

fratelli Messner conquistarono la vetta nel 1970

La montagna "mangiauomini"
decine di morti sul Nanga Parbat

 

La montagna "mangiauomini" decine di morti sul Nanga Parbat

E' LA NONA vetta più alta del mondo il Nanga Parbat, che ha inghiottito Karl Unterkircher. E una delle più mortali. Ottomilacentoventicinque metri di altezza: il suo nome significa "montagna nuda" in lingua urdu. Ma gli sherpa pakistani la chiamano la "montagna mangiauomini".

Un'ardua salita. Il Nanga Parbat, in Pakistan, è difficile da scalare. E la lista delle persone che hanno perso la vita su questa cima si allunga sempre di più. Nella schiera delle vette da ottomila metri ha uno degli indici di mortalità più alti (intorno al 30%): su circa duecento persone che l'hanno scalata, sono più di sessanta quelli che non sono tornati indietro.

La vetta conquistata. Nel giugno 1970 Reinhold Messner e suo fratello Günther furono i primi a conquistare la vetta dalla parete meridionale, tra le più difficili, e per di più in stile alpino, cioè senza ossigeno e senza portatori. Ma proprio qui, il 29 giugno dello stesso anno, trovò la morte Günther Messner. Dopo aver conquistato la vetta, i fratelli Messner decisero di scendere dalla parete ovest, considerata più agevole. Una volta arrivati alle pendici della montagna, il ventitreenne Günther fu travolto da una valanga e morì. Nell' agosto 2005 fu ritrovata la sua salma.

Disperso a 6mila metri sull’Himalaya Gli amici: «Dobbiamo abbandonarlo»

La montagna «mangiauomini» è anche la montagna del destino. Quella che ha inghiottito Karl Unterkircher a 38 anni, giusto 38 anni dopo essersi portata via la vita di un altro altoatesino, Guenther Messner fratello del celebre Reinhold. Nanga Parbat, dicono le mappe, la nona vetta più alta al mondo con i suoi 8.135 metri. Per gli sherpa, i pastori dell’Himalaya, significa «montagna nuda», ma in cuor loro tutti la chiamano «cima del Diavolo».
Karl Unterkircher, Simon Kehrer e Walter Nones martedì si stavano aprendo una strada sul muro di ghiaccio denominato «Rakhiot», ancora inviolato. Unterkircher, capocordata, stava «battendo traccia» su una costola di neve. Una manovra sbagliata, la superficie che cede improvvisamente, così sarebbe precipitato in un crepaccio a oltre 6mila metri di altitudine. Quando si sono voltati, i compagni lo hanno intravisto già sepolto sotto una profondo strato di neve e ghiaccio. «Purtroppo non ci sono speranze di trovarlo vivo», ammette nel dolore il manager Herbert Mussner. «Questa mattina alle sei (ieri, ndr) mi ha chiamato Simon con il satellitare. Ha raccontato dell’incidente e che Karl era caduto in un burrone. Dicono che hanno provato per tutta la notte a far qualcosa pur di salvarlo. In quelle condizioni, per loro era impossibile recuperare il corpo». Avrebbero fatto in tempo, però, ad afferrare il telefono che Unterkircher portava con sé. Kehrer e Nones hanno quindi proseguito nella loro spedizione. L’arrivo al campo base è previsto tra due o tre giorni al massimo, poi torneranno a valle attraverso un percorso alternativo. «Non possiamo fare dietrofront da dove siamo saliti - avrebbe riferito Nones alla moglie in una convulsa telefonata -. Troppo pericoloso. È stata dura, ma siamo sani e salvi. Adesso siamo fuori dalla seraccata, a circa 6.400 metri di altezza. Dovremo arrivare a oltre 7mila metri e attraversare un ghiacciaio per poter uscire dalla parete. Poi scenderemo dalla via più sicura e più veloce».
Partirà oggi, intanto, da Bergamo la missione in soccorso dei sopravvissuti. Gli alpinisti Silvio Mondinelli - uno dei sei scalatori al mondo ad aver raggiunto le 14 vette più alte della Terra - con Maurizio Gallo è pronto a precipitarsi in Pakistan. Un blitz-lampo coordinato da Agostino Da Polenza, altro alpinista molto esperto. Dovranno affrontare anche loro la maledizione del Nanga Parbat.
Unterkircher, ufficialmente dato per disperso, ma le speranze di trovarlo vivo sono prossime allo zero, lascia la moglie Silke e tre bambini piccoli. Lei difende comunque l’operato dei compagni: «Avranno fatto di tutto per salvarlo. Adesso ci sono poche speranze. Karl era partito il 7 giugno - ricorda -. Era quello che amava fare». Per lo stesso Reinhold Messner «Karl era la nuova star dell’alpinismo. Mi ero complimentato con lui - racconta - per la scalata della parete nord del Gasherbrun, fino ad allora “vergine”. Un’impresa di grande fascino, ma molto pericolosa. Sul Rakhiot è successo qualcosa di tremendo». Solo pochi giorni fa Unterkircher scriveva nel diario: «Sono sdraiato nella tenda e provo a leggere un libro, ma non riesco a concentrarmi perché la mia mente è come posseduta da questa parete di ghiaccio, piena di crepacci. Questa testarda parete del Diavolo mi rende indeciso e scettico. Mi fa paura». Nelle immagini che ha fatto in tempo a mandare su Youtube
resta un sorriso che sa di enigma.

Tragedia sul Nanga Parbat, disperso italiano Unterkircher

il 16/7/2008 16:56:00

Non vi sarebbero più speranze di ritrovare in vita Karl Unterkircher, 38 anni, uno tra i migliori alpinisti italiani, caduto ieri in un crepaccio sul monte Nanga Parbat, in Afghanistan.

La cima, la nona più alta del mondo, è altresì considerata tra le più pericolose. Insieme ai colleghi Walter Nones e Simon Kehrer, l’uomo stava tentando di aprire una strada sul versante inviolato del Rakhiot, lo stesso dove trentotto anni fa, nel 197’ morì in un analogo incidente Gunther Messner, nel corso di una difficile traversata con il fratello.

Per una notte intera Kehrer e Nones hanno tentato con tutti i mezzi di soccorrere Unterkircher, poi, costretti dal maltempo, hanno dovuto continuare la traversata, per non mettere a rischio ulteriormente le loro stesse vite. I soccorsi, a causa dell’altitudine e della conseguente rarefazione dell’aria, sono pressoché impossibili. Non è possibile infatti nemmeno utilizzare degli elicotteri.

L’incidente è avvenuto ieri mentre il gruppo stava attraversando una costola di neve. L’alpinista italiano era impegnato nella tracciatura quando improvvisamente la costola di neve è crollata sotto i suoi piedi facendolo cadere nel crepaccio, dove è stato ricoperto dalla neve. Per essere definitivamente in salvo i due alpinisti superstiti dovranno arrivare fino a settemila metri di quota ed uscire dalla parete nella quale si trovano. Con molta probabilità saranno necessari dei giorni, a seconda delle condizioni meteorologiche e delle difficoltà tecniche alle quali la coppia di scalatori saranno sottoposti.

Solo pochi giorni fa, in una email inviata tramite il suo telefono satellitare, Unterkircher aveva manifestato la sua paura per le “scariche di ghiaccio”. Aveva aggiunto inoltre che arrivati al punto in cui si trovavano, l’unica cosa da fare per evitare imprevisti sarebbe stata la rinuncia al progetto. “Mica ci tireremo indietro adesso” si chiedeva.

"Sono le scariche di ghiaccio che mi fanno paura", aveva scritto pochi giorni fa Unterkircher in una email inviata via telefono satellitare dal campo base. "La cosa migliore per evitare veramente sgradevoli imprevisti, sarebbe rinunciare al progetto. Finora però tutto è andato bene, mica ci tireremo indietro adesso?", aveva aggiunto.

La notizia dell’incidente ha raggiunto questa mattina alle 6 il manager di Karl. “Mi ha chiamato Simon”, ha riferito Herbert Mussner, “dicendo che Karl era caduto in un crepaccio e che il suo corpo era coperto di neve. La tragedia è ormai triste realtà, non ci sono più speranze".

Unterkircher lascia una moglie e tre figli. “Certamente hanno fatto di tutto per salvarlo”, ha commentato la moglie Silke. “Purtroppo, per quello che so, ci sono pochissime speranze. Karl era partito il 7 giugno... Era quello che amava fare...".

 

Precipitato alpinista Unterkircher

 

L'italiano stava scalando Nanga Parbat

 

L'alpinista altoatesino Karl Unterkircher è caduto in un crepaccio sul Nanga Parbat (8.125 m) in Pakistan. Lo ha comunicato il suo compagno di cordata, Simon Kehrer. Unterkircher è precipitato durante la scalata della parete Rakhiot. Le speranze di recuperare l'alpinista di 38 anni sono quasi nulle. "Il suo corpo è ricoperto di neve, difficile raggiungerlo", hanno detto i partecipanti alla scalata.

 

Walter Nones e Simon Kehrer hanno poi deciso di continuare la scalata. "Tornare a valle per la stessa via è impossibile", ha detto Herbert Mussner, il manager di Karl Unterkircher. "Alle 6 di questa mattina - ha detto Mussner - mi ha chiamato Simon dicendo che Karl era caduto in un crepaccio e che il suo corpo era coperto di neve". Vista l'impossibilità di recuperarlo con i mezzi a disposizione Nones e Kehrer hanno deciso di proseguire con la scalata".

"Sono le scariche di ghiaccio che mi fanno paura", aveva scritto pochi giorni fa Unterkircher in una email inviata via telefono satellitare dal campo base. "La cosa migliore per evitare veramente sgradevoli imprevisti, sarebbe rinunciare al progetto. Fin'ora però tutto è andato bene, mica ci tireremo indietro adesso?", aveva aggiunto.

Unterkircher, Walter Nones e Simon Kehrer volevano aprire una via ancora inviolata sulla parete Rakhiot. Il Nanga Parbat (8.125 m) è considerata una montagna particolarmente difficile. Qui nel 1970 morì Guenther Messner durante una drammatica attraversata con il fratello Reinhold.

Unterkircher, che nel 2004 scalò Everest e K2 in una sola stagione, negli ultimi anni si è dedicato alle cime e alle pareti inviolate. Ha così scalato in prima assoluta il Mount Genyen (un seimila in Cina), lo Jasemba (un settemila in Nepal in compagnia di Hans Kammerlander) e la parete Nord del Gasherbrum 2.