Alpinisti sul Nanga
Parbat fermi a 7000 metri
lunedì, 21 luglio 2008 3.08
|
Sono fermi a quota 7000 metri a causa di
una tormenta, ma stanno bene i due alpinisti italiani bloccati sul Nanga
Parabat, in Pakistan, a pochi giorni dalla caduta in un crepaccio
del loro compagno Karl Unterkircher.E' quanto si legge oggi sul sito di informazione
Montagna.tv.Walter Nones e
Simon Kehrer, si legge sul portale, hanno contattato
il campo base, dicendo di stare bene e di avere con loro viveri e gas.In seguito ad alcune difficoltà di orientamento
provocate da una tormenta, i due alpinisti si trovano ora sul ghiacciaio Bazin,
lungo la via di Hermann Buhl che seguiranno per la discesa, dove hanno deciso di passare
la notte in attesa di un miglioramento delle condizioni meteo prima di intraprendere
il percorso di rientro.Secondo le ultime informazioni, risalenti
a poche ore fa, la tormenta non si è ancora placata, ma nel luogo in cui si
trovano i due alpinisti ci sono pochi centimetri di neve, il che riduce di
molto l'eventuale pericolo di valanghe. Alle 12:30 ora italiana, dice Montagna.tv, il tempo era in peggioramento anche al campo
base."Siamo tutti in fiduciosa attesa, conoscendo
bene le doti alpinistiche di Simon e Walter e le loro capacità tecniche, dimostrate
anche da queste scelte di prudenza", ha detto a Montagna.tv il presidente del Comitato EvK2Cnr Agostino Da
Polenza.Il Nanga Parbat
- chiamato anche Montagna-killer - è la nona cima
più alta del mondo. Il suo nome in Urdu significa Montagna Nuda.La cima di 8.126 metri si trova nella parte
occidentale della catena himalayana ed è stata conquistata per la prima volta
dal tedesco German Buhl,
nel 1953. Trentuno persone sono morte tentando di scalarla.La notizia della caduta in un crepaccio di
Unterkircher, alpinista altoatesino impegnato in
una scalata sulla parete Rakhiot insieme ai due
compagni, è arrivata mercoledì scorso.L'alpinista, famoso per le scalate estreme,
stava percorrendo una via nuova sul Nanga Parbat,
quando è precipitato in un crepaccio. E' apparso subito chiaro che era impossibile
salvarlo. Dalle ricostruzioni pare che l'incidente sia avvenuto martedì, quando
la costola di neve dove Unterkircher stava battendo
traccia sarebbe improvvisamente crollata sotto ai suoi piedi, facendolo precipitare
in un crepaccio poco sopra i 6.000 metri.
La tormenta ferma gli alpinisti
Un’altra notte a 7000 metri
Walter
Nones e Simon Kehrer, insieme a
Karl Unterkircher, nelle scorse settimane avevano
pianificato - nei limiti consentiti da situazioni che, come hanno dimostrato
i fatti, possono ribaltare completamente le carte in tavola - una discesa
con gli sci da alpinismo, come già è stato fatto tante altre volte nella storia.
Una volta raggiunta la vetta salendo dalla parete più ripida, i tre sarebbero
scesi da quella più dolce che permette, almeno parzialmente, l’uso di questi
sci particolari (che niente hanno a che vedere con quelli da pista usati dai
turisti) alternato alle calate in corda doppia.
La perdita di Unterkircher durante la delicatissima
fase di superamento del grande seracco ha costretto il carabiniere di Cavalese e la guida alpina di San Vigilio
di Marebbe a cambiare i piani, convincendoli della
necessità di un ritorno immediato a fronte di un quadro psicologico divenuto
decisamente più difficile che si aggiungeva ai rischi e alle difficoltà oggettive
della scalata. La discesa con gli sci ora, per Walter e Simon, potrebbe costituire
uno strumento in più per tornare velocemente mentre le energie sono, comprensibilmente,
in calo. «Dopo l’incidente e il primo bivacco sulla parete Rakhiot
- precisa Agostino Da Polenza che coordina le operazioni di soccorso dall’Italia
- Walter e Simon si sono spostati, in traverso, in direzione della parete
Rupal. Una volta incrociata la via tra le due pareti da cui
lo scalatore austriaco Hermann Buhl raggiunse per
primo al mondo la vetta del Nanga nel 1953, hanno
cominciato a scendere. Ieri però le condizioni meteorologiche, secondo quanto
previsto, sono peggiorate al punto da rendere imprudente il proseguimento.
Naturalmente si sperava che la visibilità si mantenesse sufficiente ma così
non è stato». Chi conosce l’alta montagna sa bene che quando il tempo si chiude
anche l’itinerario più banale diventa irriconoscibile. Persino i sentieri
tracciati sulle Alpi talvolta sono di difficile individuazione. Figuriamoci
lassù, a 7000 metri, su una via che tale è nella proiezione fatta dagli uomini,
mentre sul terreno ci sono solo rocce, neve e ghiaccio.
Il bivacco di domenica di Walter Nones e Simon Kehrer, quando ancora le condizioni meteo erano buone, si
è reso necessario per non spingere troppo oltre il limite, dopo molte ore
trascorse insonni, con lo stress psicologico di un dramma alle spalle, accaduto
proprio al capo spedizione, cioè all’alpinista più esperto, quello su cui,
nell’indecisione o nelle difficoltà, ci si appoggia. Certo, Nones
nel 2004 era già stato sul K2 insieme a Karl, senza ossigeno, mostrando grandi
doti naturali di resistenza e capacità tecniche di progressione sul terreno
degli ottomila (il Nanga dalla parete Rakhiot, così come il K2, è una montagna tecnicamente più
impegnativa della media), ma ciò non toglie che la situazione attuale sia
unica. Come forse ogni situazione in montagna a suo modo lo è.
Il meteo non sembra presentare grossi spiragli per le prossime ore. Quel che
più conta è, da un lato che non ci siano precipitazioni abbondanti che possono
esporre i due alpinisti al rischio di valanghe, dall’altro che la discesa,
in condizioni di visibilità ridotta, sia effettuata con grande circospezione
per evitare i crepacci che, con le nuvole e il bianco abbacinante della neve,
si mimetizzano molto bene. «Walter mi ha detto che intendono procedere pian
piano - conclude Da Polenza - per non restare immobili
e intrappolati in quota. In questo modo dovrebbero riuscire ad avvicinarsi
al campo base».
I due alpinisti che lottano contro la tormenta costretti a fermarsi dopo
qualche centinaio di metri
I due alpinisti di nuovo bloccati:
"Siamo a 6600 metri, c'è la nebbia"
PAKISTAN
22/07/2008
E' una lotta contro i propri limiti e contro la forza
della natura quella che stanno combattendo Walter Nones
e Simon Kehrer.
Il fisico e la mente dei due sono sempre più provati. E, in
queste ore, si trovano a fronteggiare un Himalaya cheintenzionato
a mostrare il lato più estremo del suo volto.
Walter e Simon hanno trascorso la notte a quota 7000, dove, al calar del buio,
erano stati costretti a fermarsi. Si sono addormentati in una piccola tenda
da campoinsidiata da una violentatormenta
cheli ha messi alla prova sin dalle prime luci dell'alba.
Raffiche intense, con la neve che taglia i volti degli alpinistie
la nebbia che avvolge la vetta e le pareti di ghiaccio.- "Siamo a 6.600
metri, c'é di nuovo la nebbia, dobbiamo fermarci di nuovo" ha detto ai
soccorritori Walter Nones dal Nanga
Parbat.
Nones e Simon Kehrer questa
mattina, sono riusciti a scendere di circa quattrocento metri, ma ora sono
di nuovo bloccati per il maltempo e la scarsa visibilità
Di prima mattina Simon e Walter hanno chiamato con il telefono satellitare
Maurizio Gallo, che dal campo base si occupa dei soccorsi coordinati a Bergamo
dall'equipe di Agostino Da Polenza: ''Stiamo bene
e siamo abbastanza in forma'' hanno detto.
Orientarsi, però, circondati da un muro divento e neve, è molto complicato.
Successivamente i due sono riusciti a procedere un pò
nel loro cammino, coprendo però in tutta la giornata poche centinaia di metri
prima di decidere di allestire un nuovo bivacco nel quale trascorrere la notte.
''I due - ha detto Da Polenza - mostrano di saper
decidere con lucidità, avendo preferito trascorrere un'altra notte in quota
piuttosto che affrontare una discesa che, con la bufera, avrebbe potuto rivelarsi
particolarmente pericolosa''.
A complicare decisamente le cose, la mancanza del Gps, abbandonato in precedenza
allo scopo di alleggerire il più possibile il fardello da portare in quota.
E così, ora, gli alpinisti debbono procedere a vista e debbono giocoforza
fermarsi quando la visibilitàè scarsa, anche perchè
le pareti e le selle tra le quali si snoda il loro percorso presentano numerose
insidie, tra cui innumerevoli crepacci, troppo simili a quello che ha inghiottito
Karl Unterkircher. A proteggere gli italiani dalla
tormenta c'e' una tendina che li isola dall'ambiente esterno e dalle temperature
che la notte possono raggiungere i -14 gradi.
L’ODISSEA
DEL NANGA PARBAT - Kehrer e Nones sono bloccati a quota 7.000 in attesa di un miglioramento del tempo
Tempesta di
neve, discesa rimandata
Davide Pasquali
Impossibile il sorvolo di
ricognizione ma proseguono i contatti via telefono satellitare
L’ultima chiamata dell’alpinista trentino:
«Vogliamo arrivare almeno al deposito, ma qui non si vede nulla»
Vogliamo arrivare almeno al campo deposito,
ma scendiamo piano, perché oggi non si vedeva niente». Questa l’ultima chiamata
con il telefono satellitare effettuata da Walter Nones
ieri - poco dopo le 21 ora locale - al coordinatore della spedizione di soccorso,
Agostino Da Polenza. Gli alpinisti sono bloccati
a 7mila metri di quota per via di una tormenta, ma sono parsi lucidi e prudenti.
Hanno precisato di star bene e di voler procedere con calma, senza correre
rischi. Probabilmente, sci ai piedi.
La giornata di ieri, la settima trascorsa in quota dall’altoatesino Simon
Kehrer e dal trentino Walter Nones,
è iniziata prestissimo, al Nanga Parbat. Anche per
i soccorritori, Maurizio Gallo e Silvio «Gnaro»
Mondinelli.
La prevista ricognizione in elicottero, ieri mattina, è stata sospesa per
scarsa visibilità, causa cielo coperto e fitta pioggia. Gallo e Mondinelli sono allora andati a piedi al campo base avanzato,
a poco più di cinquemila metri, alla base della parete Rakhiot, dalla quale i due alpinisti sono usciti nella giornata
di sabato. Assieme a Mondinelli e Gallo, due portatori
d’alta quota con tutto il necessario.
Scopo della ricognizione aerea doveva essere l’individuazione della precisa
linea di discesa dei due sopravvissuti alla tragedia di martedì, quando ha
perso la vita il loro capocordata, il trentottenne Karl Unterkircher.
Perché conoscendo l’esatta traiettoria di discesa, si potrebbe salire loro
incontro per aiutarli. Il ghiacciaio su cui i due hanno detto di aver intenzione
di scendere, lungo la via aperta dal tirolese Hermann Buhl durante la prima ascensione assoluta della montagna,
nel 1953, è molto ampio e complesso. Soprattutto, è molto crepacciato,
quindi scegliere una linea il più lontana possibile dai pericoli è quanto
mai opportuno. La ricognizione area si ritenterà comunque quest’oggi, tempo
permettendo.
Intanto, Simon e Walter ieri si sono fatti sentire con un paio di telefonate,
in tarda mattinata e al tramonto. Hanno detto di trovarsi in mezzo a una tormenta,
che ha causato loro discrete difficoltà di orientamento. Ieri pomeriggio hanno
quindi deciso di bivaccare presso i cosiddetti Denti d’argento, sul ghiacciaio
Bazhin, all’inizio della cresta da percorrersi in
discesa. Così hanno piantato la tenda, e saggiamente hanno deciso di attendere
un miglioramento del tempo. Viveri e gas per sciogliere la neve fortunatamente
non mancano loro. E la tormenta non ha portato troppa neve, soltanto qualche
centimetro.
Il coordinatore della spedizione di soccorso, il bergamasco Agostino Da Polenza, si è detto dunque assai fiducioso, anche perché Walter
e Simon hanno dimostrato notevoli capacità tecniche, riuscendo a portare a
termine la nuova via nella parte centrale (ancora inaccessa) della Rakhiot. Se il tempo dovesse dunque migliorare, oggi i due
dovrebbero scendere fino al campo deposito, a 6.500 metri. Sci ai piedi.