Valanga sul traverso: morti 7 alpinisti

2008-08-03 16:05

 

ISLAMABAD, Pakistan -- Prima il crollo di un seracco, che ha spazzato via le corde fisse. Poi una valanga, che ha travolto e ucciso 7 alpinisti che stavano bivaccando nella neve. Sarebbe questa la tragica successione dei fatti accaduti ieri notte a 8.300 metri, sul K2. L'agghiacciante racconto arriva dalla voce degli alpinisti coreani sopravvissuti alla strage, che sono appena giunti a campo avanzato e hanno informato Mario Panzeri dell'accaduto e del fatto che Marco Confortola passerà probabilmente la notte a campo 2.


"Erano circa le otto del mattino - hanno raccontato i coreani a Mario Panzeri -. Stavamo tutti bivaccando nei pressi del traverso, cercando di capire come scendere dopo che il crollo del seracco aveva portato via le corde fisse. Improvvisamente un boato, poi la valanga... proprio sopra gli alpinisti. Ne ha portati via sette. Sono morti tutti".

E' ancora più terrificante del previsto, la sequenza dei fatti accaduti nella maledetta notte tra l'1 e il 2 agosto sul K2. A raccontarlo, sono gli alpinisti coreani che si trovavano lassù, e che si sono miracolosamente salvati come Marco Confortola e pochi altri fortunati.

"Marco Confortola si trovava 15 metri più a sinistra del punto dove si è staccata la valanga - hanno detto i coreani -. Il distacco lo ha schivato per miracolo. Si è salvato perchè era all'estremità del traverso".

I coreani sono arrivati poco dopo le 19, ora pakistana, al campo avanzato. Anche loro, come Confortola, erano partiti questa mattina da campo 4 e sono scesi lungo lo sperone Abruzzi.

"Marco era più indietro di noi - hanno detto - si era fermato a campo 2 con i portatori che lo accompagnavano e un altro alpinista. Probabilmente loro si fermeranno lì per la notte e riprenderanno il cammino domattina all'alba".

Panzeri, dopo aver raccolto la testimonianza dei coreani, ha immediatamente informato Agostino Da Polenza che dall'Italia sta seguendo la vicenda e coordinando l'emergenza in accordo con l'Unità di Crisi del Ministero degli Esteri e l'Ambasciata italiana in Pakistan.

"Mario mi ha detto che domani mattina da campo 1 saliranno un americano e uno sherpa - racconta Da Polenza -. Andranno incontro a Marco e agli altri per dar loro una mano". Intanto, gli elicotteri restano allerta, pronti a decollare appena sarà possibile il recupero.

Intanto, al centro di soccorso del campo base, si cerca di ricostruire con precisione cosa sia accaduto lassù per capire quante persone siano ancora disperse. Dopo il racconto dei coreani, il bilancio di morti e dispersi, potrebbe anche essere più grave di quello già terribile di questa mattina, che parlava di 9 deceduti e 4 alpinisti spariti nel nulla.

Secondo quanto riferito dalle agenzie di stampa francese, sotto la valanga di cui si è appena avuta notizia sarebbero morti sicuramente tre sud coreani e due nepalesi. Forse anche il norvegese Rolf Bae che - sempre secondo i fancesi - sarebbe stato travolto sotto gli occhi della moglie Cecilie Skog arrivata invece al campo base nelle ore scorse.
 
Ma è ancora troppo presto per tracciare un bilancio definitivo di questi tragici giorni. Non esistono infatti informazioni ufficiali sull'identità degli alpinisti che mancano all'appello e la dinamica degli incidenti accaduti ieri, riferiti da fonti diverse in momenti diversi, non è ancora stata chiarita.
 

Sara Sottocornola

La tragedia sul K2
provocata da una valanga

E' stata una valanga, caduta poco sopra il "traverso", a circa 8.300 metri di quota, a provocare ieri mattina la morte di sette tra alpinisti e portatori sulle pendici sommitali del K2.

Erano fermi, uno dietro l'altro, a 8.300 metri di quota, studiando come affrontare un tratto impegnativo dopo che la caduta di un seracco aveva spazzato via le corde fisse, unica assicurazione per la discesa fino al campo 4. In quel momento un valanga staccatasi poco più in alto, sui pendii sommitali del K2, li ha travolti e scaraventati in mezzo alle rocce e ai ghiacci centinaia di metri più in basso. Così ieri mattina, verso le 8, sopra il "traverso", sono morti sette dei 13 alpinisti di cui non si hanno più notizie da oltre 36 ore sulla seconda montagna più alta della Terra. L'italiano Marco Confortola se l'è cavata per una questione di metri: si trovava a poca distanza, in una buca dove ha trascorso la notte con il capospedizione olandese, Wilco van Rooijen, ed ha visto sfilargli accanto la slavina. A spiegare i fatti sono stati alcuni alpinisti sudcoreani, giunti oggi pomeriggio al campo base avanzato, che hanno assistito alla tragica scena. Il loro racconto apre uno squarcio di luce su una vicenda che ha ancora troppi tratti oscuri. A cominciare dalla domanda, per ora senza risposta, di perché tanti scalatori, anche esperti come Confortola, abbiano continuato a salire anche quando si devono essere resi conto che non sarebbe rimasto il tempo per una discesa in sicurezza. Per fare chiarezza, però, occorrerà attendere domani quando molti superstiti arriveranno al campo base con il loro pesante fardello di dolore, sofferenza e "fantasmi". Confortola oggi è riuscito a scendere e si trova ora a campo 2, dove trascorrerà la notte. I problemi al braccio (soffre di un principio di congelamento) gli hanno impedito di procedere più velocemente verso valle. "Sto bene" ha comunque rassicurato via radio il compagno di cordata, il bresciano Roberto Manni, che dal campo base partecipa all'organizzazione dei soccorsi. Per aiutarlo sono saliti sulla montagna anche Mario Panzeri e Daniele Nardi, reduci dalla scalata del Broad Peak. Con il loro aiuto e quello dei portatori domani mattina l'"ironman" di Santa Caterina Valfurva proseguirà sulla via del rientro. Ad attenderlo potrebbe esserci un elicottero per il trasporto fino ad Islamabad: il comitato Everest-K2-Cnr, in collaborazione con l'Unità di crisi della Farnesina e con l'ambasciata italiana in Pakistan, sta organizzando il trasferimento. Come era più che prevedibile, il bilancio della tragedia sul K2 oggi si è ancora aggravato: la stima ufficiosa è di 9 morti (tre sudcoreani, due nepalesi, un serbo, un norvegese, un irlandese, un pachistano) e quattro dispersi (un francese, un pachistano, un austriaco e uno sconosciuto), per i quali le speranze di essere ritrovati ancora in vita sono ridotte al lumicino. Nel frattempo emergono i primi particolari. Oltre alla caduta fatale del serbo Dren Madic durante la salita, c'è da aggiungere quella del norvegese Rolf Bae. Entrambi, così come l'irlandese Gerard McDonnell, erano giunti nel Karakorum con un sogno nello zaino: essere i primi dei rispettivi paesi a scalare il K2. Sogno che non hanno fatto in tempo a cullare prima che si trasformasse in incubo. Di nessuno dei tre si hanno più notizie. La scorsa notte è stato invece ritrovato Wilco van Rooijen, che stava scendendo lungo la via Cesen, a fianco della via "classica" dello Sperone Abruzzi. I compagni di spedizione lo hanno accompagnato in tenda a campo 3: esausto, con principi di congelamento, ma in condizioni non preoccupanti. Per i superstiti la giornata di oggi è stata un'ulteriore, durissima, prova: agganciati alle corde fisse, con problemi di congelamento alle mani e ai piedi, aiutati dai portatori, dai campi alti sono scesi come formiche lungo la montagna. Qualcuno è già arrivato al campo base dove ha trovato un sostegno fisico e psicologico. Come l'affascinante norvegese Cecilie Skog, che sul K2 ha visto morire il marito Rolf Bae. E a piangere oggi sono anche le mogli dei quattro portatori, due sherpa nepalesi e due baltì pachistani, scomparsi a oltre 8.000 metri di quota. Sono gli unici che non scalavano per passione ma per lavoro. Un lavoro pagato poche decine di dollari. "Prima di partire per l'Himalaya o il Karakorum - osserva Fausto De Stefani, sesto uomo a scalare tutti e 14 gli Ottomila della Terra - ogni alpinista dovrebbe chiedersi se è in grado di affrontare una situazione difficile da solo, senza portatori baltì o hunza: se la risposta è negativa, allora è meglio restare a casa".

 

TRAGICA SCALATA AL K2

Ritrovato un disperso, undici morti
"Gli alpinisti travolti da una valanga"

L'italiano Confortola è in discesa, è in discrete condizioni fisiche. In salvo il capospedizione olandese, malgrado il principio  di congelamento ai piedi. All'appello mancano ancora quattro persone

 

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Aosta, 3 agosto 2008 - Si aggrava il bilancio della tragica scalata sulla seconda vetta del mondo, ma le notizie sulle vittime e i dispersi non sono chiare: secondo l'alpinista norvegese Fredrik Strang, 31 anni, i morti sarebbero undici, mentre per l'alpinista bresciano Roberto Manni, che si trova al campo base del K2 ed è in costante collegamento con Agostino Da Polenza che sta coordinando l'emergenza, i morti rimangono 9 e 4 i dispersi.

 L'alpinista valtellinese Marco Confortola intanto sta raggiungendo il campo 2, mentre gli elicotteri sono pronti al decollo per effettuare eventuali recuperi appena possibile, scrive "Montagna-tv", che segue passo passo la vicenda da ieri.Strang, intervistato dal quotidiano svedese Aftonbladet, ha raccontato come durante la difficile discesa del "Collo di bottiglia", una guida pachistana sia precipitata e che per poco non lo trascinava con sè.

 Tra le vittime si contano inoltre il serbo Dren Mandic e quattro sherpa. Tra gli alpinisti dispersi l'irlandese Gerard McDonnell, 37 anni, che puntava a scalare per primo la vetta per il suo paese; nessuna notizia anche del norvegese Rolf Bae e del francese Hugues d'Aubarede.

 Un alpinista basco, che è riuscito a salvarsi, Alberto Zerain, ha raccontato ai giornalisti che la spedizione internazionale era composta da 18 persone e che ci sono stati problemi nella discesa. Tra gli scalatori c'erano coreani, pachistani, nepalesi, un olandese (il capo spedizione Wilco van Rooijen) e un italiano, Confortola, ormai quasi in salvo. Ma i dettagli non sono chiari.

 Durante la salita due giorni fa decedute due persone, un alpinista serbo e uno coreano. Ieri mattina gli scalatori hanno intrapreso una difficilissima discesa senza corde fisse, travolte dalla caduta del seracco, al traverso del Collo di bottiglia, a oltre 8.200 metri di altezza.

 Il celebre alpinista Reinhold Messner ha dichiarato alla Bbc che la situazione è "molto critica" e che le persone che non hanno ancora disceso il "Collo di bottiglia", potrebbero essere costretti a discendere lungo il versante cinese.

 E' stato ritrovato uno dei dispersi: il capospedizione olandese, Wilco van Rooijen, che ieri sera era stato notato grazie alla luce della sua pila frontale mentre scendeva tra campo 4 e campo 3 sulla via Cesen, a fianco allo Sperone Abruzzi. I suoi compagni lo hanno portato in tenda, a campo 3. E' esausto, ha principi di congelamento ai piedi, ma non è in condizioni preoccupanti.

 LA DINAMICA

Prima il crollo di un seracco, che ha spazzato via le corde fisse. Poi una valanga, che ha travolto e ucciso 7 alpinisti che stavano bivaccando nella neve. Sarebbe questa la tragica successione dei fatti accaduti nella notte tra venerdì e sabato a 8.300 metri, sul K2.

L'agghiacciante racconto arriva dalla voce degli alpinisti coreani sopravvissuti alla strage, che sono appena giunti a campo avanzato e hanno informato Mario Panzeri dell'accaduto e del fatto che Marco Confortola passerà probabilmente la notte a campo 2, si legge sul sito di montagna.tv.

 "Erano circa le otto del mattino - hanno raccontato i coreani a Mario Panzeri - Stavamo tutti bivaccando nei pressi del traverso, cercando di capire come scendere dopo che il crollo del seracco aveva portato via le corde fisse. Improvvisamente un boato, poi la valanga... proprio sopra gli alpinisti. Ne ha portati via sette. Sono morti tutti".

 "Marco Confortola si trovava 15 metri più a sinistra del punto dove si è staccata la valanga - hanno riferito ancora - Il distacco lo ha schivato per miracolo. Si è salvato perchè era all'estremità del traverso". I coreani sono arrivati poco dopo le 19, ora pachistana, al campo avanzato. Anche loro, come Confortola, sono partiti questa mattina da campo 4 e sono scesi lungo lo sperone Abruzzi.

ALPINISMO: K2; VALANGA KILLER SULLA VIA DEL RITORNO / ANSA
BILANCIO: 9 MORTI E 4 DISPERSI; CONFORTOLA DOMANI A CAMPO BASE

(di Enrico Marcoz) (ANSA) - AOSTA, 3 AGO - Erano fermi, uno dietro l'altro, a 8.300 metri di quota, studiando come affrontare un tratto impegnativo dopo che la caduta di un seracco aveva spazzato via le corde fisse, unica assicurazione per la discesa fino al campo 4. In quel momento un valanga staccatasi poco più in alto, sui pendii sommitali del K2, li ha travolti e scaraventati in mezzo alle rocce e ai ghiacci centinaia di metri più in basso.

Così ieri mattina, verso le 8, sopra il 'traverso', sono morti sette dei 13 alpinisti di cui non si hanno più notizie da oltre 36 ore sulla seconda montagna più alta della Terra. L'italiano Marco Confortola se l'é cavata per una questione di metri: si trovava a poca distanza, in una buca dove ha trascorso la notte con il capospedizione olandese, Wilco van Rooijen, ed ha visto sfilargli accanto la slavina. A spiegare i fatti sono stati alcuni alpinisti sudcoreani, giunti oggi pomeriggio al campo base avanzato, che hanno assistito alla tragica scena. Il loro racconto apre uno squarcio di luce su una vicenda che ha ancora troppi tratti oscuri. A cominciare dalla domanda, per ora senza risposta, di perché tanti scalatori, anche esperti come Confortola, abbiano continuato a salire anche quando si devono essere resi conto che non sarebbe rimasto il tempo per una discesa in sicurezza. Per fare chiarezza, però, occorrerà attendere domani quando molti superstiti arriveranno al campo base con il loro pesante fardello di dolore, sofferenza e 'fantasmi'.

Confortola oggi è riuscito a scendere e si trova ora a campo 2, dove trascorrerà la notte. I problemi al braccio (soffre di un principio di congelamento) gli hanno impedito di procedere più velocemente verso valle. "Sto bene" ha comunque rassicurato via radio il compagno di cordata, il bresciano Roberto Manni, che dal campo base partecipa all'organizzazione dei soccorsi. Per aiutarlo sono saliti sulla montagna anche Mario Panzeri e Daniele Nardi, reduci dalla scalata del Broad Peak. Con il loro aiuto e quello dei portatori domani mattina l"ironman'di Santa Caterina Valfurva proseguirà sulla via del rientro. Ad attenderlo potrebbe esserci un elicottero per il trasporto fino ad Islamabad: il comitato Everest-K2-Cnr, in collaborazione con l'Unità di crisi della Farnesina e con l'ambasciata italiana in Pakistan, sta organizzando il trasferimento.

Come era più che prevedibile, il bilancio della tragedia sul K2 oggi si è ancora aggravato: la stima ufficiosa è di 9 morti (tre sudcoreani, due nepalesi, un serbo, un norvegese, un irlandese, un pachistano) e quattro dispersi (un francese, un pachistano, un austriaco e uno sconosciuto), per i quali le speranze di essere ritrovati ancora in vita sono ridotte al lumicino. Nel frattempo emergono i primi particolari. Oltre alla caduta fatale del serbo Dren Madic durante la salita, c'é da aggiungere quella del norvegese Rolf Bae. Entrambi, così come l'irlandese Gerard McDonnell, erano giunti nel Karakorum con un sogno nello zaino: essere i primi dei rispettivi paesi a scalare il K2. Sogno che non hanno fatto in tempo a cullare prima che si trasformasse in incubo. Di nessuno dei tre si hanno più notizie.

La scorsa notte è stato invece ritrovato Wilco van Rooijen, che stava scendendo lungo la via Cesen, a fianco della via 'classica' dello Sperone Abruzzi. I compagni di spedizione lo hanno accompagnato in tenda a campo 3: esausto, con principi di congelamento, ma in condizioni non preoccupanti. Per i superstiti la giornata di oggi è stata un'ulteriore, durissima, prova: agganciati alle corde fisse, con problemi di congelamento alle mani e ai piedi, aiutati dai portatori, dai campi alti sono scesi come formiche lungo la montagna. Qualcuno è già arrivato al campo base dove ha trovato un sostegno fisico e psicologico. Come l'affascinante norvegese Cecilie Skog, che sul K2 ha visto morire il marito Rolf Bae.

E a piangere oggi sono anche le mogli dei quattro portatori, due sherpa nepalesi e due baltì pachistani, scomparsi a oltre 8.000 metri di quota. Sono gli unici che non scalavano per passione ma per lavoro. Un lavoro pagato poche decine di dollari. "Prima di partire per l'Himalaya o il Karakorum - osserva Fausto De Stefani, sesto uomo a scalare tutti e 14 gli Ottomila della Terra - ogni alpinista dovrebbe chiedersi se è in grado di affrontare una situazione difficile da solo, senza portatori baltì o hunza: se la risposta è negativa, allora è meglio restare a casa".

 

La teloefonata dell'alpinista italiano sopravvissuto

«Un buco nella neve, così sono vivo»

Marco Confortola dalla vetta: ce l'ho fatta, ho costruito un bivacco

·      K2, si aggrava il bilancio: morti 9 alpinisti 4 i dispersi, recuperato il capo spedizione
(3 agosto 2008)

MILANO — Non c'è spazio per i sentimenti lassù a 8.300 metri, aggrappati ai pendii vertiginosi del Collo di Bottiglia. «Sto bene, è dura, fa molto freddo, ho scavato un buco nella neve, mi arrangerò a bivaccare », urla Marco Confortola, l'«Ironman» della Valtellina, nel satellitare. Seguono discorsi sulle corde fisse strappate dal crollo del seracco, sulle condizioni della parete, sui congelamenti. Nella telefonata con Agostino Da Polenza si parla solo di questioni tecniche, perché ad esse è affidata la sopravvivenza alle quote estreme da cui l'uomo deve fuggire. «Non gli ho neppure chiesto se ce l'aveva fatta a conquistare la vetta», confessa Da Polenza, che sa cosa significhi trovarsi sul K2, avendo raggiunto a sua volta la cima nel 1983. «Quando in alta quota c'è vento di tragedia e i numeri sono quelli che stanno emergendo in queste ore, ciò che conta è sopravvivere».

Dopo la performance di Walter Nones e Simon Kehrer sul Nanga Parbat, quello che ha fatto Confortola sul K2 è una nuova conferma dell'altissimo livello del nostro alpinismo himalayano. Lo scenario è lo stesso del 1954, quando anche a Bonatti toccò bivaccare senza tenda e senza ossigeno a oltre ottomila metri. Il K2 è così: parti per l'assalto finale alla vetta, ovviamente con il minor peso possibile. Scalare il misto del Collo di Bottiglia, compiere il delicatissimo traverso sotto il seracco da cui ad ogni istante possono staccarsi blocchi di ghiaccio e puntare per ripidissimi pendii verso la vetta a oltre 8.000 metri richiede un impegno disumano. Ma Confortola ce l'ha fatta. L'impresa di Marco è il frutto di una attenta preparazione che lo ha già portato a calcare le vette di cinque 8.000 himalayani.

Nato 37 anni fa in Valfurva, presso Bormio, Confortola ha respirato il fascino delle vette fin da quando in prima elementare fu spedito a fare il pastore fra le cime di casa. A 19 anni ha deciso che il suo vero lavoro doveva essere la montagna e si è iscritto ai corsi di guida alpina e di maestro di sci. Per cinque anni è stato la più giovane guida alpina italiana. Parallelamente ha accumulato imprese di polso, realizzando le discese in sci delle pareti di ghiaccio più impegnative delle Alpi centrali. Nel 2004 è entrato in contatto con Agostino Da Polenza in occasione della spedizione gemella all'Everest e al K2 per celebrare il cinquantennale dell'ascensione italiana alla seconda montagna della terra.

In quell'occasione insieme a Karl Unterkircher ha conquistato la vetta dell'Everest. L'anno dopo è in forma splendida. In 7 ore e 45 minuti scala una dopo l'altra le pareti nord di Ortles, Gran Zebrù, Piccolo Zebrù e Tresero. Poi parte per l'Himalaya e conquista lo Shisha Pangma 8.017 metri. Nel 2006 raggiunge l'altra cima dello Shisha Pangma e l'Annapurna, 8.091 metri, mentre nel 2007 sale il Broad Peak, 8047 metri, e il Cho Oyu, 8200 metri, quest'ultimo in 26 ore dal campo base alla cima. Quest'anno insieme a Mondinelli e a Enzio, Confortola ha fatto parte della squadra che ha montato a 8000 metri la più alta stazione meteorologica del mondo nell'ambito del progetto Share Everest, promosso da Agostino da Polenza e dal Comitato Ev-K2-Cnr. «Confortola è uno dei più entusiasti del nostro team — commenta Da Polenza —. Quando stavamo partendo dal campo base dell'Everest, guardava verso la nostra stazione e ripeteva: «Abbiamo fatto qualcosa di grande, quella stazione rimarrà per tanti anni e renderà un servizio prezioso a tutti».

Franco Brevini
03 agosto 2008