"Così ho visto morire quattro amici"

Il racconto del gestore del rifugio Jervis sulla valanga in val Pellice

di Dario Mongiello

 

Roberto Boulard, 51 anni, da oltre 30 anni è il gestore, insieme a Matteo Giaime, del rifugio alpino Willy Jervis, nel piano della Conca del Prà, a 1732 metri in alta Val Pellice. Ieri pomeriggio ha visto morire i 4 alpinisti travolti da una valanga sulla parete Bersaias. Ha dato l´allarme preoccupato perché era trascorso troppo tempo da quando avevano lasciato il rifugio per raggiungere la vetta.

«Sono partiti con i ramponi ai piedi e gli sci sugli zaini. Una volta raggiunta la cima della montagna sarebbero poi dovuti scendere con gli sci. Stiamo parlando di sci estremo, non erano degli sprovveduti».

Quel tipo di escursione è particolarmente pericoloso?
«Per degli esperti come loro quattro no. E´ una salita con pendenze di 45, 50 gradi. Per raggiungere quella cima non c´è un itinerario preciso. Decidi di volta in volta dove passare».

Quando li ha visti l´ultima volta?
«Sabato pomeriggio stavo andando via dal rifugio e loro invece stavano salendo. Ci siamo fermati a parlare come sempre ma non mi avevano detto quale tipo di escursione intendevano fare. Ieri mattina sono risalito al rifugio e il mio socio mi ha informato che erano partiti verso le sette e che volevano raggiungere il Bersaias».

Qualcuno li ha visti precipitare?
«No, nessuno. Sono stato io ad allarmarmi nel primo pomeriggio poiché non avevo ricevuto da loro nessuna chiamata. Erano in possesso di una radio trasmittente ed era una abitudine consolidata tra noi che una volta raggiunta la meta si chiama il rifugio. Erano degli amici e lo facevano sempre. Con il binocolo ho trovato le loro tracce sulla neve che si perdevano dietro un canalone. Era passato troppo tempo, secondo la mia esperienza ed in base alla loro bravura dovevano raggiungere la cima verso mezzo giorno. Poi mi sono raggelato quando ho notato un distacco a monte del loro percorso di una placca vento. Ho allertato subito il soccorso Alpino e mi sono incamminato verso il luogo della tragedia. Purtroppo il mio timore era vero. Il distacco di neve accumulata dal vento li aveva travolti»
Come può essere successo?
«I ragazzi si trovavano a circa 150 metri dalla vetta. Quella placca vento li ha travolti e li ha fatti precipitare. In quel punto c´è un muro verticale di circa 200 metri e poi un altro salto di circa 300 metri. Sono precipitati per oltre 500 metri. Non c´è stata nessuna slavina. Sono stati colpiti da questa placca che li ha fatti precipitare nel vuoto. In quel punto ci sono dei muri ripidissimi. Non c´è via di scampo. Ho perduto degli amici».