Nel paese ancora isolato dal resto della valle. Solo la prontezza dei soccorsi e la fortuna hanno evitato vittime

Valanga a Ceresole. «Sepolti nelle case da un muro di neve

http://www.cronacaqui.it/images_db/323/0032237.jpgTORINO 19/12/2008 - Non nevica più a Ceresole Reale, ma il pallido sole che si affaccia dalle nubi non è segno di speranza, bensì porta con sé una paura ancora più grande: le valanghe. Come quella che ha travolto, martedì nel primo pomeriggio, alcune case a pochi metri dal municipio nel centro del paese.

Già, perché dopo tre giorni di abbondanti nevicate, cominciate nella notte di sabato, che hanno sepolto l’Alta Valle Orco sotto una coltre di più di tre metri di neve, ieri è stata la prima giornata di cielo sereno. I soccorritori ne hanno approfittato e l’intera valle Orco è mobilitata. A cominciare da Pont Canavese, dove negli scorsi giorni è stata creata l’unità di crisi per coordinare la protezione civile, e dove ieri sono decollati gli elicotteri dei vigili del fuoco e carabinieri per portare viveri, medicinali, legna e generatori a Pianprato, in Val Soana, e al rifugio Mila, in Valle Orco sopra a Ceresole, dove si trovano le persone sfollate negli scorsi giorni dalle frazioni più isolate, circa una quarantina in tutto.

Da Noasca, invece, la strada per Ceresole Reale è bloccata, da qui in su passano solo i mezzi di soccorso. A Ceresole Reale ci sono tutti: Aib, vigili del fuoco, carabinieri, forestale, protezione civile, guardiaparco e volontari, tutti uniti per cercare di rendere meno pesante l’isolamento del paese, nel tentativo di riportare la situazione alla normalità nel più breve tempo possibile. «Erano decenni che non nevicava così tanto - spiega il primo cittadino di Ceresole Reale, Renzo Bruno Mattiet - soprattutto così presto. Temiamo che non sia finita. Ora, poi, con l’innalzarsi delle temperature arriva il momento peggiore, quello di slavine e valanghe. Stiamo all’erta e monitoriamo l’intera montagna».

Una valanga si è abbattuta, martedì, spazzando chalet e automezzi, ma fortunatamente non ha fatto vittime, lasciando sepolte tante case, molte disabitate, ed il cimitero. Tra le persone coinvolte c’è il parroco don Dario Bertone, cosa è successo? «Mi trovavo in parrocchia, ho sentito un sibilo e un vento gelido, mi sono trovato l’edificio avvolto dalla neve, sono riuscito ad uscire grazie anche all’aiuto dei soccorritori». Non è andata così bene ad Alessandra Masino: «Erano le 13.23, mio marito Rolando era appena rientrato per pranzo, in un attimo la casa è stata sepolta fino al primo piano dalla neve. Quando siamo usciti ci siamo accorti che tutti i mezzi della ditta di escavazioni di mio marito erano stati portati via dalla valanga, un danno incalcolabile e ora rischia anche la nostra casa con il carico di neve che incombe, nessuno può toglierla dicono, perché il rischio di valanghe è alto e non possono intervenire». L’allerta è ancora al secondo grado e gli uomini intervengono solo per soccorrere le persone, mentre per edifici e mezzi si attende il rientro dell’emergenza.

Abituato alla situazione estrema è, invece, Oreste Negretti, 79 anni, che in passato ha visto anche di peggio: «Nel ’72, verso febbraio, era venuta anche più neve, più di quattro metri. Noi vecchi montanari ceresolini siamo abituati a queste emergenze, in autunno faccio le scorte, e anche se resto isolato non mi manca nulla anche per resistere diversi giorni. In questo caso comunque i soccorritori non ci hanno mai davvero lasciati soli».

Davide Petrizzelli