Nel paese ancora
isolato dal resto della valle. Solo la prontezza dei soccorsi e la fortuna
hanno evitato vittime
Valanga a Ceresole. «Sepolti nelle case da un muro di
neve
TORINO 19/12/2008 - Non nevica più a
Ceresole Reale, ma il pallido sole che si affaccia dalle nubi non è segno di
speranza, bensì porta con sé una paura ancora più grande: le valanghe. Come
quella che ha travolto, martedì nel primo pomeriggio, alcune case a pochi metri
dal municipio nel centro del paese.
Già, perché dopo tre giorni di abbondanti nevicate, cominciate nella notte di
sabato, che hanno sepolto l’Alta Valle Orco sotto una coltre di più di tre
metri di neve, ieri è stata la prima giornata di cielo sereno. I soccorritori
ne hanno approfittato e l’intera valle Orco è mobilitata. A cominciare da Pont
Canavese, dove negli scorsi giorni è stata creata l’unità di crisi per
coordinare la protezione civile, e dove ieri sono decollati gli elicotteri dei
vigili del fuoco e carabinieri per portare viveri, medicinali, legna e
generatori a Pianprato, in Val Soana, e al rifugio Mila, in Valle Orco sopra a
Ceresole, dove si trovano le persone sfollate negli scorsi giorni dalle
frazioni più isolate, circa una quarantina in tutto.
Da Noasca, invece, la strada per Ceresole Reale è bloccata, da qui in su
passano solo i mezzi di soccorso. A Ceresole Reale ci sono tutti: Aib, vigili
del fuoco, carabinieri, forestale, protezione civile, guardiaparco e volontari,
tutti uniti per cercare di rendere meno pesante l’isolamento del paese, nel
tentativo di riportare la situazione alla normalità nel più breve tempo
possibile. «Erano decenni che non nevicava così tanto - spiega il primo
cittadino di Ceresole Reale, Renzo Bruno Mattiet - soprattutto così presto.
Temiamo che non sia finita. Ora, poi, con l’innalzarsi delle temperature arriva
il momento peggiore, quello di slavine e valanghe. Stiamo all’erta e
monitoriamo l’intera montagna».
Una valanga si è abbattuta, martedì, spazzando chalet e automezzi, ma
fortunatamente non ha fatto vittime, lasciando sepolte tante case, molte
disabitate, ed il cimitero. Tra le persone coinvolte c’è il parroco don Dario
Bertone, cosa è successo? «Mi trovavo in parrocchia, ho sentito un sibilo e un
vento gelido, mi sono trovato l’edificio avvolto dalla neve, sono riuscito ad
uscire grazie anche all’aiuto dei soccorritori». Non è andata così bene ad
Alessandra Masino: «Erano le 13.23, mio marito Rolando era appena rientrato per
pranzo, in un attimo la casa è stata sepolta fino al primo piano dalla neve.
Quando siamo usciti ci siamo accorti che tutti i mezzi della ditta di
escavazioni di mio marito erano stati portati via dalla valanga, un danno
incalcolabile e ora rischia anche la nostra casa con il carico di neve che
incombe, nessuno può toglierla dicono, perché il rischio di valanghe è alto e
non possono intervenire». L’allerta è ancora al secondo grado e gli uomini
intervengono solo per soccorrere le persone, mentre per edifici e mezzi si
attende il rientro dell’emergenza.
Abituato alla situazione estrema è, invece, Oreste Negretti, 79 anni, che in
passato ha visto anche di peggio: «Nel ’72, verso febbraio, era venuta anche
più neve, più di quattro metri. Noi vecchi montanari ceresolini siamo abituati
a queste emergenze, in autunno faccio le scorte, e anche se resto isolato non
mi manca nulla anche per resistere diversi giorni. In questo caso comunque i
soccorritori non ci hanno mai davvero lasciati soli».
Davide Petrizzelli