Cuore «congelato»
sotto la slavina
Ai «Riuniti» gli salvano la vita
La sua passione per la montagna ha rischiato di costargli la vita, ma la
storia di Fabrizio Roveda – grazie alla tenacia dei
soccorritori, alla professionalità dei medici e anche a una serie di felici
coincidenze – ha un lieto fine. Passerà il Natale a casa, a pochi giorni dal
gravissimo incidente occorsogli domenica 14 dicembre sulla cresta Cermenati nella Grigna
Meridionale, a quota 1700 m.
Lo stesso Roveda ricorda così quei momenti: “Ero solo
e il tempo non era bello; improvvisamente, senza neanche rendermene conto, mi
sono trovato a camminare su una cresta instabile. In un attimo ho cominciato a
cadere verso il basso, con il ghiaccio e la neve”.
Roveda, 64 anni di Rho (MI),
è un alpinista esperto, voleva provare la sua nuova picozza
e non si è fatto scoraggiare dal maltempo. Mentre cammina sulla cresta viene
travolto da una slavina, dalla quale riesce a riemergere almeno con la testa.
Altri due escursionisti lo aiutano a liberarsi completamente e insieme provano
a raggiungere il fondo valle. Le condizioni meteorologiche però sono proibitive
e l’elisoccorso del 118 di Bergamo, che ha ricevuto una chiamata alle 12.07,
non può decollare. Viene inviata una squadra del Soccorso Alpino, con un
medico.
La temperatura è bassa, i vestiti dell’uomo sono bagnati per il prolungato
contatto con la neve e continua a nevicare. Dopo aver percorso un tratto della
discesa, Roveda – che ha riportato un grave trauma
alla testa e ferite alla spalla e alla mano - progressivamente perde i sensi,
vinto dalla fatica e dal freddo. Quando viene raggiunto dagli uomini del
Soccorso Alpino, lo adagiano su una barella per il trasporto sulla neve e lo
trainano a spalla verso valle. Il medico del Soccorso Alpino sa che l'emergenza
non è finita: comincia la corsa contro il tempo perché il freddo potrebbe
causare un arresto cardiaco. Occorre arrivare nel più breve tempo possibile in
un Centro in grado di connettere il paziente alla macchina per la circolazione
extracorporea: per la Lombardia questo centro è Bergamo. Secondo un protocollo
regionale complesso e delicato da applicare, i pazienti affetti da ipotermia
severa vengono indirizzati presso gli Ospedali Riuniti di Bergamo, dove
un’équipe composta da medico Rianimatore, Cardiochirurgo, tecnico Perfusionista e personale infermieristico di sala
operatoria è in grado di connettere il paziente alla macchina della
circolazione extra-corporea. L’obiettivo è di riscaldare progressivamente il
paziente fino a una temperatura alla quale il cuore possa riprendere a battere
e nel frattempo vicariare le funzioni vitali
compromesse.
Gli uomini del Soccorso Alpino riescono a portare Roveda
fino a un punto in cui può raggiungerlo l'elicottero del 118 di Como, mentre la
Centrale operativa del 118 di Lecco è impegnata ad allertare i Riuniti. Proprio
all’arrivo dell’elisoccorso il cuore di Roveda si
ferma e il rianimatore comincia il massaggio cardiaco che continuerà fino
all'arrivo a Bergamo e fino all'avvio della circolazione extracorporea.
L’escursionista ferito arriva agli Ospedali Riuniti alle 15.30 con una
temperatura corporea di 22°. In sala operatoria lo aspettano i cardiochirurghi
Domenico Giordano e Michele Triggiani. Mentre questi
incidono lo sterno, l’anestesista rianimatore Franco Ferri continua a
massaggiare il cuore fermo del paziente. Giordano e Triggiani
arrivano al cuore e posizionano le cannule per la circolazione extracorporea.
Il tecnico di perfusione Claudio Bertocchi inizia la fase di assistenza
cardiaca e di riscaldamento del paziente. Sono fasi di grande concitazione che
hanno richiesto grande concentrazione da parte di tutta l’équipe, che
comprendeva anche l’anestesista Giovanni Di Dedda e
sull’infermiere Antonio Iadeluca.
Quando la temperatura corporea risale a 28°C,
il cuore riprende a battere e si accende in tutto il team un barlume di
speranza. Oggi, dopo una decina di giorni trascorsi nella Terapia Intensiva Cardiochirurgica degli Ospedali Riuniti di Bergamo, Roveda respira spontaneamente e sarà dimesso a ore (forse
anche oggi pomeriggio).
“E’ stato un grande lavoro di èquipe – spiega Luca Lorini,
Direttore del Dipartimento di Anestesia e Rianimazione - eseguito alla
perfezione: tutte le manovre sono state eseguite correttamente, portando a
questo straordinario risultato: un paziente in perfetta salute, che non avrà
conseguenze in futuro. Ha ancora dei traumi, una clavicola e delle costole
rotte, ma presto potrà tornare a camminare in montagna. L’eccezionalità di
questo caso sta nel fatto che il paziente è rimasto in arresto cardiaco per più
di 2 ore, contro i normali 90 minuti che sono il tempo massimo entro cui si può
sperare di recuperare un paziente in arresto cardicao”.
Paolo Ferrazzi, Direttore del Dipartimento
Cardiovascolare, è altrettanto soddisfatto: “Sono questi i casi che
ricompensano maggiormente noi medici. Si tratta di un risultato che è frutto di
lunghi mesi di lavoro per stendere minuziosi protocolli operativi per evitare
interventi che possano danneggiare il cervello del paziente, ad esempio con procedure
di riscaldamento affrettate. Alla scienza però in questo caso vanno aggiunti il
cuore, la tenacia e il senso di responsabilità che hanno guidato tutti coloro
che sono stati coinvolti nella catena dei soccorsi”.
Il Direttore Generale dei Riuniti Carlo Bonometti
commenta: “E’ un esempio di come funziona la sanità in Lombardia. Hanno
lavorato insieme con grande generosità ed efficienza gli uomini del Soccorso
Alpino, tre centrali del 118 (Lecco, Bergamo – cooordinata
dal dott. Oliviero Valoti - e Como), il personale
sanitario del Pronto Soccorso, della Sala Operatoria di Cardiochirurgia e della
Terapia Intensiva degli Ospedali Riuniti di Bergamo”.
Tocca al Direttore Sanitario dei Riuniti Claudio Sileo
spiegare perché il paziente sia stato trasportato proprio a Bergamo: “Il nostro
ospedale è centro di riferimento per questo tipo di incidenti. Mettendo a
frutto l’esperienza di 40 anni di Cardiochirurgia ad altissimi livelli, è stato
chiesto ai Riuniti di stilare un protocollo operativo tra il nostro 118, i 118
regionali e la neonata azienda Areu, il Dipartimento
Cardiovascolare e il Dipartimento di Anestesia e Rianimazione del nostro
ospedale”.
Il brutto incidente non ha fatto perdere a Roveda la
voglia di andare in montagna. “Nella sfortuna, sono stato molto, molto
fortunato. Tornerò ancora in montagna, ma non ci andrò più da solo e farò
percorsi meno impegnativi e meno rischiosi. La montagna ti dà moltissimi
stimoli ma è anche traditrice, può costarti la vita”.