Camoscio travolto da una slavina salvato da pastore
di PARIDE DIOLI



2009-01-24

— PIATEDA —
VOLEVA SALVARE DALLA VALANGA una delle capre del suo gregge, ma si è accorto con stupore che si trattava di un camoscio maschio di quasi tre anni. Dopo averlo estratto dalla massa nevosa, l’ha portato a casa e l’ha accudito per una ventina di giorni, quindi l’ha liberato. Protagonista di questa storia a lieto fine un pastore della Val Venina, il signor Ambrogio (lo chiamiamo così per evitargli guai burocratici) che si trovava nella zona a Capodanno per cercare, non senza fatica, di recuperare il suo gregge. Se non che, ad un certo punto, dal versante si è staccata una valanga che ha oscurato il cielo con una grande nube di neve polverizzata. Nella concitazione del momento ha temuto per le sue capre, vedendo che il resto del gregge doveva esserne uscito indenne, mentre un animale era rimasto sepolto con le zampe all’insù. Giunto sul posto è riuscito ad estrarlo non senza fatica, fin che si è accorto che si trattava di un camoscio. Preso da pietà, lo ha avvolto in una coperta e l’ha portato a casa, nella stalla.
«Era praticamente sotto shock - racconta Ambrogio - perché questi animali selvatici soffrono terribilmente lo stress e possono anche morire di paura. Perciò, come prima cosa, gli ho coperto gli occhi per evitargli di vedermi e di reagire in maniera scomposta e dannosa per sé stesso. Ho cercato di mettere in pratica l’esperienza acquisita con le capre, che comunque mantengono molti caratteri selvatici nel comportamento. Nella stalla dove l’ho ricoverato, gli ho messo accanto una capretta femmina delle stesse dimensioni e, dopo i primi giorni in cui ha sempre rifiutato il cibo, alla fine, senza farmi vedere direttamente, ho incominciato a dargli del pane e poi del fieno, come se fosse un’altra delle mie capre. Ho osservato una cosa che non mai avrei immaginato: quando gli tendevo la mano, continuava ad annusarla e credo proprio che abbia riconosciuto l’odore di chi l’ha salvato dalla valanga, perché ha presto accettato il cibo, ma solo dalle mie mani. E così, dopo averlo rimesso in sesto, ieri l’altro ho deciso di riportarlo di nuovo tra i suoi boschi, nella stessa zona dove l’avevo trovato. E così è tornato in libertà».