ALTRE NOTIZIE DALL’ALTO ADIGE

una slavina che mancava da due anni
Il blocco dei collegamenti si è allentato solo nella serata di ieri


MERANO. E' durato 24 ore il totale isolamento di Solda causato da una valanga abbattutasi domenica pomeriggio sulla strada che la unisce a Gomagoi. Una slavina che ha provocato disagi limitati e che, fortunatamente, non ha toccato né persone né abitazioni. Alle 16 di domenica il primo distacco di parte della massa nevosa, tre ore dopo il cedimento totale che ha provocato un fronte alto 4/5 metri e lungo parecchie decine di metri ad ostruire totalmente la strada.
Una valanga nota, quella caduta in località Unterthurn a Solda di Fuori, anche se mancava all'...appello da due anni. Fra i conoscitori della zona e dei movimenti nevosi, invece, meraviglia l'anticipo con cui è scesa quest'anno, visto che normalmente lo smottamento di neve in quel punto avveniva verso marzo-aprile. Le abbondanti precipitazioni unite agli sbalzi termici notevoli di queste ultime settimane, hanno evidentemente reso instabile lo strato di neve che attorno a Solda è nell'ordine dei due metri determinando l'anticipata caduta della valanga, scaricatasi in un canalone brullo che si affaccia sulla strada dopo i primi due ripidi tornanti.
A Solda, l'interruzione dei collegamenti stradali non ha creato particolari problemi. Il ricambio di ospiti in alberghi e pensioni era già avvenuto nella giornata di sabato e il cielo imbronciato aveva tenuto lontano dalle piste i tradizionali sciatori della domenica per cui ben pochi sono rimasti forzatamente intrappolati o non hanno potuto rientrare ai piedi dell'Ortles.
«In simili evenienze - spiegano all'ufficio turistico di Solda - un eventuale ospite rimasto bloccato gode di un supplemento di vacanza spesato sino alla riapertura dei collegamenti. A Solda, le settimane bianche sono già partite alla grande e i 3.500 posti letto per turisti sono per due terzi occupati».
Sul fronte della valanga, sin dal mattino ieri si sono mosse ruspe e fresatrici e nelle prime ore del pomeriggio, seppur fra due vertiginosi muri di neve, il collegamento era di nuovo garantito anche se non ufficialmente.

 

MERANO

mercoledì 10 gennaio 2001



Val Senales. La morte del giovane snowboarder travolto da una slavina mentre sciava fuoripista
Leggerezza pagata a caro prezzo
I due turisti avevano ignorato ogni invito alla prudenza


MASO CORTO. E' ritornato il sole, ieri, a rallegrare il popolo dello sci ma in Val Senales più che i capricci climatici nelle discussioni teneva banco la disgrazia a dir poco assurda che lunedì pomeriggio è costata la vita ad un giovane turista tedesco e che ha mandato all'ospedale il suo quasi coetaneo amico americano, a sua volta residente in Germania, travolti da una valanga da loro provocata.
Intanto nella giornata di ieri è stato dimesso dall'ospedale «Tappeiner» dov'era stato ricoverato, Andy Fuller, il ragazzo americano rimasto coinvolto nella caduta della valanga e sempre nella tarda serata di ieri è stato ascoltato dai carabinieri di Certosa che indagano sull'accaduto. I due giovani, Alexander Paul Heck e Andy Fuller erano arrivati durante la mattinata da Garmisch e prima ancora di trovare una sistemazione per la notte avevano calzato rispettivamente snowboard e sci ai piedi. Quindi la risalita verso Malga Lazaun e l'incredibile decisione di abbandonare le piste battute per affrontare un canalone scosceso e la neve fresca. Una discesa impossibile, nelle condizioni climatiche di questi giorni, tant'è che i due hanno provocato la valanga che ha ucciso per politrauma Alexander Heck e ferito l'americano.
I soccorsi sono arrivati con la massima tempestività, coordinati dalla guardia di finanza e dai carabinieri di Certosa con intervento di unità cinofile, Alpenverein e Corpo nazionale soccorso alpino.
La disgrazia, seguita nelle operazioni di recupero dai numerosi sciatori che frequentano Maso Corto, ha suscitato profonda impressione anche se non sono mancate parole di censura sul comportamento dei due giovani amici. Il pericolo di valanghe non era assolutamente da sottovalutare, il tempo non prometteva niente di buono e le precipitazioni dei giorni precedenti avevano accumulato ulteriore neve su strati precedenti ancora instabili, tant'è che il livello di pericolo di valanghe era quasi al massimo. Appare inspiegabile, pertanto, la scelta di tuffarsi in un fuoripista per di più con quelle pendenze vertiginose in un canalone che si è purtroppo rivelato una trappola mortale.

mercoledì 10 gennaio 2001



Il pericolo di valanghe resta altissimo
Appello del Centro antivalanghe di Arabba
«Per carità, evitate di andare fuoripista»
Pale pieghevoli sonde ed "Arva" per stare tranquilli

v.f.

BOLZANO. In tutto l'Alto Adige, dopo giorni di pioggia, è tornato a splendere il sole. Le temperature in quota si sono abbassate favorendo il consolidamento degli strati nevosi. Il pericolo valanghe resta comunque elevato su tutti i pendii esposti e soprattutto nella zona occidentale della provincia. Lo sci fuori pista viene sconsigliato per evitare che si ripeta la tragedia di Senales.
Lungo la parte centrale ed orientale della cresta di confine, nel gruppo dell'Ortles, del Cevedale e nell'alta Val d'Ultimo il pericolo di valanghe è forte e marcato e rimane di grado «4». I pericoli maggiori si possono trovare su tutti i pendii ripidi, di tutte le esposizioni, sopra i 1900 metri. Le vie di comunicazione esposte, gli impianti e le piste da sci potrebbero essere interessate, infatti, da valanghe spontanee. «Le misure di precauzione - spiega il dottor Francesco Sommavilla, dirigente del Centro antivalanghe di Arabba, sono assolutamente necessarie». Sul resto del territorio il pericolo di valanghe a lastroni è marcato e di grado «3». I punti più pericolosi rimangono i pendii ripidi in prossimità delle creste ed i pendii carichi di neve trasportata dal vento ed esposti da ovest a nord e sopra i duemila metri di quota. «Sotto i duemila metri - spiega Sommavilla - la pioggia caduta sulla massa nevosa ha compattato di fatto gli strati rendendo meno probabile la caduta di valanghe. Diversa la situazione alle quote più alte, dove la neve caduta nelle ultime ore, ha provocato valanghe che noi chiamiano a "lastroni" o di superficie. Quando parliamo di livello «3» - continua Sommavilla - intendiamo dire che il distacco di masse nevose è possibile anche con un debole sovraccarico sui pendii ripidi e che in alcune situazioni sono possibili valanghe spontanee di media grandezza e, in singoli casi, anche di grosse dimensioni. Il livello «4» è ritenuto forte. Il distacco in questi casi è possibile anche in presenza di un sovraccarico debole». Il dirigente del Centro antivalanghe di Arabba lancia un appello a tutti gli appassionati di fuoripista. «Nel caso in cui il pericolo di valanghe sia 3 o 4, consiglio i fanatici di lasciar stare, assolutamente, il fuoripista. Perdere una settimana in fondo non è niente. Hanno tutta la vita davanti per potersi divertire. In questi giorni l'azzardo e la superficialità possono costare. Eccome». Cosa consiglia agli irriducibili? «Lo so, non c'è una legge che vieta di sciare, ma li prego di non andare fuoripista, di seguire le indicazioni e di leggere i bollettini delle valanghe. Evitare le disgrazie, oggi, si può. Consiglio innanzitutto di scegliere un percorso meno pericoloso di altri, di non muoversi mai da soli, di portare con sé una pala pieghevole e la sonda cercapersone oltre, ovviamente, all'Arva. Una sorta di apparecchio ricetrasmittente che si allaccia al torace e che emette dei segnali. In caso di necessità, se per sfortuna, lo scialpinista dovesse rimanere sotto una valanga, l'Arva può evidenziare la sua posizione ai soccorritori e salvargli così la vita. A volte bastano pochi minuti».
Negli ultimi anni il pericolo di valanghe è aumentato? «Assolutamente no. Direi che è sempre lo stesso. Ma oggi siamo più informati, abbiamo le tecnologie e possiamo evitare il peggio. Mi sento di dire con tranquillità che il rischio non è più accettabile. Certo, ne vedo di tutti i colori e sento con le mie orecchie la gente fare spallucce in caso di pericolo perché tanto c'è il soccorso alpino. Certo, il Soccorso c'è e lavora bene, ma ricordatevi - conclude - recupera anche dei morti».


STUDIO
Tra 10 anni
meno neve
sotto i 1500

di Ezio Danieli

BOLZANO. Uno studio dell'Università di Vienna sul futuro meteorologico delle Alpi prevede che fra 10 anni non nevicherà più, in maniera abbondante, al di sotto dei 1.500 metri di quota. L'esito di questa ricerca venne presentato poco più di un anno fa. Gli operatori turistici nostrani, ed in particolare gli esercenti degli impianti a fune, si misero a ridere. Ora - in mancanza di neve proprio sotto i 1700 metri e con temperature che non consentono certo di far funzionare gli impianti per l'innevamento artificiale - qualche pensierino a quello studio viene fatto. Fino alla scorsa stagione invernale le maggiori preoccupazioni, in mancanza di neve naturale, erano causate dalla penuria d'acqua nei bacini di raccolta. Quest'anno invece i bacini sono stracolmi. Il problema è che i «cannoni» sono fermi: impossibile «sparare» perché la temperatura, salvo poche eccezioni notturne, non è ancora scesa sotto lo zero che è il limite minimo per azionare questi impianti. L'uso dei «cannoni» continua ad essere al centro di vivaci polemiche. È della scorsa stagione il grido di allarme lanciato da Sos Dolomites e da Cipra Italia sui danni causati dal prelievo massiccio d'acqua e dall'uso di additivi per avere il manto bianco. «In Alto Adige - spiegano gli ambientalisti - è in vigore una delibera della giunta provinciale che stabilisce quanta acqua si può prelevare per la produzione di neve artificiale; in più bisogna avere un'apposita concessione che viene rilasciata solo in presenza di serbatoi o bacini artificiali realizzati per far funzionare i cannoni. In provincia di Bolzano - a tutt'oggi - gli additivi non vengono usati». Le «armi» della polemica sono pronte. Per ora resta il «calumet» della pace, certo non riposto sotto la neve. E infatti arrivano, puntuali, le lamentele e le suppliche: «Bisogna trattare l'industria dello sci come l'agricoltura, perché entrambe danno quel reddito che evita lo spopolamento delle valli e delle campagne». In parole povere, dateci un po' di soldi «visto e considerato che sia la Provincia di Bolzano che quella di Trento introitano parecchio proprio per merito degli impianti a fune e delle piste da sci».

Passo Gardena? Manca l'esplosivo
La strada interrotta nei giorni scorsi rimane ancora chiusa

di Massimiliano Bona

SELVA GARDENA. I timori espressi dagli addetti alla protezione valanghe della Provincia erano più che fondati: oltre alla slavina caduta nei giorni scorsi a Plan de Frea, nel comune di Selva, sono state rinvenute ieri mattina nel corso di un sopralluogo aereo altre cinque valanghe che hanno invaso la strada che porta a Passo Gardena. L'altra notizia di rilievo concerne le operazioni di sgombero, che non potranno essere effettuate con l'ausilio di materiale esplosivo.
«La Airway di Lasa - conferma Oberschmied dell'ufficio idrografico della Provincia - non ha ancora ottenuto il rinnovo della concessione da parte del ministero e pertanto dovranno essere impiegati gli operai del servizio provinciale».
La concessione in questione quando è scaduta?
«Il 31 dicembre 2000. Il rinnovo è atteso a breve termine, ma in questa circostanza dovremo fare altrimenti. Sicuramente con l'esplosivo sarebbe stato possibile riaprire la strada più rapidamente».
Cosa useranno gli operai al posto dell'esplosivo?
«Frese e probabilmente anche una pachera».
In che condizioni avete trovato la strada che porta a passo Gardena?
«La neve dei giorni scorsi ha prodotto altre cinque slavine, più o meno delle stesse dimensioni della prima, che hanno occupato la strada per trenta-quaranta metri ciascuna. L'altezza varia dai due ai quattro metri. Abbiamo dunque avuto ragione, nei giorni scorsi, a tenere chiusa la strada che porta al Passo. Il rischio, del resto, era molto elevato».
Per ripristinare il collegamento tra Val Gardena e Val Badia sarà necessario attendere ancora tutta la settimana?
«No, non credo. Ma sul tempo esatto non posso pronunciarmi».
Probabilmente un paio di giornate di lavoro dovrebbero essere sufficienti per riportare la situazione vicina alla norma ma nessuno si è preso comunque la responsabilità di formulare previsioni precise, anche perchè le polemiche in corso tra una parte dei gardenesi ed una parte dei badioti sulla riapertura del Passo hanno contribuito ad acuire le incomprensioni. Ad intervento effettuato si tornerà inevitabilmente a parlare di paravalanghe: uno dalla parte di Corvara e l'altro sul territorio comunale di Selva. E le polemiche ricominceranno.

VALDISARCO


mercoledì 10 gennaio 2001





Esercitazione di cani da valanga
Unità cinofile da soccorso della Croce Rossa di Emilia e Veneto
in addestramento sulle nevi del Passo Giovo a duemila metri


VIPITENO. L'esigenza di avere a disposizione unità cinofile operative per la ricerca su valanga non è una prerogativa della zona alpina. Ne sono ben consapevoli i coordinatori delle squadre di protezione civile della zona appenninica del centro-sud che ad ogni stagione invernale si trovano a fare i conti con importanti precipitazioni e con il conseguente elevato pericolo di valanghe. La necessità di incrementare in queste zone il numero dei cani abilitati per l'intervento su valanghe è particolarmente sentita dai responsabili del gruppo unità cinofile da soccorso della Croce Rossa che a tale proposito giorni fa hanno organizzato uno stage informativo e dimostrativo per cani e conduttori. Unità cinofile dell'Emilia Romagna e del Veneto si sono date appuntamento sulle nevi dei 2000 metri di passo Giovo dove, sotto l'attenta regia del referente di specialità Renato Bordon, sono stati spiegati e messi in pratica gli esercizi preliminari per la preparazione del cane alla ricerca di persone sepolte nella neve. Con l'ausilio di due cuccioloni in addestramento presso il gruppo altoatesino, è stata illustrata la fase preliminare consistente nel convincere ed abituare il cane ad entrare fiducioso in una buca. La dimostrazione di tale esercizio è stata eseguita a scopo puramente didattico in quanto le unità cinofile presenti, già operative per ricerca su macerie e superficie, avevano già affrontato e superato in passato tale fase. Per gradi di difficoltà successivi, i cani sono stati dapprima chiamati ad individuare la presenza sotto la neve del proprio conduttore, quindi a ripetere l'esercizio nei confronti del conduttore sepolto insieme con un estraneo, ed infine a cercare il solo estraneo. Si è trattato di una serie d'esercizi propedeutici alla formazione del cane da valanga che tutte le unità presenti hanno superato brillantemente. Sicuramente molti di loro proseguiranno nella fase addestrativa su valanga, seguiti da istruttori qualificati cinofili della Croce Rossa.

BOLZANO

giovedì 11 gennaio 2001



Valanga killer in quota, altro indagato
Per la tragedia della val Senales il superstite finisce sotto processo

di Mario Bertoldi

BOLZANO. La magistratura ha deciso di proseguire con la linea dura nei confronti degli irresponsabili che provocano valanghe. Dopo il caso Kaserer, ora è finito sul registro degli indagati anche l'escursionista americano che l'altro giorno in val Senales si è salvato per un soffio.
A differenza di Kuno Kaserer (la guida alpina di Parcines finita nei guai per un'altra slavina staccatasi in val Senales il 19 novembre scorso), Andy Fuller non è stato arrestato. Le manette non sono scattate probabilmente solo per le condizioni del giovane americano, ricoverato all'ospedale sotto shock dopo la tragedia che ha portato a morire il compagno di escursione. L'inchiesta sulla slavina dell'altro giorno in val Senales è curata dal sostituto procuratore Markus Mayr che non ha avuto alcun dubbio sulla necessità di procedere nei confronti del giovane statunitense (ma domiciliato in Germania) per valanga colposa ed omicidio colposo. Il giovane è dunque chiamato in causa quale responsabile indiretto anche della morte dell'amico, Alexander Paul Heck di 23 anni, rimasto ucciso sotto la massa di neve. Le prime indicazioni giunte al magistrato sembrano lasciare poco spazio alla difesa. La tragedia della val Senales avrebbe potuto essere agevolmente evitata se solo i due escursionisti avessero agito con un pizzico di prudenza, evitando di ignorare tutti i divieti imposti proprio per l'elevato pericolo di slavine. In effetti il giorno della tragedia la situazione era considerata ad alto rischio a seguito delle abbondanti nevicate registrate nei giorni precedenti e la temperatura che aveva fatto segnare un notevole rialzo nei valori medi.
Al sostituto procuratore Markus Mayr gli esperti hanno delineato una situazione ad alto pericolo che sarebbe stata adeguatamente segnalata ma che fu tragicamente sottovalutata dai due amanti dell'alta montagna. Addirittura alcune piste erano state chiuse per pericolo di valanghe a lastroni. Alexander Paul Heck e Andy Fuller non avrebbero però resistito all'idea di avventurarsi sulla neve fresca con lo snowboard, buttandosi all'avventura lungo un pericolosissimo canalone. Un comportamento del tutto irresponsabile - hanno rilevato gli esperti - che avrebbe potuto avere conseguenze addirittura più gravi. Il passaggio dei due snowboarder avrebbe infatti potuto provocare una slavina in grado di raggiungere la zona di Maso Corto con conseguenze imprevedibili. Erano circa le 15 quando i due, arrivati alla stazione a monte della seggiovia, anzichè avviarsi lungo le tracce battute ammesse alla discesa, si sono allontanati in direzione opposta, spostandosi per alcune centinaia di metri, sino ad affacciarsi sil ripidissimo canalone della morte.
Come nel caso di Kuno Kaserer è molto probabile che il processo sia caratterizzato da una serie di valutazioni tecniche sul comportamento dei due escursionisti in relazione proprio alla situazione di elevato pericolo regolarmente segnalata. Il giovane escursionista indagato sarà interrogato nei prossimi giorni.



BOLZANO

giovedì 11 gennaio 2001



Due tecnici sotto la slavina
Salvi per miracolo. Monitoravano lo stato della neve
PASSO GIOVO Tragedia sfiorata nel pomeriggio

v.f.

BOLZANO. Due tecnici della Provincia - che ieri pomeriggio si trovavano a Passo Giovo per effettuare misurazioni sulle condizioni della neve - si sono salvati per miracolo dopo essere stati travolti da una valanga. Si trovavo al Passo e stavano finendo di lavorare quando, verso le cinque del pomeriggio, un movimento brusco provocato forse dagli scarponi che avevano ai piedi o dagli stessi sci, ha messo in movimento una grossa massa di neve che li ha investiti in pieno. «Il fatto - spiega Alberto Covi del Soccorso alpino del Cai di Vipiteno - si è verificato non lontano dal Passo e vicino al luogo dove proprio domenica scorsa era caduta una slavina che aveva bloccato la strada. Qualcuno, ieri pomeriggio, ha visto la valanga staccarsi ed ha dato subito l'allarme al 118». Sono partite immediatamente le squadre del Soccorso alpino del Cai di Vipiteno con due cani da valanga, della Guardia di Finanza con altri due cani da valanga e dell'Alpenverein. «Eravamo a metà strada - continua Covi - quando ci è arrivata una telefonata del 118 che ci avvertiva che i due tecnici della Provincia erano riusciti a liberarsi dalla neve. Molto meglio così. Vista l'ora tarda, se non si fossero salvati da soli, avremmo faticato molto a tirarli fuori». Ma è possibile che tutto questo possa accadere a due esperti che fanno del rilevamento della neve il loro mestiere? «Certo, quando il manto nevoso è così instabile tutto può accadere. L'evento eccezionale non si può mai escludere». Il Servizio di prevenzione valanghe della Provincia lavora con l'ausilio di una fitta rete di stazioni fisse chiamate anche "campi neve" (ce ne sono a Passo Giovo, a Solda, in Valle di Curon, Val Passiria, Valle Aurina e Piz La Villa) che effettuano grazie al lavoro di tecnici esperti e con l'aiuto di speciali sensori ad ultrasuoni un continuo monitoraggio dello stato della neve e del vento. I dati arrivano in tempo reale all'Ufficio idrografico che li elabora e li trasmette attraverso segreteria telefonica e fax (0471/271177 o 270555) ed Internet (www.provincia.bz.it/hydro).



BOLZANO


giovedì 11 gennaio 2001





Il pericolo resta molto alto
Mezzi spartineve al lavoro: oggi riapre Passo Gardena

v.f.

BOLZANO. Sulle montagne dell'Alto Adige il pericolo di valanghe a lastroni resta "marcato grado 3".
I punti rischiosi - secondo i dati forniti dal Servizio di prevenzione valanghe dell'Ufficio idrografico della Provincia - sono i pendii ripidi che si trovano in prossimità di creste di tutte le esposizioni, nonché i pendii caricati con neve "ventata" esposti da ovest a nord fino a sudest oltre i duemila metri di quota. Anche per questo le escursioni sci alpinistiche e le discese fuori dalle piste richiedono una prudente scelta dei percorsi e una buona conoscenza delle valanghe con capacità di valutazione locale. Già con un debole sovraccarico (singola persona) si può provocare - infatti - il distacco di una valanga a lastroni. La neve caduta nei giorni scorsi si è ulteriormente assestata e moderatamente consolidata. «Con i forti venti dell'ultimo fine settimana oltre i duemila metri si sono formati innumerevoli accumuli eolici - spiega Michela Munari, direttrice del Servizio di prevenzione valanghe - che hanno creato uno scarso legame con il manto sottostante e costituiscono il principale pericolo per il distacco di una valanga a lastroni. Sopra i duemila metri di quota l'altezza della neve è sopra la media del periodo mentre più in basso la pioggia ha fortemente ridotto lo spessore della vecchia neve. Ieri i nostri elicotteri si sono alzati in volo per effettuare un sopralluogo. A Solda, in quota, si sono accumulati più di due metri di neve e a Fontana Bianca, in fondo alla Val d'Utimo a tremila metri i nostri esperti hanno rilevato addirittura sei metri di neve: situazioni insolite per questo periodo». Ma come mai il rischio di valanghe resta così elevato? «In pratica sta succedendo che grosse quantità di neve caduta da poco si siano depositate su uno strato vecchio senza però legare bene. E la possibilità che si stacchino dei lastroni si fa sempre più concreta».
Passo Gardena. L'unica strada a livello provinciale ad essere ancora interrotta è quella di passo Gardena, sulla quale ieri hanno lavorato gli operai del locale servizio strade, che fanno capo al geometra Mario Erspamer. «Dopo alcuni giorni di attesa forzata - spiega Erspamer - siamo riusciti ad accedere con i nostri mezzi alla strada che porta al passo e tutto il tratto è stato quasi integralmente sgombrato dalle cinque slavine scese nella zona di Plan de Frea. La situazione fino a poche ore prima era piuttosto critica anche dalla parte di Corvara, dove proprio ieri è stata riaperta la strada. Non appena avremo ultimato le operazioni di sgombero sarà nostra premura informare il sindaco di Selva Gardena Roland Demetz e chiedere l'apertura, che dovrebbe avvenire entro la giornata odierna. Le previsioni meteo sono tra l'altro incoraggianti almeno fino a sabato».
La viabilità. Sono diverse le strade della nostra provincia ancora chiuse per motivi di sicurezza. Oltre allo Stelvio, al Pennes, al Rombo, al passo delle Erbe, allo Stalle che osservano la chiusura invernale, non sono transitabili per pericolo valanghe nemmeno il Passo Giovo (chiuso al chilometro 41), il Passo Pordoi, il Passo Gardena (dal bivio Miramonti), il passo Falzarego chiuso dal versante di Caprile, il Passo Fedaia ed il Passo Valparola. Non è transitabile, infine, anche la provinciale 163 di San Pietro di Funes dal chilometro 6,5 mentre in Val Pusteria, all'altezza del Comune di Braies, la comunale che da Ponticello porta a Prato Piazza è stata chiusa per il pericolo di valanghe. La Centrale viabilità della Provincia fa presente agli automobilisti che tutte le altre vie di montagna ed i passi sono percorribili sono con gomme invernali oppure catene e la Polstrada ricorda comunque prudenza e rispetto dei limiti di velocità. Possibili rallentamenti lungo la statale 42 della Mendola dopo il bivio Merano-Mendola, al chilometro 242 per permettere agli operai di posare delle tubature. In val d'Ega (dal chilometro 3 al 4) è previsto un senso unico alternato dalle ore 8 della mattina alle 12 e dalle 13 alle 17 per permettere ai tecnici di consolidare le rocce. In Val d'Isarco è segnalato un senso unico alternato in Val di Vizze (prima del lago) per lavori in corso, dopo Telves di sotto. Nel Comune di Chiusa è segnalata una deviazione per Pardello per caduta massi.


CORTINA

mercoledì 10 gennaio 2001



E' rischio valanghe
Per eliminare ogni pericolo in Tofana
se ne provocherà una con l'esplosivo
CORTINA Tra domenica e ieri due i movimenti

n.m.

CORTINA. A Cortina resta alto il pericolo valanghe.
Un'altra slavina, dopo quella di non eccezionale portata caduta domenica alle 17, è precipitata alle due della notte tra lunedì e martedì sul Canalone in Tofana. Stavolta la valanga (che presentava un fronte di circa 50 metri e che s'è formata a quota 2400) ha portato con sé, oltre alla neve, anche qualche spuntone di roccia. La neve ha invaso in toto la pista, che comunque era già stata chiusa al pubblico il giorno precedente, proprio per il pericolo incombente di movimento neve. Il boato di questa seconda slavina è stato udito anche a valle. Ora, per porre rimedio ad una situazione di grave rischio, che sta bloccando per di più il naturale svolgimento della stagione sciistica, i responsabili della Società Tofana e Marmolada hanno chiesto al commissariato di Cortina l'autorizzazione a rimuovere artificialmente la neve pericolante. Una ditta specializzata, tramite l'uso di micro cariche esplosive lanciate da un elicottero che si avvicinerà il più possibile ai costoni, provocherà artificialmente la valanga. Un'operazione che forse si svolgerà già quest'oggi. Anche ieri sull'area delle Tofane sono rimaste aperte solo due piste, i Labirinti e la Olimpia; le altre sono chiuse per il pericolo di valanghe; un rischio calcolato dal centro di Arabba nel grado 3 (marcato) su una scala che ha un massimo di 5.


"Grigia, enorme, silenziosa
la nube ci veniva addosso"

Il racconto degli scampati della Valtellina. Per ore si è temuta la tragedia

dal nostro inviato ENRICO BONERANDI


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S. CATERINA VALFURVA - "Via via, correte, buttatevi a sinistra", urla a pieni polmoni Angelo, l'operaio dello skilift, sporgendosi dalla finestra. Grida di salvarsi agli sciatori che hanno appena iniziato la discesa, e nello stesso tempo pensa che fra poco morirà: c'è un'enorme ammasso di neve che gli sta piovendo addosso dalla cresta su un cima. Fuggono i turisti sugli sci, lui rimane lì impotente ad aspettare la fine. E invece quel diluvio bianco non vuole la sua vita. Piega improvvisamente di lato, si disperde sulla pista, lambisce qualche sciatore e si arresta.
Metri e metri di neve sulla pista Primavera di Santa Caterina Valfurva ieri alle dieci meno un quarto del mattino: fosse accaduto un paio d'ore più tardi, o qualche giorno fa, col pienone natalizio, avrebbe potuto essere una strage. E invece c'è un solo ferito: Claudia Rossini, una ragazza di 23 anni di Marnate, un paese vicino a Busto Arsizio, con un braccio e un dente rotto. Per ore si è temuto che sotto quella spessa coltre farinosa ci fossero vittime. Si è scavato, tastato con le sonde, si è passati e ripassati con i cani: niente, un miracolo. L'angoscia è tornata all'una di pomeriggio, quando dallo Sport Hotel hanno segnalato la scomparsa di due clienti. Allarme rientrato dopo un'ora, quando i due sciatori sono tornati in albergo: erano andati su altre piste senza avvertire.
Questa volta non è la vendetta della montagna per un gesto incosciente o temerario, un fuoripista proibito che castiga l'imprudente. No, ieri a Santa Caterina, 10 chilometri da Bormio, la slavina è scesa sulle piste, su un luogo in qualche modo "garantito", sorvegliato e protetto. "Un evento eccezionale, che non accadeva da almeno trent'anni", dicono quasi in coro i maestri di sci, che si sono prodigati per ore insieme agli uomini del soccorso alpino. C'è preoccupazione per questa stagione difficile: prima la neve, poi tanta pioggia, quindi ancora tantissima neve. Il termometro che va su e giù, con escursioni quasi impensabili: 25 gradi in una settimana, da meno 18 a più 7 e viceversa. La reazione della gente lascia allibiti: è caduta una slavina in pista? Pazienza. Il gruppo di Claudia Rossini, sette persone che hanno visto la morte in faccia, dopo tre ore erano già sugli sci, con le gambe un po' tremanti ma ben decisi a non "perdere" del tutto lo splendido pomeriggio di sole e cielo terso.
La dinamica della slavina la spiega il capo del soccorso alpino della provincia di Sondrio, Giuseppe Spagnolo: "Dalla Cresta Sobretta, quota 2800, è venuta giù una massa di neve non troppo grande, una cosa che può capitare dopo tanta pioggia. Il fatto eccezionale è che si è innescata una reazione sulla montagna adiacente, con una slavina laterale, fino alla Plaghera. Una zona sicura, dove non succede mai niente. La massa ha invaso la pista Gavia, che era chiusa, ha attraversato l'impianto di risalita e poi ha piegato a sinistra, esaurendosi lungo l'imbocco della pista Primavera".

Fosse accaduto a Natale? "Meglio non pensarci".
Spagnolo racconta che in quella zona morì dieci anni fa uno sciatore, che però aveva provocato lui stesso la valanga con un fuoripista. Altrimenti, pericoli non ce ne dovrebbero essere. "Con il Gazex, un cannone a gas, la notte tiriamo giù gli accumuli di neve a rischio. Le nostre piste sono sempre bonificate, c'è una mappa aggiornata delle valanghe". Invece si è sfiorata la strage.
Commentano i maestri di sci: "Siamo in montagna, per sciare ci vogliono le discese e le valanghe sono sempre possibili. Ma non si va più al mare perché c'è il rischio di affogare, non si guida più perché ci sono incidenti sulle strade?".
Lo stesso pensa un gruppo di 50 persone arrivate da Olbia: "Un po' di angoscia ce l'abbiamo. Abbiamo dovuto fare la conta per vedere se nessuno di noi fosse rimasto sotto. Ma poi abbiamo sciato e rimarremo qui fino al termine della vacanza". Claudia, la ragazza ferita, un braccio ingessato e tanta rabbia perché la sua "settimana bianca" è rovinata, dice: "Sono una ex-agonista di sci, mi sono già rotta una gamba a 14 anni facendo il super-g. La montagna è montagna: se la ami, non ti fa paura". Il padre Vittorio, piccolo industriale, concorda e confessa che già una volta, in Trentino, è scampato a una slavina. Il racconto dell'avventura del mattino lo fa in tutta tranquillità: "Una nuvola grigia ci veniva addosso, quasi senza far rumore. Quello dello skilift gridava e noi giù, come schegge. Claudia è stata sollevata dal soffio della slavina, l'ho vista rotolare per settanta metri. Poi si è rialzata e si è riparata dietro la baita.".

LA REPUBBLICA

Un'immensa massa di neve, con un fronte di 300 metri
si è abbattuta su una pista di Santa Caterina

Doppia slavina in Valfurva
tanta paura, nessun ferito
Cinque sciatori, rimasti "sepolti" solo fino alla cintola,
sono riusciti a liberarsi e a mettersi in salvo

SONDRIO - Una doppia slavina si è abbattuta nella tarda mattinata di oggi sulla località di Plaghera a Santa Caterina Valfurva, a quota 2.300 metri: si tratta di un'area vicina poco distante da Bormio, in provincia di Sondrio. Un gruppetto di cinque sciatori, che si trovavano nella zona, sono stati raggiunti dalla neve e sommersi fino alla cintola, ma non hanno riportato lesioni: sono riusciti a uscire da soli dalla neve. Anche un maestro di sci, presente al momento della slavina, ha raccontato di non aver visto nessuno in difficoltà. Il soccorso alpino ha comunque deciso di compiere un secondo sopralluogo, per escludere definitivamente la presenza di persone rimaste sepolte.

Tutto è successo poco dopo le 11, quando la prima slavina (seguita a ruota dalla seconda) si è staccata a quota
2.800 metri ed è scesa fino a 2.100, con un fronte frastagliato di circa 300 metri. La parte di pista da sci interessata è di circa 80 metri: la neve ha raggiunto cumuli fino a 10 metri di altezza. Del resto, oggi, su tutta la Valtellina è tornato a splendere il sole e le temperature si sono alzate, favorendo il rischio di valanghe e slavine.

Ma torniamo all'episodio di oggi. "Mai visto una cosa del genere. Dalla montagna si sono staccati due enormi masse di neve che hanno investito altrettante piste da sci e solo per fortuna non si contano feriti": così ha raccontato Giuseppe Spagnolo, responsabile del soccorso alpino della provincia di Sondrio. Secondo quanto riferito dai testimoni, una delle due slavine ha un fronte di almeno 300 metri, l'altra di 70. La prima a staccarsi è stata quella più consistente, le cui vibrazioni hanno poi provocato la seconda.

La massa nevosa è precipitata a valle seguendo un percorso "a serpentina", invadendo due piste da sci e travolgendo un gruppetto di almeno cinque sciatori; per fortuna l'onda d'urto li ha sospinti fuori dal raggio d'azione della valanga. Secondo i tecnici del soccorso alpino, è una delle più grosse slavine che si sono registrate negli ultimi anni in Valfurva.

LA REPUBBLICA (9 gennaio 2001