mercoledì 31 gennaio 2001

Escursionista ucciso da una valanga
Karl Höfler risaliva Monte Luco
camminando con le «ciaspole»
È ANCORA MORTE BIANCA

di Luca Fregona

PASSO PALADE. Una gita con le ciaspole sul Monte Luco si è trasformata in tragedia per due amici di Marlengo. Una slavina li ha sommersi mentre risalivano un canalone: Karl Höfler è morto schiacciato da quattro metri di neve, Walter Pichler si è salvato aggrappandosi a un albero.
Doveva essere una giornata come tante da passare insieme camminando in montagna, la passione di sempre (entrambi sono tesserati Alpenverein), che negli anni aveva saldato anche la loro amicizia. Karl Höfler e Walter Pichler, 63 e 61 anni, due pensionati di Marlengo avevano deciso già da qualche giorno di salire a Monte Luco, una cima di 2300 metri sopra passo Palade. Una gita faticosa, con le racchette da neve (le ciaspole) ai piedi, ma in una zona considerata tranquilla, dove da anni non si registravano valanghe, e seguendo un percorso conosciuto, ripetuto nel tempo decine di volte. Ieri mattina i due attaccano la salita poco dopo le 8, dopo aver lasciato la macchina davanti all'albergo del Passo. Prendono il sentiero che porta a malga Laugen. Verso le dieci, dopo essersi lasciati alle spalle la malga, arrivano in prossimità della cima, a 2.200 metri di quota. Manca ancora una rampa, un canalino ripido, lungo circa 100 metri che verso la fine si restringe ad imbuto. I due escursionisti, allenati e veloci nonostante non siano più dei ragazzini, decidono di risalirlo sulla destra, evitando prudentemente il centro del pendio, dove è più facile, passando, provocare distacchi di neve. Höfler fa strada, Pichler lo segue ad un metro di distanza. La marcia procede senza intoppi fino al punto dove il canalone si restringe. Improvvisamente, sentono un rumore provenire dall'alto. È il tipico soffio che precede una valanga. Rimane solo il tempo di realizzare cosa sta accadendo. La massa nevosa piomba a valle con una violenza impressionate, li travolge come une centrifuga impazzita pronta a macinare qualsiasi cosa. Höfler scompare, Pichler riesce a galleggiare per qualche metro. Con la forza della disperazione si aggrappa ad un albero che sporge sul ciglio del canalone. La neve lo sommerge, tenta di strapparlo via, ma lui non molla. La sua sopravvivenza dipende da quell'albero, lo abbraccia con tutta la sua forza. È la sua salvezza. Un minuto dopo è tutto finito. Sulla montagna cala un silenzio irreale. Pichler è sotto shock, ma trova il coraggio per mettersi a scavare dove pensa si trovi l'amico. Immerge le mani nella neve gelida. Scava con le lacrime agli occhi. Con rabbia e disperazione. Trova un guanto, poi una racchetta. Sicuro di riuscire a tirarlo fuori, continua a "svangare" neve fino a quando le forze non svaniscono. Ma da quel mare bianco non emerge più niente. Sembra un'eternità: sono passati solo 5 minuti. Spossato, Pichler afferra allora il cellulare che custodisce nella giacca a vento. Prova a telefonare. Inutilmente. Si accorge che non c'è "campo". Risale un pendio per portarsi fuori dall'ombra del canale: finalmente compaiono sul display le tacche che indicano la presenza del segnale. Chiama la moglie, le racconta quanto accaduto. La donna avverte il 118. Poco dopo le 11 l'elisoccorso porta sul posto un'unità cinofila del Brd. Il cane inizia a perlustrare la zona dove Pichler ha recuperato gli oggetti di Höfler. I soccorritori sondano il fronte della slavina, ma non trovano nulla. Viene allertata una seconda unità cinofila sempre del Brd. Sul luogo della tragedia arriva Assi, una splendida femmina di pastore tedesco di 5 anni. Assi annusa il guanto di Höfler, poi corre verso valle, cento metri più in giù del punto indicato da Pichler. Il cane è una furia, abbia, scava con le zampe. Gli uomini del soccorso alpino iniziano a sondare la massa nevosa. Individuano il corpo dell'escursionista. È sepolto sotto quattro metri di neve. Lo liberano, ma ormai non c'è più niente da fare: Höfler è morto per asfissia e per le numerose fratture riportate. La salma viene recuperata e trasportata dal Pelikan 1 nella piccola cappella di Senale. Pichler viene accompagnato a passo Palade dove viene sentito dai carabinieri della stazione di Tesimo. L'uomo è provato, sconvolto per una tragedia inaspettata che gli ha portato via uno dei suoi migliori amici. Il responsabile del Brd di Lana, Ernst Winkler racconta che, a memoria d'uomo, questa è la prima slavina che cade nella zona di malga Laugen. Probabilmente non è stata nemmeno provocata dal passaggio dei due escursionisti. Insomma, un evento imponderabile causato dal vento caldo che ha iniziato a soffiare nelle prime ore della mattinata di ieri e dall'escursione termica.

MERANO


mercoledì 31 gennaio 2001

IL SUPERSTITE
Sotto la neve
potevo esserci
anche io


MARLENGO. Costernazione e dolore a Marlengo per la morte tragica e improvvisa di Karl Höfler. Höfler, 63 anni compiuti lo scorso dicembre, sposato e padre di due ragazze, era molto conosciuto in paese. Era andato in pensione qualche anno fa dopo aver lavorato a lungo per l'azienda elettrica di Merano. A Walter Pichler lo legava un'amicizia decennale, rinsaldata dal comune amore per la montagna. Tutti e due iscritti all'Alpenverein, trascorrevano giornate intere a programmare escursioni. Nel tardo pomeriggio di ieri, dopo una giornata drammatica, faticosa e lunghissima, Pichler è rientrato nella sua casa di via Palade. Cortese ma fermo, non ha voluto rilasciare dichiarazioni. «Sono ancora sconvolto - ha solo detto a monosillabi - io e Karl eravamo molto amici, andavamo sempre insieme in montagna. Ho solo avuto più fortuna, ma potevo esserci anch'io sotto la slavina...ho galleggiato per qualche metro poi ho intravisto un albero sul bordo del canalone. Mi sono aggrappato con tutta la forza che avevo. Quell'albero mi ha salvato. Questo è tutto: il resto se lo faccia raccontare dai carabinieri. Adesso ho solo bisogno di stare in pace e ripassare cosa è successo». Un istante di silenzio, e poi ancora un pensiero, buttato lì ad alta voce. «Eravamo tranquillissimi, il percorso non presentava difficoltà. Da quelle parti di slavine non si è mai sentito parlare». L'uomo, testimone e sopravvissuto, è stato sentito a lungo dai carabinieri. Non sono stati ravvisati gli estremi di una denuncia per «valanga colposa»: l'evento era imprevedibile, non è stato provocato dai due e non ha interessato un comprensorio sciistico.