Escursionista ucciso da una valanga
Karl Höfler risaliva Monte Luco
camminando con le «ciaspole»
È ANCORA MORTE BIANCA
di Luca Fregona
PASSO PALADE. Una gita con le ciaspole sul Monte Luco si è trasformata
in tragedia per due amici di Marlengo. Una slavina li ha sommersi mentre risalivano
un canalone: Karl Höfler è morto schiacciato da quattro metri di
neve, Walter Pichler si è salvato aggrappandosi a un albero.
Doveva essere una giornata come tante da passare insieme camminando in montagna,
la passione di sempre (entrambi sono tesserati Alpenverein), che negli anni
aveva saldato anche la loro amicizia. Karl Höfler e Walter Pichler, 63
e 61 anni, due pensionati di Marlengo avevano deciso già da qualche giorno
di salire a Monte Luco, una cima di 2300 metri sopra passo Palade. Una gita
faticosa, con le racchette da neve (le ciaspole) ai piedi, ma in una zona considerata
tranquilla, dove da anni non si registravano valanghe, e seguendo un percorso
conosciuto, ripetuto nel tempo decine di volte. Ieri mattina i due attaccano
la salita poco dopo le 8, dopo aver lasciato la macchina davanti all'albergo
del Passo. Prendono il sentiero che porta a malga Laugen. Verso le dieci, dopo
essersi lasciati alle spalle la malga, arrivano in prossimità della cima,
a 2.200 metri di quota. Manca ancora una rampa, un canalino ripido, lungo circa
100 metri che verso la fine si restringe ad imbuto. I due escursionisti, allenati
e veloci nonostante non siano più dei ragazzini, decidono di risalirlo
sulla destra, evitando prudentemente il centro del pendio, dove è più
facile, passando, provocare distacchi di neve. Höfler fa strada, Pichler
lo segue ad un metro di distanza. La marcia procede senza intoppi fino al punto
dove il canalone si restringe. Improvvisamente, sentono un rumore provenire
dall'alto. È il tipico soffio che precede una valanga. Rimane solo il
tempo di realizzare cosa sta accadendo. La massa nevosa piomba a valle con una
violenza impressionate, li travolge come une centrifuga impazzita pronta a macinare
qualsiasi cosa. Höfler scompare, Pichler riesce a galleggiare per qualche
metro. Con la forza della disperazione si aggrappa ad un albero che sporge sul
ciglio del canalone. La neve lo sommerge, tenta di strapparlo via, ma lui non
molla. La sua sopravvivenza dipende da quell'albero, lo abbraccia con tutta
la sua forza. È la sua salvezza. Un minuto dopo è tutto finito.
Sulla montagna cala un silenzio irreale. Pichler è sotto shock, ma trova
il coraggio per mettersi a scavare dove pensa si trovi l'amico. Immerge le mani
nella neve gelida. Scava con le lacrime agli occhi. Con rabbia e disperazione.
Trova un guanto, poi una racchetta. Sicuro di riuscire a tirarlo fuori, continua
a "svangare" neve fino a quando le forze non svaniscono. Ma da quel
mare bianco non emerge più niente. Sembra un'eternità: sono passati
solo 5 minuti. Spossato, Pichler afferra allora il cellulare che custodisce
nella giacca a vento. Prova a telefonare. Inutilmente. Si accorge che non c'è
"campo". Risale un pendio per portarsi fuori dall'ombra del canale:
finalmente compaiono sul display le tacche che indicano la presenza del segnale.
Chiama la moglie, le racconta quanto accaduto. La donna avverte il 118. Poco
dopo le 11 l'elisoccorso porta sul posto un'unità cinofila del Brd. Il
cane inizia a perlustrare la zona dove Pichler ha recuperato gli oggetti di
Höfler. I soccorritori sondano il fronte della slavina, ma non trovano
nulla. Viene allertata una seconda unità cinofila sempre del Brd. Sul
luogo della tragedia arriva Assi, una splendida femmina di pastore tedesco di
5 anni. Assi annusa il guanto di Höfler, poi corre verso valle, cento metri
più in giù del punto indicato da Pichler. Il cane è una
furia, abbia, scava con le zampe. Gli uomini del soccorso alpino iniziano a
sondare la massa nevosa. Individuano il corpo dell'escursionista. È sepolto
sotto quattro metri di neve. Lo liberano, ma ormai non c'è più
niente da fare: Höfler è morto per asfissia e per le numerose fratture
riportate. La salma viene recuperata e trasportata dal Pelikan 1 nella piccola
cappella di Senale. Pichler viene accompagnato a passo Palade dove viene sentito
dai carabinieri della stazione di Tesimo. L'uomo è provato, sconvolto
per una tragedia inaspettata che gli ha portato via uno dei suoi migliori amici.
Il responsabile del Brd di Lana, Ernst Winkler racconta che, a memoria d'uomo,
questa è la prima slavina che cade nella zona di malga Laugen. Probabilmente
non è stata nemmeno provocata dal passaggio dei due escursionisti. Insomma,
un evento imponderabile causato dal vento caldo che ha iniziato a soffiare nelle
prime ore della mattinata di ieri e dall'escursione termica.
MERANO
mercoledì 31 gennaio 2001
IL SUPERSTITE
Sotto la neve
potevo esserci
anche io
MARLENGO. Costernazione e dolore a Marlengo per la morte tragica e improvvisa
di Karl Höfler. Höfler, 63 anni compiuti lo scorso dicembre, sposato
e padre di due ragazze, era molto conosciuto in paese. Era andato in pensione
qualche anno fa dopo aver lavorato a lungo per l'azienda elettrica di Merano.
A Walter Pichler lo legava un'amicizia decennale, rinsaldata dal comune amore
per la montagna. Tutti e due iscritti all'Alpenverein, trascorrevano giornate
intere a programmare escursioni. Nel tardo pomeriggio di ieri, dopo una giornata
drammatica, faticosa e lunghissima, Pichler è rientrato nella sua casa
di via Palade. Cortese ma fermo, non ha voluto rilasciare dichiarazioni. «Sono
ancora sconvolto - ha solo detto a monosillabi - io e Karl eravamo molto amici,
andavamo sempre insieme in montagna. Ho solo avuto più fortuna, ma potevo
esserci anch'io sotto la slavina...ho galleggiato per qualche metro poi ho intravisto
un albero sul bordo del canalone. Mi sono aggrappato con tutta la forza che
avevo. Quell'albero mi ha salvato. Questo è tutto: il resto se lo faccia
raccontare dai carabinieri. Adesso ho solo bisogno di stare in pace e ripassare
cosa è successo». Un istante di silenzio, e poi ancora un pensiero,
buttato lì ad alta voce. «Eravamo tranquillissimi, il percorso
non presentava difficoltà. Da quelle parti di slavine non si è
mai sentito parlare». L'uomo, testimone e sopravvissuto, è stato
sentito a lungo dai carabinieri. Non sono stati ravvisati gli estremi di una
denuncia per «valanga colposa»: l'evento era imprevedibile, non
è stato provocato dai due e non ha interessato un comprensorio sciistico.