Slavina in Trentino, 1 morto
Nella zona di Col Capel, tra il Trentino e l'Alto Adige, poco dopo le 12 è
caduta una slavina che ha travolto uno sciatore olandese. Illesi, altri due
sciatori.
MILANO -Uno scialpinista olandese e' morto oggi travolto da una slavina in val
di Fiemme, in Trentino, mentre era impegnato in un fuoripista assieme a due
connazionali. I due amici sono riusciti a salvarsi rimanendo illesi, ma sono
stati fermati dalla polizia con l' accusa di procurata valanga.
La slavina si e' staccata nel primo pomeriggio nella zona di
Col Capel, sopra Pampeago, a quota 2.100, dove e' fatto divieto di praticare
il fuorispista a causa del forte pendio e dei
frequenti accumuli di neve che formano un manto instabile.
Nonostante cio', i tre scialpinisti hanno iniziato la discesa
nella zona a sinistra della seggiovia e della pista Tresca. La
valanga li ha subito sorpresi: uno di loro e' riuscito a
scansarsi in tempo, il secondo e' stato toccato di striscio
senza pero' riportare conseguenze, il terzo invece e' stato
travolto in pieno. Immediatamente sono intervenuti gli uomini
del soccorso alpino della valle di Fiemme con le sonde e i cani che hanno ritrovato
lo sciatore a valle, agonizzante. Poco dopo ha cessato di vivere. I due connazionali
sono stati individuati
dalla polizia di Moena e fermati. Ora si trovano nella caserma
del Centro addestramento alpino in attesa delle decisioni del
magistrato.
Numerosi sono stati questo inverno gli incidenti in Trentino
Alto Adige provocati da turisti impegnati nel fuoripista. Nel
novembre scorso un esperto sciatore aveva provocato una grossa valanga in val
Senales che per fortuna non aveva provocato vittime. Attualmente e' sotto processo
a Silandro con l' accusa di valanga colposa. Sempre in Val Senales, quindici
giorni fa, uno snowboardista americano era morto, anche in questo caso praticando
il fuoripista.
(2 FEBBRAIO 2001, ORE 18:30)
IL NUOVO
Valanghe killer, due morti
Sette persone sono state complessivamente travolte oggi in Piemonte da due
slavine, una caduta nel Cuneese e una in provincia di Verbania. Nella prima
è deceduto un giovane di 26 anni.
MILANO - Due persone sono state travolte e uccise oggi da due valanghe, una
in Piemonte e una in Friuli. Un ragazzo di 26 anni è morto in Valle Stura
(Cuneo) è morto presso la Cima delle Lose (a circa 200 metri d'altezza)
colpito da una slavina, mentre si trovava con due amici, un ragazzo e una ragazza,
che si sono invece salvati. Sul posto è intervenuto l'elicottero della
base di Torino del 118, che ha recuperato il corpo del giovane. Un altra valanga,
caduta in Val Formazza (Verbania), in località Lago Castel, a circa 2.200
metri d' altezza, ha colpito altre quattro persone che sono riuscite però
a salvarsi da sole e a scendere a valle.
Un esperto sci alpinista friulano è morto poi, sempre nel pomeriggio, travolto da una valanga sul monte Crostis, sopra Forni Avoltri (Udine), nelle Alpi carniche. L' uomo era partito questa mattina da Forni Avoltri in compagnia di altri tre escursionisti, ma a metà cammino due di loro, meno esperti, avevano deciso di proseguire per una via più breve e sicura. Poco prima di arrivare sulla cima del monte, intorno alle 13, anche l' ultimo compagno dell'uomo deceduto aveva deciso di fermarsi, accusando dei crampi e non sentendosi troppo in forma. Lo sci alpinista ha quindi deciso di proseguire da solo fino alla vetta, promettendo al compagno di ridiscendere quanto prima. Questi, qualche ora dopo, intorno alle 16, non vedendolo arrivare, ha avvisato il soccorso alpino che si è subito mobilitato. Il corpo dello sci alpinista è poi stato trovato, ormai privo di vita, sull' altro versante della montagna da cui si era staccata una violenta valanga, probabilmente innescata dagli stessi movimenti dell'escursionista. Il soccorso alpino ha recuperato il corpo dell' uomo e ha accompagnato a Forni Avoltri anche il compagno che era rimasto ad aspettarlo, essendo ormai calata l' oscurità.
(4 FEBBRAIO 2001, ORE 19:15, ultimo aggiornamento ORE 19:45)
Valanghe: un morto e sei feriti in Piemonte
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TORINO - Due valanghe, una in provincia di Cuneo e l'altra in quella di Verbania,
hanno travolto complessivamente sette persone: una di loro è morta, mentre
le altre sei sono riuscite a salvarsi. Nel primo episodio, accaduto, in Valle
Stura (Cuneo), è morto, presso la Cima delle Lose (a circa 200 metri
d'altezza), un giovane di 26 anni, G.A.. Era con altri due amici, un ragazzo
e una ragazza, che si sono salvati. Nella seconda valanga, avvenuta in Val Formazza
(Verbania), in località Lago Castel, a circa 2.200 metri d' altezza,
sono state travolte quattro persone che però sono riuscite a salvarsi
da sole e a scendere a valle.
LA REPUBBLICA
04-FEB-01 20:31
VALANGHE KILLER SULLE ALPI; 3 morti in Svizzera,uno in Austria
ROMA-Tragico fine settimana sulle Alpi, dove 4 persone-tre in Svizzera,una in
Austria-sono morte travolte da valanghe. A Zinal, nel cantone Vallese, un'alpinista
e' rimasta sepolta dalla neve mentre stava scalando una parete di ghiaccio.I
soccorritori inviati sul posto sono stati sorpresi da una seconda slavina e
due di loro sono rimasti uccisi. La quarta vittima, un tedesco, ha perso la
vita nel Tirolo austriaco mentre sciava fuori pista con 3 amici. (ANSA)
LA STAMPA
Austria: sciatore ucciso da una valanga
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VIENNA - Uno sciatore tedesco ha perso la vita oggi a causa di una valanga
nella provincia austriaca del Tirolo, portando a due morti e due dispersi il
bilancio delle vittime di valanghe sulle Alpi nel fine settimana.
L'incidente è avvenuto vicino alla stazione di Hochfuegen, nei pressi
di Mayrhofen, mentre il tedesco stava sciando fuori pista assieme a tre amici.
LA REPUBBLICA 4 FEBBRAIO 2001
MERANO
lunedì 5 febbraio 2001
Val Passiria, slavine a catena
Il caldo provoca delle valanghe a Passo Giovo e Corvara
SAN LEONARDO. Il sole quasi primaverile e il conseguente rialzo delle temperature
sono le cause principali di una serie di valanghe precipitate ieri pomeriggio
in diversi punti dell'alta Val Passiria.
Le prime tre si sono staccate in rapida successione alle 14.15 a 2.000 metri
di quota tra il rifugio Passo Giovo e il rifugio Genziana, sul versante di Passo
Giovo che guarda a ovest, verso l'abitato di San Leonardo. Tre piccole valanghe,
una dietro l'altra, che hanno anche investito l'ultimo tornante della strada
provinciale che sale verso il Passo. La massa nevosa ha invaso la carreggiata
per almeno un centinaio di metri. Benché il valico in questo periodo
sia chiuso al traffico proprio per l'elevato pericolo di slavine, viene transitato
ugualmente da persone del posto per scendere verso Vipiteno. Abitudine nota
su tutte e due i versanti del Giovo e che ha suscitato la preoccupazione che
sotto potesse essere rimasta qualche autovettura. Poderosa quindi la macchina
di ricerca messa in moto dai diversi corpi del soccorso alpino. Già a
partire dalle 14.30 sono intervenute diverse unità cinofile del Bergerettungsdienst
di Vipiteno, Ridanna, Racines, Merano e Passiria, trasportate in quota dai Pelikan
1 e 2 e dall'Ecureuil della Aiut Alpin Dolomites. Una quarantina di uomini e
cinque cani hanno sondato palmo a palmo il fronte della valanga, profondo fino
a 4 metri. Una ricerca lunga e scrupolosa per verificare che la neve non avesse
imprigionate persone e mezzi in transito. Solo con calar del sole l'allarme
è potuto rientrare, e le ruspe per lo sgombero neve dell'Ufficio manutenzione
strade della Provincia hanno potuto iniziare i lavori per ripulire l'arteria.
Corvara. Ma il pomeriggio ha vissuto altri momenti di tensione. Verso le 16,
mentre i soccorritori erano all'opera sulla valanga di Passo Giovo, un'altra
slavina si è staccata sopra Corvara in Passiria, precipitando sulla strada
che porta al passo del Rombo, dove da settimane vige il divieto di circolazione.
Sul posto sono arrivati prontamente gli uomini del Cnsas di Stulles ed i carabinieri
di Moso che hanno controllato che sotto il manto nevoso non fosse rimasto nessuno.
Anche a Corvara le ricerche hanno dato fortunatamente esito negativo. Ma i membri
del soccorso alpino sono potuti rientrare alla base di partenza solo nel tardo
pomeriggio.
Rimane «marcato grado» 3 il pericolo di caduta valanghe. Le zone
più a rischio si trovano su pendii ripidi in prossimità di creste,
sui pendii ripidi esposti da sudovest a nord fino a sudest.
Off limits: conche, canali e depressioni con accumuli eolici oltre i 1800 metri di quota. Il Servizio prevenzione valanghe della Provicnia invita a porre particolare attenzione alle zone con neve ventata. Anche un singolo sciatore o escursionista può provocare, infatti, il distacco di una valanga a lastroni. Fuori dalle piste battute sono necessarie buone capacità valutative della possibilità di cadute valanghe. Insomma piuttosto che mettere a repentaglio inutilmente la propria vita, meglio rinunciare all'ebbrezza della neve fresca.
TRENTO
lunedì 5 febbraio 2001,
L'abbraccio coi genitori di Dennis
Triste incontro dei sopravvissuti dopo la valanga di Pampeago
LA TRAGEDIA Oggi l'interrogatorio dei due olandesi
a.s.
TRENTO. Nessun rimprovero, nessun rancore: quando i genitori di Dennis Cuijpers
- l'olandese ucciso da una valanga a Pampeago - hanno incontrato i due amici
sopravvissuti è scattato solo un abbraccio e molte lacrime.
L'incontro è avvenuto sabato sera a Cavalese dopo la scarcerazione di
Meriyn Smeeds e Josef Waldoej, che erano stati arrestati in seguito alla tragedia
di venerdì con le accuse di omicidio colposo e disastro colposo. I due
dovranno difendersi di fronte alla giustizia italiana (oggi dovrebbe svolgersi
l'interrogatorio di garanzia con il giudice per le indagini preliminari) ma
con i genitori dell'amico morto è bastato un incrocio di sguardi per
risolvere la drammatica situazione.
Per il momento Smeeds e Waldoej non lasceranno l'Italia - anche perché
il magistrato ha trattenuto i loro documenti - e hanno preso alloggio in un
albergo di Cavalese assieme ai propri genitori (giunti anch'essi dall'Olanda
dopo la tragedia), ai genitori di Dennis Cupijers e ai responsabili dell'agenzia
turistica per cui tutti e tre i ragazzi lavoravano.
Comunque i due ragazzi non si sentono responsabili della tragedia: «La
valanga si è staccata sotto gli sci di Dennis, noi non abbiamo colpe
per quanto è successo» hanno detto al pm Giuseppe De Benedetto
sabato, quando sono stati interrogati separatamente in carcere. Resta il fatto
che tutti e tre assieme hanno preso la decisione - con il senno di poi "sciagurata"
- di oltrepassare le reti di protezione, ignorare i cartelli di divieto e scendere
con gli sci lungo un pendio di neve fresca, per di più in una giornata
in cui secondo i meteorologi il pericolo di valanghe era di grado 3, cioè
"marcato".
Il pubblico ministero chiederà al gip di vietare ai due indagati la frequentazione
delle piste da sci. Smeeds e Waldoej sono stati informati di questo dall'avvocato
Micaela Dorigatti, ma non hanno battuto ciglio: «Non ci saremmo nemmeno
sognati di andare a sciare in questo momento». Meglio così.
Il morale dei due ragazzi è a terra. Il loro atteggiamento con la magistratura
è stato della massima collaborazione ed è stato premiato con la
scarcerazione dopo una notte di carcere. Nel frattempo il consolato olandese
ha avviato le complicate procedure per consentire ai genitori di Cuijpers di
riportare la salma in Olanda, nella regione di Maastricht. Tutti gli altri ragazzi
che partecipavano alla settimana bianca organizzata da un'agenzia olandese hanno
fatto rientro a casa sabato mattina, come era previsto dal programma iniziale
della vacanza.
Montagna: muore sci alpinista travolto da una valanga
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UDINE - Uno sci alpinista è morto questo pomeriggio travolto da una
valanga sul monte Crostis, sopra Forni Avoltri, in provincia di Udine. Era un
esperto della montagna. Era partito questa mattina in compagnia di altri tre
escursionisti, ma a metà cammino due di loro avevano deciso di proseguire
per una via più breve e sicura. Poco prima di arrivare sulla cima del
monte, intorno alle 13, anche l'ultimo compagno dell'uomo aveva deciso di fermarsi.
Lo sci alpinista ha invece deciso di proseguire da solo fino alla vetta, promettendo
al compagno di ridiscendere. Alle 16, non vedendolo arrivare, ha avvisato il
soccorso alpino. Il corpo dello sci alpinista è stato trovato, ormai
privo di vita, sull'altro versante della montagna da cui si era staccata una
violenta valanga, probabilmente innescata dagli stessi movimenti dell'escursionista.
LA REPUBBLICA
COMMENTO DI ANTONIO MASSARUTTO
1. Klomnock, zona di Bad Kleinkirchheim. Gita invernale considerata sicura; io ne ho fatta una proprio li' vicino (Falkert) un mese e mezzo fa: sono dei panettoni, molto dolci in alto, bosco rado in basso, pero' ripido. I due sono scesi su un versante piu' ripido rispetto a quello lungo cui si sale di solito, andandosi a infilare in una forra molto ripida con bosco rado. Su www.lawinenwarndienst.ktn.gv.at si trova un reportage sull'incidente, con rassegna stampa, numerose fotografie e delimitazione sulla carta della zona di distacco. Uno dei due si e' liberato da solo, ha cercato il compagno con l'arva ma non l'ha trovato (prob. era sotto choc, e non era in grado di scendere per la linea di scivolamento della slavina) ed e' sceso con uno sci solo per dare l'allarme. Il soccorso e' arrivato, in tutto, un'ora e mezza dopo l'incidente e ha subito trovato la persona sepolta (dalla foto su internet si vede il luogo esatto del ritrovamento, proprio alla base della colata della slavina). Era ancora vivo, ma e' morto all'ospedale, presumo per ipotermia. Il bollettino locale dava pericolo 3.
2. Forca Disteis: scivolato su neve ghiacciata, ha sbattuto la testa contro un masso riportando ferite e contusioni. Non ho altri particolari. 3. Crostis. Avevo fatto quella gita due settimane fa, da un altro versante; sul sito di Paolo Tosi avevo segnalato che dalla parte W le condizioni erano molto pericolose. La persona travolta e' salita proprio da quella parte. Ha deciso di proseguire da solo, lasciando gli amici che si sono fermati piu' in basso. Era un alpinista di Artegna piuttosto conosciuto, anche se io personalmente non l'avevo mai incontrato. Il soccorso e' stato allertato dagli amici dopo due ore che non si faceva vivo: l'elicottero l'ha trovato immediatamente, aveva uno scarpone fuori dalla neve. Fossero stati in due, si sarebbe forse salvato. A dire il vero, le fonti giornalistiche non sono del tutto chiare: il Messaggero Veneto parla di valanga a lastroni, mentre altri giornali dicono che "il corpo e' stato trovato sul lato opposto della montagna rispetto a quello per cui era salito", il che potrebbe far pensare alla rottura di una cornice. Il bollettino locale dava pericolo 2. Io ieri ero a sciare in pista, non lontano da li'; c'era il sole e dunque a sud faceva abbastanza caldo, ma non so se il distacco sia da imputarsi all'aumento di temperatura: ripeto, due settimane fa le condizioni su quel lato erano molto critiche per la presenza di grandi lastroni di neve ventata. La gita da quel versante e' piuttosto insidiosa: non difficile (MS), ma i pendii che si percorrono sono abbastanza ripidi, con fondo erboso.
Travolto e ucciso da una slavina
La sciagura sul monte Crostis a Ravascletto, vittima un giovane scialpinista
di Artegna
Tragedia in alta quota nel primo pomeriggio di ieri. Uno scialpinista di Artegna
è stato travolto e ucciso da una valanga a lastroni che lui stesso ha
provocato scendendo con gli sci. La vittima è Mauro Fogli, 36 anni, alpinista
esperto e appassionato di montagna, che da qualche tempo abitava a Trieste,
dove lavorava come dipendente regionale.
È accaduto, attorno alle 13.30-14, sul versante sud del monte Crostis,
fra Rigolato e Ravascletto, a quota 2.100 metri. L’allarme, però,
è stato dato soltanto un’ora e mezzo dopo da un compagno di escursione,
Massimo Iacuzzi, 32 anni, pure di Artegna, dove abita in via Borgomonte 4. L’amico
si trovava, infatti, a 200 metri in linea d’aria, dietro una collinetta
che non gli consentiva di vedere il punto da cui Mauro Fogli stava venendo giù.
Non si è accorto di nulla, né ha sentito il rumore della valanga.
Ha capito che poteva essere accaduto qualcosa di grave soltanto perché,
attorno alle 15, il compagno non era ancora tornato nel punto in cui si erano
separati.
BOLZANO
domenica 4 febbraio 2001,
«L'educazione è ben altra cosa»
Il soccorso alpino scettico sul valore esemplare delle punizioni
al.p.
BOLZANO. La sua opinione l'ha già detta e ripetuta, le occasioni purtroppo
in questo primo scorcio di stagione sciistica non sono mancate. E Lorenzo Zampatti,
responsabile altoatesino del Cnsas, il soccorso alpino del Cai, non cambia idea:
la linea dura con chi pratica lo sci fuoripista è sbagliata. «Credo
che non ci siano grandi novità al riguardo - dice commentando l'episodio
di Pampeago - e dunque vale quanto già ho detto: è giusto valutare
le responsabilità, ma da questo a passare all'arresto mi sembra un'esagerazione.
E poi, sinceramente, riferendoci proprio a questo ultimo fatto, non credo che
gli altri due ragazzi avessero responsabilità in quanto è accaduto.
Insomma, quella della linea dura è una teoria che mi lascia molto perplesso».
Sembra innegabile, comunque, che si sia optato per una linea dura, l'intenzione
insomma di colpire chi sbaglia per educarne altri.
«Spero che sia per "educare" - continua Zampatti - ma in ogni
caso non lo ritengo l'approccio corretto, non è questo il modo di condurre
le cose. Ci vuole preparazione, formazione, un lavoro "a monte" che
è ben al di là di questi atteggiamenti repressivi. Ben più
importante sarebbe invece rendere la gente consapevole dei pericoli, della filosofia,
del modo di vivere la montagna, e allora serve un lavoro di gruppo, da parte
di diverse componenti: le parti sociali, le riviste, i pubblicitari, le aziende
di promozione turistica e di soggiorno, i club alpini, le località turistiche,
gli impiantisti. E informare non basta: bisogna far capire il rischio, e se
questo compito non è facile, certamente non lo si risolve con l'arresto.
Iniziamo a intervenire sui luoghi vicini alle piste, con delle regole precise,
che ancora non ci sono e che devono essere fatte rispettare, magari con controlli
più serrati».
Un'opinione condivisa da Armando Poli, presidente nazionale del Cnsas. «Quando
ho letto la notizia - commenta raggiunto telefonicamente - ho pensato a un provvedimento
eccessivo. Qualcosa indubbiamente bisogna fare, ma io sono dell'idea che la
prevenzione dà i veri risultati. Bisogna convincere i ragazzi dei pericoli
che possono correre, e magari trovare delle aree dedicate a quelle pratiche,
ma l'arresto mi sembra eccessivo».
BOLZANO
domenica 4 febbraio 2001,
La guida Hanspeter Eisendle: «La montagna è imprevedibile»
Un coro di no alla linea dura
Gli esperti concordano sulla necessità di fare più lavoro preventivo
Così si aggiunge il fascino del proibito al rischio che da sempre attira
i giovani verso le attività "estreme"
di Alessio Pompanin
BOLZANO. «Condannare chi scia fuoripista? Gli impiantisti vogliono far
vedere che le piste sono sicure, ma le piste sono in montagna, e la montagna
è imprevedibile». E' dura la "verità" di Hanspeter
Eisendle, guida alpina fra le più note in Alto Adige, è una verità
segnata da anni di esperienza ma soprattutto da un episodio che lo vide impotente
spettatore: la valanga staccata dal lato opposto del pendio sul quale portava
4 scialpinisti, ne provocò una di "rimbalzo" che li travolse
e uccise.
Era quasi un anno fa, il 21 febbraio 2000, e quella giornata sulla cresta di
Piz Portles, il monte che domina l'ultimo tratto della Val di Mazia, Hanspeter
Eisendle se la porta dentro. Gli ha fatto capire, più di quanto ancora
non avesse intuito, che, come dice lui, «non è il discorso del
destino, semplicemente è la montagna che decide». Gli ultimi episodi
giudiziari legati allo sci fuoripista, la linea dura che da quest'anno caratterizza
i provvedimenti nei confronti di chi provoca una valanga, trovano un fertile
terreno di discussione in Eisendle: da una parte l'esperienza di un uomo di
montagna, di un grande alpinista prima ancora che di una guida alpina, dall'altra
un uomo "di montagna" con dolorose esperienze legate a questa, e che
a questa associa in primo luogo un imperativo: rispettala.
«Vede - commenta Eisendle - il caso di Pampeago mi sembra eloquente per
dire che bisogna differenziare le situazioni: un conto è fare qualcosa
apposta, ma qui cosa si vuol far intendere? E' come dire che gli altri due ragazzi
che erano con la vittima avessero voluto che lui si ammazzasse... E poi il primo
episodio, quello di Kuno Kaserer: ma lui sta diventando guida alpina, sta studiando
per questo, e le sembra che vada apposta a provocare una valanga? Il problema
sta a monte, sta nella cultura della montagna. I ragazzi olandesi di Pampeago
più che la neve bianca non vedono, e soprattutto non conoscono, bisogna
punirli per questo?».
Linea dura, linea inutile, insomma, meglio una vera cultura della montagna,
ma certamente non è una strada facilmente praticabile...
«Ma anche "chiudere" - replica Eisendle - è sempre la
strada sbagliata, la verità è che si deve lavorare sull'educazione,
anche per chi sciando rimane in pista. Se un bambino accende un fuoco per terra,
lei pensa di insegnargli qualcosa dandogli uno schiaffo? Lui deve capire perchè
non deve farlo. La scelta di mettere in galera è una barzelletta, è
una cosa che non serve a niente, anzi rischia di avere effetti opposti: perchè
qui si fanno delle scelte che dovrebbero essere "dimostrative", ma
non si considera la mentalità dei giovani, cioè se il fuoripista
adesso, oltre che pericoloso, è anche proibito, qualcuno sarà
ancora più attratto. Lo sappiamo bene che da sempre i giovani sono attratti
dal "proibito", e con queste decisioni drastiche si evita invece di
fare un discorso serio e completo, veramente utile».
Eisendle sa che non può sottrarsi a un collegamento con quel dannato
21 febbraio del 2000, e fa il "giro largo".
«Anche i cartelli di divieto - continua - che senso hanno? Da dove valgono,
chi decide dove collocarli? La mia esperienza mi fa dire che non è corretto
parlare di destino, perchè il destino in montagna non c'è: se
quel giorno noi non eravamo lassù, succedeva tutto lo stesso ma senza
tragedie, perchè la realtà è che la montagna non si può
comandare e il pericolo esiste sempre, anche se poi molte volte alla base degli
incidenti c'è un errore umano».
La controversia sul valore dei cartelli di divieto viene ripresa da un'altro
noto alpinista (e guida alpina), Kurt Walde. «Non è facile dare
opinioni su episodi come questi - ammette - però è anche vero
che spesso, nelle zone sciistiche, si parte col piede sbagliato: si chiude un'area
con le reti e si mette il cartello lasciando così le cose per tutta la
stagione, anche quando non ci sono condizioni di pericolo. E' semplicistico,
si chiude e chi contravviene al divieto paga. Del resto, si può arrivare
a prevedere il pericolo fino a un certo punto, e dunque è difficile condannare
qualcuno. Oltretutto - conclude Walde riprendendo un concetto già espresso
da altri esperti - è difficile parlare di divieti quando la maggior parte
della pubblicità ci mostra gente che scia fuoripista».
BOLZANO
domenica 4 febbraio 2001
«Giusto che stiano dentro»
Controcorrente il capo della Scuola Sci Obereggen
I MAESTRI Più comprensione a La Villa in Badia
al.p.
BOLZANO. Arresti esagerati, sciatori amanti del fuoripista ingiustamente criminalizzati:
tutta d'accordo la "gente di montagna"? No, una voce fuori dal coro
c'è, ed è anche piuttosto decisa, oltre che rilevante per il ruolo
che ha. E' la voce di Karl Pichler, direttore della Scuola Sci Obereggen, che
appoggia totalmente la linea dura adottata per l'episodio di Pampeago, zona
che tra l'altro rientra nel carosello sciistico dello Ski Center Latemar, proprio
con Obereggen e Predazzo.
«La situazione è chiara - risponde deciso Pichler -: c'era la rete,
c'era il cartello di divieto, loro sono passati lo stesso ed hanno provocato
una valanga, mettendo in pericolo anche altra gente, dunque è giusto
punirli».
Gli facciamo notare che fino ad ora è l'unico ad andare controcorrente,
e Karl Pichler non si preoccupa, anzi rincara la dose e motiva la sua scelta
di appoggiare la linea dura.
«Prima o poi - dice - bisogna decidere e decidersi, io non sono contrario
alla linea dura: ogni anno stiamo a parlare, a discutere di piste sicure, di
interventi, e allora è giusto anche l'arresto per chi mette in pericolo
la vita della gente sulle piste. Ma scusi, le ripeto la situazione: c'era la
rete, se ne sono fregati ed è successo quello che è successo.
Allora che stiano dentro e basta, visto che le reti e i cartelli non sono bastati».
Decisamente più morbida la linea su un altro fronte sciistico-scolastico:
ci spostiamo in Alta Badia, da Klaus Planinschek, direttore della Scuola Sci
La Villa. «Penso che non si debba esagerare con le criminalizzazioni -
dice subito - e del resto queste cose succederanno sempre, è inutile
farsi illusioni. Oltretutto quest'anno c'è molta neve in alto, e dunque
è più marcato il pericolo di valanga. Vede, io credo che sia molto
difficile trovare delle regole e soprattutto metterle in pratica, la realtà
è che è decisivo il buonsenso, e se uno non lo ha... Per questo
dico che ci sarà sempre gente che esce dalle piste, che cerca la neve
non battuta».
Un problema senza soluzioni, allora?
«No - prosegue Planinschek - forse, ad esempio, si potrebbe far in modo
che chi sceglie il fuoripista sia sempre accompagnato da un esperto, ma non
credo sia praticabile la strada della linea dura: andando avanti così
si arriverà a vietare tutto, anche l'alpinismo in estate. Sono d'accordo
sul fatto che non si deve rischiare troppo, e ripeto che allora ci vuole buonsenso,
ma non dimentichiamoci che l'esperienza dimostra anche che, studi o non studi,
previsioni precise o no, accade che le valanghe si stacchino quando vogliono
loro. E poi il rischio piace: vedo qui vicino, in Val di Mezdì, una zona
che tutti sanno essere pericolosa, eppure la gente continua a passarci..».
BOLZANO
domenica 4 febbraio 2001,
Ma è fondamentale la distinzione fra gli eventi che si verificano vicino
alle piste o in zone di montagna "aperta"
E anche in Trentino in molti chiedono più rigidità
TRENTO. E' ormai chiaro che gli incidenti sulla neve verranno sempre più
trattati all'interno delle aule dei tribunali. E i vertici delle associazioni
che in Trentino rappresentano il mondo legato alla montagna sono sostanzialmente
favorevoli ad una linea dura contro chi mette a repentaglio la sicurezza propria
ed altrui. Con una certa distinzione però da quanto accade nelle piste
e nelle vicinanze di queste, e dagli eventi che si verificano nella montagna
"aperta". «Chi va sugli impianti paga anche per avere sicurezza
- commenta Oscar Piazza, responsabile del soccorso alpino trentino - e per questa
ragione viene delimitata chiaramente l'area sciabile e vengono posti dei divieti.
Se una persona vìola queste regole va a creare un pericolo per sè
e soprattutto per gli altri e questo non è accettabile. Violare le norme
in una ski area può avere conseguenze tragiche per gli altri. Per quanto
riguarda la montagna aperta, il vero problema sono le escursioni con le ciaspole:
una questione da affrontare con occhi diversi rispetto al fuoripista».
L'arresto dei due ragazzi olandesi? «Non entro nel merito dell'intervento
della magistratura: ogni caso ha una sua storia. E' però evidente che
quei ragazzi hanno ignorato dei divieti».
Anche Elio Caola, presidente della Sat, la Società Alpinisti Tridentini,
concorda sulla necessità di intervenire con decisione nei confronti di
quelli che tengono comportamenti pericolosi con gli sci. Ed anche Caola fa un
distinguo tra ski area e montagna aperta: «Se uno si muove su zone libere
fa i conti semplicemente sulla propria esperienza. Tutto cambia se si è
in un comprensorio sciistico, dove ci sono precise norme da rispettare».
E' favorevole alle linea dura? «No, sono favorevole a pubblicizzare le
norme di sicurezza». Gli arresti? «Forse è giusto dare un
segnale chiaro su quali sono le conseguenze per chi rischia la vita propria
e di altri».
Di diverso avviso Luigi Casanova, presidente nazionale di Mountain Wilderness:
«I primi responsabili sono le Apt e i politici: le Apt perchè pubblicizzano
le ski area mostrando sciatori che vanno in fuoripista, i politici perchè
permettono la realizzazione di impianti in zone a rischio di valanghe».