NOVARA Giovedì 01 Febbraio 2001

La tragedia ai Piani della Rossa, zona ritenuta sicura. I soccorritori lo hanno individuato dopo due ore di ricerche grazie ad una racchetta nella neve

Muore travolto da una valanga all’alpe Devero

Renato Balducci

BACENO Una tragica fatalità. Non ci sono altre spiegazioni per la morte di Carlo Buzzi, 38 anni, di Ornavasso, un appassionato di sci alpinismo, travolto e ucciso da una valanga all’alpe Devero. La disgrazia è avvenuta martedì pomeriggio ai Piani della Rossa, una vasta zona a 2050 metri di altitudine, proprio sotto la Punta della Rossa. Un percorso ideale per gli amanti dello sci alpinismo, una passione che Buzzi coltivava da anni. La valanga, staccatasi dal versante montano, ha travolto lo sciatore ornavassese. «Sarebbe ancora vivo se ci fosse stata una persona, assieme, attrezzato con qualcosa per scavare» dice Felice Darioli, responsabile del Soccorso alpino ossolano. L’allarme è scattato alle 20,30. «Siamo stati avvertiti a quell’ora dalla famiglia che non l’ha visto tornare a casa» dice Michele Galmarini, uno dei soccorritori del Cnsa (soccorso alpino) di Baceno-Devero che martedì sera, al buio, si sono mossi per cercare lo sciatore. Carlo Buzzi era atteso a casa di Ornavasso, dove abita con la moglie Rina Bonetti ed il figlio Damiano, 10 anni. «Aveva lasciato detto che sarebbe andato a Devero a sciare» dicono gli uomini del soccorso alpino di Ornavasso che, col Sagf, il soccorso della Finanza, hanno aiutato i colleghi di Baceno nelle ricerche. Tre squadre si sono mosse verso la Rossa, il Cazzola e Buscagna. Erano le 22 circa quando i soccorritori hanno visto una racchetta spuntare dalla massa di neve che lo aveva travolto. Il corpo è stato trasportato con il toboga sino a Devero e quindi all’obitorio dell’ospedale di Domodossola. Che si sia trattato di una fatalità lo confermano anche gli uomini del Soccorso alpino. «Le condizioni di tempo erano discrete - conferma Galmarini -. Per tutta la giornata ha tirato un forte vento ma la temperature era attorno ai 5, 6 gradi sotto lo zero. La zona? Non è pericolosa». Non è escluso che proprio il vento possa aver aumentato i rischi, accumulando sui pendii una crosta di neve instabile che è poi scivolata verso valle al primo sbalzo, anche lieve, della temperatura. Carlo Buzzi era un esperto di sci alpinismo. Aveva partecipato a diverse traversate impegnative. Con la guida Alberto Paleari aveva preso parte anche alla Chamonix-Zermatt, una classica di alta quota. Domenica alcuni amici lo avevano visto al Sempione. Una passione che, purtroppo, gli è costata la vita.

NOVARA Venerdì 02 Febbraio 2001

Il pericolo di slavine è alto. Oggi pomeriggio i funerali del trentottenne di Ornavasso

«In quota è allarme rosso: prudenza»

Renato Balducci

BACENO «Marcato. Livello quattro»: è il grado di pericolo che ieri i bollettini nivometrici indicavano per le Alpi Pennine e Lepontine dell’Ossola. Il manto nevoso viene indicato come «non omogeneo, con forti accumuli causati dal vento con il pericolo di distacchi di valanghe spontanee sopra i 2000 metri». Un pericolo che era già presente, seppur in modo leggermente inferiore (livello tre) martedì scorso, il giorno in cui Carlo Buzzi ha perso la vita a Devero. L’esperto sciatore di Ornavasso è stato travolto dalla valanga staccatasi poco più a monte, lungo un tracciato che lui stesso avrebbe fatto nello scendere verso Devero. La disgrazia avvenuta ai Piani della Rossa, una zona invitante per gli appassionati di sci alpinismo, ha destato dolore a Ornavasso, dove l’operaio (lavorava per la «Sbilte») abitava con la famiglia. Una passione conosciuta anche dagli esponenti del Soccorso alpino ornavassese, interentuti nelle ricerche. I responsabili del Cnsa avevano eseguito a Devero, pochi giorno prima, una serie di stratigrafie nella neve per capirne la «solidità». Neve a rischio, instabile, portata dal vento ed adagiatasi su quella compatta delle settimane precedenti. «E’ stata una lastra di neve fresca quella che ha travolto lo sciatore - dice Felice Darioli, responsabile della X delegazione ossolana -; neve formatasi la notte per il forte vento che aveva soffiato sino a martedì. E’ incredibile quanta neve possa accumulare il vento sui pendii nel giro di una o due ore!». Darioli ricorda «che solo la presenza di un amico, dotato però di attrezzatura idonea, avrebbe potuto salvare Buzzi. Occorre avere una pala, una sonda o il trasmettitore tascabile da valanga». Martedì, durante la giornata, a Devero c’erano 5, 6 gradi sottozero ma anche un forte vento di tormenta. «In questi casi - dice Giulio Frangioni, responsabile del Soccorso Alpino Ossolano - si devono valutare attentamente i pericoli prima di scegliere il tracciato. Non ci stancheremo mai di predicare molta, molta attenzione». «E’ un inverno particolare - rimarca Renato Cresta, nivologo, esperto di valanghe -. Il rischio tre prevede già il pericolo di valanghe sui pendii ripidi o in presenza di gruppi numerosi di sciatori». Oggi alle 15 ad Ornavasso si svolgeranno i funerali di Carlo Buzzi. Lascia la moglie Rina ed il figlio Damiano, 10 anni, anche lui un appassionato sciatore.

CRONACHE Lunedì 05 Febbraio 2001

Allarmi anche in Svizzera e Austria. In 25 anni le slavine hanno causato 2700 vittime

Le valanghe uccidono sei sciatori

Claudio Laugeri

AOSTA Le previsioni indicavano forte pericolo di valanghe e così è stato, su tutto l’arco alpino. Il bilancio è tragico: tre vittime in Svizzera, due in Italia (nel Cuneese e a Udine) e una in Austria. Tutti sciatori travolti da masse di neve. In Valle Stura, nel Cuneese, Alberto Giordanengo, 26 anni, di Savona, è morto, vicino alla Cima delle Lose (2800 metri d’altezza). Era insieme a due amici, che sono riusciti a scampare alla tragedia. I tre escursionisti stavano facendo sci fuoripista. All'improvviso si è staccata la valanga che ha travolto il Giordanengo. I due compagni hanno cercato subito aiuto con il cellulare ma, per assenza di campo, non sono riusciti a contattare nessuno. Hanno quindi cercato di salvare l'amico scavando nella neve, ma non c’è più stato nulla da fare. Nel frattempo sono arrivati i soccorsi con l'elicottero del 118. Giordanengo aveva l’«Arva», apparecchiatura elettronica che emette un segnale per consentire di essere individuati nell’eventualità di un incidente. Nemmeno questo è servito a salvargli la vita. In Friuli, un esperto sci alpinista, Mauro Fogli, 35 anni, di Artegna (Udine), è morto sotto la valanga staccatasi sul monte Crostis, sopra Forni Avoltri, nelle Alpi carniche. Era partito in compagnia di tre escursionisti, ma a metà cammino due di loro, meno esperti, avevano deciso di proseguire per una via più breve e sicura. Poco prima di arrivare sulla cima del monte, anche l'ultimo compagno aveva deciso di fermarsi, accusando crampi. Alle 16 uno degli amici non vedendo rientrare l’alpinista ha dato l’allarme. Il corpo delll’uomo è stato trovato sull'altro versante della montagna da dove si era staccata una valanga, probabilmente innescata dagli stessi movimenti dell'escursionista. Sempre ieri due allarmi: in Val Formazza (Verbania), a Lago Castel (2200 metri), quattro persone sono state travolte dalla neve, ma sono riuscite a liberarsi da sole, mentre in val d’Aosta solo per una pura fatalità, un trentunenne di Strambino (Torino), non è stato travolto da una slavina di neve staccatasi dalle pendici del monte Dondena, nell'alta valle di Champorcher. Alcuni sciatori stavano praticando il fuori pista. Ad un certo punto sono passati sopra una massa di neve accumulata dal vento che si è staccata. Poco sotto c'era il piemontese che è riuscito a togliersi dalla traiettoria della slavina che l'ha solo sfiorato. In Svizzera le vittime sono state tre. A Zinal, nel cantone Vallese, un'alpinista, che faceva parte di un gruppo di giovani di Zurigo, è rimasta sepolta sotto una valanga mentre stava scalando una parete di ghiaccio. I soccorritori inviati sul posto sono stati sorpresi da una seconda slavina e due di essi, guide alpine, sono rimasti uccisi. In Austria ha perso la vita un tedesco, vicino alla stazione di Hochfuegen, in Tirolo, mentre sciava fuori pista. Tutto l’arco alpino è a rischio valanghe. Negli ultimi 25 anni le vittime sono state 2.700, una media di 100 l'anno con punte record nell’85, quando i morti sono stati 180, e nel ‘91 con 149 deceduti. Gli esperti di montagna consigliano agli escursionisti di spostarsi dotati dell’Arva: una garanzia in più - spiega Franco Chaberge, responsabile del gruppo cinofilo del soccorso alpino della Val d’Aosta -. Bisogna conoscere le montagne dove si organizza la gita. Da non dimenticare il massimo rispetto dei bollettini meteo».

SAVONA Lunedì 05 Febbraio 2001

Ieri mattina Alberto Giordanengo stava raggiungendo con gli sci la cima delle Lose, nel Cuneese

Studente travolto e ucciso da una valanga

Amedea Franco

Stefano Pezzini SAVONA E’ morto travolto da una valanga mentre con gli sci stava raggiungendo la Cima delle Lose (2813 metri), nel gruppo dell’Argentera, in Alta Valle Stura. La vittima è uno studente universitario di 27 anni, Alberto Giordanengo, abitante a Savona in via Privata degli Angeli 19. Feriti i due amici: Sergio Amedeo, 27 anni di Savona, via Oxilia 12/2 e Alessandra Taviani, 26 anni, abitante a Genova in salita Santa Maria della Sanità e figlia di un cugino del senatore a vita Paolo Emilio Taviani. Alberto Giordanengo era un giovane molto conosciuto a Savona e in Val Bormida. Era figlio di Giuseppe, ferroviere orignario di località Rossi a Cosseria, stroncato da un infarto cinque anni fa. La mamma, Giovanna, 59 anni, per molti anni è stata commessa del negozio di pelletterie «Diana» in via Paleocapa. Vicino alla laurea in ingegneria Alberto viveva con la mamma e la nonna Olga Venturino (assieme alle sorelle Augusta e Maria aveva gestito sino alla fine degli Anni ‘80 il bar della stazione di San Giuseppe di Cairo) ed era appassionato oltre che di sci alpinismo (sport che aveva praticato negli ultimi anni) anche di ciclismo e nuoto.Aperto, amante dello sport e della vita all’aria aperta Alberto sembrava non aver paura di niente, sempre pronto a sfidare la natura. L’incidente ieri mattina verso le 11,30. I tre dopo aver lasciato la loro auto a Bersezio, con gli sci hanno cominciato a salire il vallone che conduce alla Cima delle Lose, una classica per chi ama questo sport. Dopo alcune ore di marcia (davanti c’era Alberto Giordanengo), i tre hanno sentito un boato e pochi secondi dopo hanno visto una massa di neve staccarsi dalla montagna e rotolare giù per il vallone. Istintivamente si sono portati fuori dalla traiettoria della valanga. Ma Giordanengo pare abbia avuto un ripensamento, e all’improvviso si sia girato per cambiare direzione. In quell’istante la valanga lo ha travolto trascinandolo un centinaio di metri a valle. I due amici che hanno assistito impotenti alla scena, non riuscendo ad avvertire il Soccorso (il cellulare in quella zona non prende) hanno immediatamente raggiunto la valanga (un fronte di 100 metri) e con la pala e l’ausilio dell'Arva (dispositivo elettronico di segnalazione costituito da un ricetrasmettitore individuale su lunghezza d’onda prestabilita, utilizzato per la localizzazione degli alpinisti travolti da valanghe) sono riusciti in poco tempo a estrarre Alberto Giordanengo, sepolto sotto oltre un metro e mezzo di neve. Ma per il giovane non c’è stato più nulla da fare. E’ morto per soffocamento. Inoltre la neve particolarmente pesante ha provocato lo schiacciamento della cassa toracica. I due amici, sotto choc e leggermente feriti, sono quindi scesi verso valle per chiedere aiuto. Sul percorso hanno incontrato altri alpinisti che con il cellulare sono riusciti ad allertare i volontari del Soccorso alpino della Valle Stura, coordinati dalla guida Remo Degioanni. L’operazione ha coinvolto anche l’èquipe dell’Elisoccorso, gli uomini del Soccorso alpino della Guardia di finanza di Limone con i cani da valanga, carabinieri e numerosi volontari. La salma di Alberto Giordanengo è stata composta nella camera mortuaria di Bersezio, dopo il nulla osta del magistrato verrà trasferita a Savona. Inesperienza o fatalità? «Sicuramente fatalità. I tre ragazzi non erano nè inesperti né degli sprovveduti. Erano attrezzati per quello che stavano facendo. La stessa prontezza nel recuperare il compagno ha dimostrato la loro preparazione, nemmeno noi avremo potuto fare meglio ed evitare per evitare la morte del ragazzo», dicono gli uomini del soccorso alpino Una giornata iniziata male già al momento della partenza. «Uno dei ragazzi ci ha confidato che avevano caricato il furgone con tutta l’attrezzatura e dopo pochi chilometri, il mezzo ha avuto qualche problema e quindi hanno dovuto tornare indietro e ripiegare sull’auto di Giordanengo», raccontano i soccorritori. Gli esperti invitano alla prudenza chi si dedica allo sci fuori pista. La scorsa settimana sulle montagne di Elva una valanga ha travolto e ucciso un operaio della Forestale a bordo della sua motoslitta, mentre un ragazzo, sempre in Valle Stura è scivolato per circa 400 metri da un vallone a causa della neve ghiacchiata, riportando trauma facciale e numerose ferite.

CUNEO Martedì 06 Febbraio 2001

Venti tiepidi e abbondanti precipitazioni hanno reso meno sicure le escursioni fuori pista





Paura per le valanghe sui monti cuneesi Dopo la morte dello sciatore ligure in Alta Valle Stura










Amedea Franco


BERSEZIO Nel tardo pomeriggio di ieri è arrivato il nulla osta per il trasferimento a Savona della salma di Alberto Giordanengo, l’alpinista ligure (26 anni), ucciso domenica da una valanga nel vallone delle Lose mentre con due amici stava sciando fuori pista. In mattinata la salma era stata sottoposta a visita necroscopica. Sulla vicenda i carabinieri dopo aver sentito la testimonianza dei due compagni dell’alpinista (Sergio Amedeo, 27 anni di Savona e Alessandra Taviani, 26, di Genova), ritengono di non dover procedere in ulteriori indagini. L’incidente è accaduto domenica verso le 11,30. Giordanengo era il primo della fila. Raggiunti i 2000 metri i tre hanno sentito un boato e visto una massa di neve staccarsi dalla montagna e invadere il vallone. Istintivamente si sono portati fuori dalla traiettoria della valanga ma Giordanengo ha avuto un’esitazione, si è voltato e la massa di neve lo ha travolto trascinandolo per un centinaio di metri. Grazie all’Arva del Giordanengo(ricetrasmettitore che emette un segnale per facilitare i soccorsi in caso di valanga) i due amici lo hanno subito individuato. Sono stati loro a estrarlo dal metro e mezzo di neve in cui era sepolto, ma ogni tentativo di rianimarlo è stato inutile. Giordanengo era già morto, probabilmente per soffocamento. In serata da Savona è arrivata la mamma dello studente. Mentre gli altri due alpinisti, ancora sotto choc, sono rientrati in Liguria. «E’ un dolore indescrivibile quello che stiamo provando - spiega la zia, che vive a Cuneo, ma che ha raggiunto i parenti in albergo a Bersezio -. Alberto era vicino alla laurea in Ingegneria, era un ragazzo sportivo e la sua morte non è dovuta a imprudenza, ma a fatalità. Queste montagne le conosceva bene perché escursioni ne aveva fatte tante, senza mai avere problemi. Partiva sempre con l’adeguata attrezzatura, ma domenica tutto questo non è bastato. La mamma è distrutta, dopo la morte del marito, viveva per Alberto, suo unico figlio». Il sindaco di Argentera, Arnaldo Giavelli: «I venti tiepidi e le abbondanti piogge hanno influito negativamente sulla neve in alta quota. Occorre quindi massima prudenza per chi scia fuori pista».


CUNEO Martedì 06 Febbraio 2001


«Sempre con la trasmittente» Dagli uomini del Soccorso alpino un forte appello agli appassionati

Mario Bosonetto


LIMONE Gli incidenti che negli ultimi giorni hanno provocato due vittime sulle montagne cuneesi hanno preceduto e seguito di poche ore un’esercitazione della XV delegazione del Soccorso alpino e speleologico piemontese, divenuta - purtroppo - di drammatica attualità. La giornata di addestramento ha riguardato infatti la simulazione della caduta di una valanga che avesse investito cinque sci alpinisti. Svoltasi a «Quota 1400» a Limone, ha visto impegnati cinquanta volontari del Soccorso alpino della XV delegazione «Alpi Marittime», 7 militari della Gendarmeria e 5 agenti della Polizia francese, specializzati nei soccorsi in alta montagna, 4 Fiamme gialle del Soccorso in montagna della Guardia di Finanza, di stanza a Limone, insieme con 3 unità cinofile da valanga del Soccorso alpino italiano e un’unità cinofila della Gendarmeria francese. Erano presenti anche il prefetto di Cuneo Mario Spanu, il sindaco di Limone Domenico Clerico, il viceprefetto di Nizza, con varie autorità francesi. L’esercitazione è stata coordinata da tre tecnici (Aime, Bianco e Fabbro) della XV delegazione. Nella prima fase, ipotizzando tempo avverso, sono intervenute le unità cinofile e le squadre a piedi che hanno rapidamente trovato tre sciatori (figuranti) sotto circa 2 metri di neve. Poi, mentre gli uomini a piedi proseguivano le ricerche, sondando la valanga alla ricerca di due manichini preventivamente sepolti dai coordinatori, è intervenuto anche l’elicottero del «118» partito dalla base di Levaldigi, con a bordo medico, infermiere, tecnico di soccorso alpino e unità cinofila da valanga. L’equipe elitrasportata è stata calata con il verricello sul bordo della valanga. E anche questa volta le unità cinofile rapidamente, nell’arco di pochi minuti, sono riuscite a rintracciare un altro figurante, che, estratto dalla neve, è stato medicato e caricato sull’elicottero per il trasporto in ospedale. Nel frattempo le squadre a piedi hanno individuato e recuperato i due manichini. «Queste esercitazioni - spiega Mario Molineris, responsabile della XV delegazione del Soccorso alpino - che ripetiamo nelle varie delegazioni più volte l’anno, hanno il preciso scopo di creare una buona intesa fra tutti i partecipanti, in modo che, all’occorrenza, non vi siano perdite di tempo e tutto funzioni alla perfezione». «Purtroppo non è da solo garanzia di salvezza - prosegue Molineris -, ma bisogna ripetere che chi pratica lo sci alpinismo deve assolutamente essere dotato di Arva (apparecchio ricetrasmittente). Aumenta in modo decisivo le probabilità di essere presto rintracciati dai compagni non travolti dalla valanga o dai soccorritori. Nelle probabilità di salvezza da una valanga il fattore tempo è determinante. Ad esempio nell’incidente di domenica in Valle Stura va rilevato che sono stati i compagni dell’alpinista travolto che, grazie all’Arva, sono riusciti a localizzarlo e a liberarne molto in fretta la testa dalla neve. Purtroppo era già morto, forse per la compressione della neve o per soffocamento, trattandosi di neve molto compatta. Ma altrimenti non si può dire che i partecipanti a quella escursione non fossero correttamente attrezzati».

SAVONA Martedì 06 Febbraio 2001

I carabinieri hanno chiuso l’inchiesta sulla tragedia avvenuta domenica nel Cuneese in Alta Valle Stura

Domani mattina l’addio ad Alberto

Amedea Franco

Claudio Vimercati BERSEZIO Nel tardo pomeriggio di ieri è arrivato il nulla osta per il trasferimento a Savona, della salma di Alberto Giordanengo, l’alpinista ligure (26 anni), ucciso domenica da una valanga nel vallone delle Lose mentre con due amici stava facendo sci fuori pista. Sempre nella giornata di ieri la salma è stata sottoposta a visita necroscopica. Sulla vicenda i carabinieri dopo aver sentito la testimonianza dei due compagni dell’alpinista (Sergio Amedeo, 27 anni di Savona e Alessandra Taviani, 26, residente a Genova), ritengono di non dover procedere in ulteriori indagini. L’incidente è accaduto domenica mattina verso le 11,30. Alberto Giordanengo era il primo della fila. Raggiunti i 2000 metri i tre ragazzi hanno sentito un boato e visto una massa di neve staccarsi dalla montagna e invadere il vallone. Istintivamente si sono portati fuori dalla traiettoria della valanga, ma Giordanengo ha avuto un’esitazione, si è voltato e la massa di neve lo ha travolto trascinandolo per un centinaio di metri a valle. Grazie all’Arva che Giordanengo portava sempre con se i due amici lo hanno subito individuato. Sono stati loro a estrarlo dal metro e mezzo di neve in cui era sepolto, ma ogni tentativo di rianimarlo è stato inutile. Alberto Giordanengo era già morto, probabilmente per soffocamento. In serata da Savona è arrivata la mamma di Alberto Giordanengo. Mentre gli altri due alpinisti, ancora sotto choc, sono rientrati in Liguria. «E’ un dolore indescrivibile quello che stiamo provando - spiega la zia, che vive a Cuneo, ma che ha raggiunto i parenti in albergo a Bersezio -. Alberto, era vicino alla laurea in ingegneria, era un ragazzo sportivo e la sua morte non è dovuta a imprudenza, ma a fatalità. Queste montagne le conosceva bene perché escursioni ne aveva fatte tante, senza mai avere problemi. Partiva sempre con l’adeguata attrezzatura, ma domenica tutto questo non è bastato. La mamma è distrutta, dopo la morte del marito, viveva per Alberto, suo unico figlio». Alberto Giordanengo era un giovane molto conosciuto a Savona e in Valbormida. Era figlio di Giuseppe, ferroviere originario di località Rossi a Cosseria, stroncato da un infarto cinque anni fa. La mamma, Giovanna, 59 anni, per molti anni è stata commessa del negozio di pelletterie «Diana» in via Paleocapa. Alberto che era vicino alla laurea in Ingegneria, abitava con la madre e la nonna Olga Venturino (assieme alle sorelle Augusta e Maria aveva gestito sino alla fine degli anni ‘80 il bar della stazione di San Giuseppe di Cairo) nella casa di via Privata degli Angeli 19. Era appassionato oltre che di sci alpinismo anche di ciclismo e nuoto. I funerali i svolgeranno domani alle 9,30 nella chiesa di San Giuseppe. I familiari di Alberto hanno ricevuto ieri mattina il cordoglio del sindaco di Argentera, Arnaldo Giavelli: «E’ un momento - ha detto - difficile per tutta la nostra comunità che in queste ore ha assisitio impotente al dolore di una famiglia».

SAVONA Martedì 06 Febbraio 2001


«Era un ragazzo esemplare»

SAVONA Ha visto staccarsi la valanga e dopo pochi attimi Alberto non c’era più, inghiottito dalla massa di neve. Una scena terribile a cui ha potuto solo assistere impotente. Una scena che Sergio Amedeo non potrà mai dimenticare: Alberto, uno dei suoi migliori amici, gli è morto davanti agli occhi. Al telefono di casa risponde la sorella: «Mio fratello non vuole parlare, non è il momento adatto. E’ sotto choc e va compreso. Poco fa ha chiamato un suo amico di infanzia, ma neppure a lui ha voluto raccontare quello che è successo». Anche Olga Venturino, la nonna di Alberto non ha parole: «E’ morto. Mio nipote è morto» ripete fra le lacrime. Non riesce ad aggiungere altro. Ambrogio Zaro, presidente dell’Amatori nuoto, conosceva bene Alberto Giordanengo. Fino a una decina di anni fa, infatti, il giovane aveva gareggiato per i colori della squadra di nuoto savonese, ma anche dopo che si era ritirato dall’attività agonistica non aveva troncato i legami con i dirigenti, gli allenatori dell’Amatori. «Era un ragazzo d’oro, un esempio per tutti. Con noi ha gareggiato fino all’età di 16 anni. Suo allenatore era stato Gino Saverino, il maestro degli allenatori liguri, che apprezzava la serietà di Alberto». Chiusa l’attività agonistica, Alberto Giordanengo aveva continuato a frequentare le piscine, ma come cronometrista. «Ed era sempre un piacere incontrarlo - ricorda ancora Zaro -. Si parlava dei vecchi tempi, di quando gareggiava. Alberto era ancora affezionato alla squadra. Siamo rimasti choccati per quello che è successo. Per noi, poi, è un altro lutto. L’anno scorso era morto Ciccione, un altro ex atleta. Ora Alberto. Siamo sconvolti». Un’altra passione di Alberto era lo sci. Giampiero Vasalici, uno dei titolari del negozio di articoli sportivi Free sport, in via Verdi, lo conosceva bene. «Venerdì - racconta - aveva comprato uno zaino. Era un ragazzo prudente, aveva tutte le attrezzature indispensabili per le escursioni in montagna, era iscritto al Cai. E’ stata una disgrazia, una fatalità». Alberto Giordanengo è stato travolto dalla valanga mentre stava raggiungendo la Cima delle Lose (2813 metri) nel gruppo dell’Argentera. Una zona che Giampiero Vasalici conosce molto bene. «E proprio perchè le conosco - conclude Vasalici - e perchè conoscevo Alberto e sapevo quanto fosse prudente, non ho dubbi nel ritenere che si è trattava di una fatalità». [c. v.]

NOVARA Martedì 06 Febbraio 2001

Sciatore di Varzo scampato alla valanga con 3 compagni in alta val Formazza

«Siamo salvi per un miracolo» Il testimone: ho visto la neve che li inghiottiva

FORMAZZA «Ho davvero temuto il peggio in quei terribili momenti, specialmente quando ho visto quei tre escursionisti lombardi inghiottiti dalla neve. Poi tutto si è risolto per il meglio e sono lieto di poterla raccontare». Fabio Mingozzi, 26 anni, macchinista di Varzo con la passione dello sci alpinismo, è salvo per miracolo: con altri tre giovani della provincia di Pavia, domenica è scampato ad una valanga in alta val Formazza, staccatasi nella zona del lago Toggia, ad oltre 2 mila metri di quota. «Ci eravamo appena incontrati lassù e abbiamo rischiato di fare la stessa fine. Io avevo gli sci, loro le racchette. Volevamo raggiungere passo San Giacomo, costeggiando la sponda sinistra del bacino. Erano due maschi ed una ragazza, più o meno della mia età. Non ricordo neppure come si chiamassero. Ci siamo salutati in fretta scendendo a valle, felici di rientrare al più presto», commenta Fabio. Ha già ripreso lavoro in ferrovia, ma nelle orecchie ha ancora il fragore della massa neve che si stacca all’improvviso e travolge i compagni: «Un boato assordante, che non dimenticherò. Era circa mezzogiorno, la temperatura si era alzata e la neve pesante. Avevamo già deciso di tornare indietro e forse, stando troppo vicini, abbiamo ’tagliato’ il manto. La valanga mi ha sfiorato, investendo invece in pieno gli altri. Era enorme, con un fronte di un centinaio di metri nella parte più bassa. Uno l’ho visto tenersi a galla, gli altri scomparire. Col telefonino ho subito dato l’allarme al ’118’. Due si sono liberati da soli, la ragazza era sotto di circa un metro e mezzo e scavando, in pochi minuti l’abbiamo tirata fuori. Ho così potuto richiamare il 118 e fermare i soccorsi prima ancora che partissero».[