MORTE DI MARIO RUMEZ

MERANO mercoledì 3 novembre 1999, S. Silvia

Muore campione di sci estremo

Il triestino Mauro Rumez sepolto da una slavina a Cima Trafoi

di Giuseppe Rossi

TRAFOI.

Tragedia della montagna ieri pomeriggio nel gruppo dell'Ortles. Un campione di sci estremo, Mauro Rumez, 34 anni, di Trieste, è stato ritrovato morto cinquecento metri sotto la cima Coni di ghiaccio sepolto da una slavina che egli stesso aveva provocato, dopo aver iniziato la temeraria discesa sugli sci. La massa di neve lo ha trasportato per mezzo chilometro. Le ferite riportate e il freddo non hanno dato scampo a Mauro Rumez. L'uomo, non era nuovo a imprese di questo genere. Appassionato di sci estremo, molto conosciuto nell'ambiente dello sci estreno, era arrivato a scalfire il mito di Toni Valeruz, anche se più schivo e riservato. Alcuni anni fa era riuscito addirittura a scendere con gli sci il Mount Mc Kinley. Mauro Rumez, di professione elettricista, era arrivato a Trafoi e aveva deciso di trascorrere il fine settimane tra i ghiacci per praticare lo sci estremo. Dopo aver parcheggiato la propria autovettura a Trafoi, in località Tre Fontane, l'uomo si er a avvicinato a Cima Trafoi, pernottando al rifugio Borletti a quota 2.188. Sabato mattina Rumez ha dato l'assalto alla cresta montana che dal Madaccio si allunga verso il Monte Zebrù. Giunto al bivacco Pelliccioli, l'alpinista si è diretto verso la cima Coni di ghiaccio a 3.530 metri di altitudine, raggiungendo la cima poco dopo mezzogiorno. Dopo un breve riposo Rumez si è infilato gli scarponi da sci, ha agganciato gli sci e ha iniziato la discesa. Uno, due, tre cambi di direzione, poi la tragedia. L'alpinista non ha fatto neppure in tempo ad accorgersi, che la scia lasciata dal suo passaggio aveva staccato una massa di neve fresca. Mauro Rumez è stato travolto dalla neve e trascinato a valle per 500 metri. Il corpo senza vita dell'alpinista triestino probabilmente è rimasto tra le nevi per tre giornate, fino a quando ieri i volontari del soccorso alpino del Cai con gli uomini della guardia di finanza di Malles lo hanno avvistato dall'elicottero. A dare l'allarme ieri nel primo pomeriggio era stata la moglie con una telefonata dal capoluogo giuliano, visto il mancato rientro del marito. Dotato di telefono cellulare, Mauro Rumez era d'accordo con la ex moglie di telefonarle sabato sera, ma quella telefonata dal cellulare non è mai partita. Proprio questo è uno degli elementi che avvalora l'ipotesi di una morte verificatasi ancora nella giornata di sabato. La neve fresca, ma soprattutto le elevate temperature di questi giorni, rendono particolarmente pericoloso lo sci alpinismo, che le guide alpine di Trafoi e Solda sconsigliano a tutti. A constatare il decesso dell'uomo è stato il medico condotto di Solda, dottoressa Rafaela Stocker.

Alcuni commenti dall' Alp-List

Purtroppo non ho mai avuto il piacere di conoscere di persona Mauro ma

spesso ho avuto occasione di sentire parlare di lui da molti miei amici che

lo conoscevano bene essendo, fino a quest'anno, Cervignano sottosezione

della XXX Ottobre di Trieste. Come molti di voi avevano accennato, tutti lo

ricordano come un ragazzo schivo e riservato ma sempre disponibile verso i

suoi compagni e verso chiunque avesse occasione di incontrarlo.

La sua passione per lo sci inizia tardi, verso i 18 anni ma nel giro di

poche stagioni è già in grado di scendere intinerari scialpinistici di una

certa difficoltà.

Le prime esperienze si svolgono sulle montagne di casa che Mauro riteneva

terreno di gioco da non sottovalutare; le sue imprese sulle Carniche e le

Giulie sono innumerevoli: via Comici-Brunner, via

di Dogna al Montasio, il Canalone Findenegg sempre sul Montasio e altre che

non ricordo che forse altri potranno elencare.

Quando esce di regione si fa subito riconoscere per le sue doti e molti lo

designano come l'erede di Valeruz, anche se lui non è interessato a sponsor

e notorietà. Per questo motivo non è conosciuto come altri scialpinisti,

delle vie che scende rende disponibili le relazioni ma non si preoccupa di

pubblicizzarle più di tanto.

Resta famosa la sua spedizione in Nuova Zelanda dove compie una discesa

molto temuta in solitaria (non so dirvi se era una "prima" o altro, ma

questo diventa un fatto secondario). Nel rientro cade in un crepaccio forse

a causa del tempo che era peggiorato notevolmente; con entrambe le gambe

fratturate riesce a rientrare in un bivacco da dove avvisa i rangers

neozelandesi via radio ma i soccorsi arriveranno solo il giorno dopo per le

avverse condizioni meteorologiche. La notte e d'inferno ma riesce a

cavarsela. Molti ancora si chiedono su come abbia fatto a sopravvivere a

questa disavventura che non finisce qui,

L'operazione chirurgica non è perfetta e causa un'infezione ossea (non so

riportarvi esattamente il nome corretto della patologia), durante la

riabilitazione si spezza di nuovo tibia e perone di una gamba portando i

medici a concludere che non avrebbe potuto più continuare la sua attività.

La sua forza di volontà lo riporta comunque presto sulla neve e sembra non

risentire di quanto accaduto.

Sapeva sempre affrontare pendenze impossibili con la tranquillità con cui si

affronta una banale escursione ma la sua ricerca non lo portava mai

all'estremo a tutti i costi. Sapeva aspettare, molte volte era tornato a

casa senza tentare perché riteneva che le condizioni non erano ideali. Una

discesa la studiava, compiva sopralluoghi, i suoi compagni triestini

dicevano che "nasava" la neve anche durante la salita ed era sempre pronto a

rinunciare. Nelle interviste degli anni scorsi denuncia quanto sarà

difficile comprendere le situazioni nivometeorologiche in futuro a causa

dei cambiamenti ambientali, "avere intuito nel capire il momento giusto sarà

sempre più importante".

Nella sua ultima spedizione sul McKinley in Alaska a compito quasi tutta la

discesa con gli sci ai piedi (scarsità di neve in alcuni punti) ma cosa ben

più rilevante ha disceso l'ultima parte a tempo di record, cosa che ha

permesso ai ranger americani di soccorrere il suo compagno Toso che aveva

dovuto abbandonare durante la discesa per un banale incidente che

considerate le condizioni e l'ambiente poteva rivelarsi fatale.

Nei giorni scorsi l'ultima avventura: parte con la sua Golf verso una meta

tranquilla, ricercando un posto isolato e non frequentato, in solitaria.

Sarebbe dovuto rientrare al massimo lunedì.

A casa non si hanno notizie, partono le ricerche. Da quanto si è potuto

ricostruire con la collaborazione dei familiari, l'incidente avviene

domenica mattina. Dopo la notte in bivacco, Mauro sale verso una vetta (mi

dispiace ma non conosco la zona e non ricordo i nomi), pendenze del 40% che

non sembrano impossibili. Inizia la discesa, poche curve, due forse tre poi

l'incidente. La valanga è di piccole dimensioni ma di neve estremamente

compatta. Viene travolto ma non sommerso tanto che i soccorritori

avvisteranno chiaramente il corpo già dall'elicottero. Purtroppo viene

trascinato per trecento metri.

Dopo i sopralluoghi del caso, non si è riusciti a determinare le cause della

sciagura con certezza ma sembra improbabile che la valanga sia stata

provocata da Mauro stesso. Sembra probabile che uno scivolo di ghiaccio

sottostante abbia permesso il distaccamento della massa nevosa, il tutto

favorito dal caldo imprevisto in questa stagione. Si sta ancora cercando di

capire cosa sia realmente successo.

Ieri il riconoscimento della salma da parte del padre e della fidanzata, la

data dei funerali non è ancora stabilita in quanto alcuni rilevamenti sono

ancora in corso. I tempi si prospettano lunghi.

Spero che quanto scritto ci aiuti a capire quanto Mauro fosse apprezzato

anche da chi non lo conosceva personalmente, forse proprio perché tutti lo

consideravano come un ragazzo qualunque, bravo nello sci. Posso riferire che

presso la nostra sezione appena costituita la sua perdita ha colpito un po'

tutti, giovani e vecchi, sciatori e non.

Non mi resta molto da dire, ma molto su cui riflettere

Stefano Piussa

Ho saputo della cosa da un trafiletto

sulla cronaca locale del Gazzettino ("sciatore muore sotto una valanga", lo

hanno trattato come un "normale" scialpinista della domenica).

L'ho incontrato di sfuggita una volta, e mi ha dato l'impressione di una

persona schiva e gentile. Le sue imprese sono state di prim'ordine, ben

poco da invidiare agli strombazzati Valeruz, Boivin, De Benedetti, ma

lontane dalla luce dei riflettori e degli sponsor. A chi dice qualcosa il

fatto che sei sceso con gli sci dalla via di Dogna del Montasio? O da

qualche altra montagna sconosciuta delle Giulie e delle Carniche?

Solo qualche telegrafica notizia nelle news delle riviste specializzate,

senza vanterie, senza foto con capi griffati. Ricordo un suo articolo di

qualche tempo fa, credo sulla rivista del CAI, in cui presentava le

possibilita' di sci ripido nel gruppo del Mangart. Mi aveva colpito la sua

modestia, la sua passione, il suo non considerare la difficolta' tecnica

come una prova fine a se stessa, la sua capacità di descrivere con lo

stesso entusiasmo e con la stessa considerazione la discesa a 60 gradi e

quella "normale" per i comuni mortali.

Antonio Massarutto

MAURO RUMEZ era conosciuto dagli addetti ai lavori come uno dei più forti sciatori estremi degli ultimi tempi. Anche se poco note al grande pubblico, le sue numerose discese di sci estremo erano considerate tra le massime realizzazioni in questo campo anche a livello internazionale.

Mauro Rumez, classe 1963, ha iniziato ad andare in montagna all’età di sedici anni, sulle vie classiche delle Dolomiti e delle Alpi Giulie, tra cui la Lacedelli alla Cima Scotoni, la Aste in Civetta, il diedro Cozzolino al Piccolo Mangart...

Membro del CAI XXX Ottobre di Trieste è stato subito attratto dalla montagna in veste invernale, cominciando prima con lo scialpinismo e continuando poi con discese sempre più ripide ed estreme, dai grandi itinerari delle Alpi Centrali fino ad arrivare alle montagne di casa, meno conosciute ma non per questo meno impegnative.

Ha effettuato 130 salite su roccia e 150 sci-alpinistiche, 120 discese estreme, tra cui 40 prime discese in tutto l’arco alpino e fino ai monti Tatra, all’Atlante in Marocco, ai monti dell’Epiro in Grecia e alle Alpi Neozelandesi.

Ha iniziato con le discese dei canaloni e delle grandi classiche (Aiguille Verte – Couturier, Mont Blanc du Tacul – Gervasutti, Monte Bianco – Brenva, Monte Rosa – Marinelli, Cervino – pareste Est) ed è passato poi alle vere e proprie pareti rocciose che solo occasionalmente, pochi giorni all’anno, offrivano la possibilità di essere scese con gli sci ai piedi.

Ha concentrato questa sua attività estrema soprattutto sulle Alpi Giulie realizzando tutte le prime discese delle più importanti pareti delle Giulie, tra cui la più significativa è la via di Dogna sulla parete Ovest del Montasio, 1.600 metri di dislivello con pendenze costantemente tra i 55°-60° e alcuni tratti ancora più difficili, realizzata come sua consuetudine in solitaria e senza appoggi esterni.

Tra le altre prime discese sono ancora da menzionare: Jof di Motasio – via Amalia, Canin – parete Ovest, Mangart – ferrata Ovest, Alta Madre dei Camosci – canalone Sud-Est e parete Sud. Per sfruttare l’esperienza acquisita sulle pareti di casa, Rumez ha organizzato diverse spedizioni extraeuropee con l’obiettivo di compiere prime discese in varie parti del mondo.

Nel ’91 era in Nuova Zelanda dove ha compiuto la prima discesa del monte Tasman lungo la parete Nord e nel ’96, dopo aver vinto il premio Polartec Challenge, tornava ancora sul Tasman per scendere l’enorme serraccata della parete Est con i suoi 1.300 metri e pendenze fino ai 60°.

Nel mese di ottobre 1998 è partito per l’Himalaya a tentare la discesa in sci dello Shisha Pangma, 8.046m, ma le avverse condizioni atmosferiche lo hanno gravemente ostacolato. Riusciva comunque a compiere due prime discese estreme dalla da una cima innominata di 6838 metri nel gruppo dello Shisha Pangma.

L’ultima sua spedizione è stata invece coronata dal successo, infatti nel maggio del ’99 ha risolto quello che era considerato come l’ ultimo grande problema del Denali–Mount McKinley, 6.194m. Ha compiuto la prima discesa del West Rib, 2.600 metri di dislivello con difficoltà di 50°-55°, già tentato invano da Tardivel e da altri sciatori estremi, richiamando così l’attenzione anche fuori dai confini nazionali.

Mauro Rumez non era un personaggio, qualcuno ne aveva sentito parlare, ma pochi conoscevano il suo valore. Era un ragazzo con tanta passione e voglia di fare, tanti obiettivi e idee. Alcune è riuscito a realizzarle, altre lo aspetteranno per sempre.